Vicenda Dell’Utri: il “Riesame” si riserva di decidere sull’arresto

Decisione attesa tra sabato e lunedì. I legali di Dell’Utri non hanno rilasciato dichiarazioni, ma hanno presentato al “Riesame” una memoria che proverebbe la non adozione di misure di cautela dell’ex senatore del PDL, volte a rendersi irrintracciabile. Evidente la necessità di cambiare una legge sbagliata, per evitare abusi e pericoli di fuga

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Palermo – Il Tribunale del Riesame di Palermo presieduto da Giacomo Montalbano si è riservato di decidere sul provvedimento di arresto nei confronti di Marcello Dell’Utri, attualmente in stato di fermo in un ospedale di Beirut. I legali dell’ex senatore al termine dell’udienza hanno preferito non rilasciare dichiarazioni.

Il collegio si è riservato dopo aver ascoltato le richieste del procuratore generale Luigi Patronaggio e la difesa. La decisione – considerata la giornata festiva di domani – è attesa tra sabato e lunedì. L’ordine di custodia cautelare sul quale deve esprimersi il Riesame è stato emesso dalla Corte di appello di Palermo ed è motivato col pericolo di fuga di Dell’Utri in vista della pronuncia della Cassazione che potrebbe definitivamente confermare la condanna a sette anni per concorso in associazione mafiosa.

Un pericolo insussistente, secondo i legali dell’ex senatore del Pdl, che perciò chiedono l’annullamento della misura. I difensori sostengono che Dell’Utri, pur essendosi recato in Libano dov’è stato arrestato, non aveva nessuna intenzione di fuggire e lo proverebbe il fatto nel Paese dei cedri ha usato le sue carte di credito e il suo telefono cellulare, senza quindi adottare nessuna ‘cautela’ per rendersi irrintracciabile.

L’udienza della Cassazione e’ fissata per il 9 maggio. Il 12 maggio invece scadranno i termini dell’arresto previsti dalla legge libanese nei casi di richiesta di estradizione.

Risulta però ormai evidente la necessità di cambiare una legge, che non prevede il sequestro del passaporto come misura cautelare in casi analoghi a quello che riguarda Dell’Utri, ma impone l’arresto, ossia la privazione della libertà a un cittadino ancora non condannato in via definitiva. Tra il pericolo di limitare gli spostamenti all’estero per impedire la fuga di un indagato e la sottrazione della libertà per chi ancora non è definitivamente riconosciuto colpevole di un reato, si dovrebbe trovare un bilanciamento in grado di garantire i diritti fondamentali delle persone e le esigenze giudiziari e cautelari. Il legislatore però sembra assorto su altre faccende, alcune poco commendevoli, e su ipotesi di riforme costituzionali che meravigliano per lo squilibrio che creerebbero – se adottate – nel sistema istituzionale italiano. E che non reggerebbero un’interrogazione di fronte alla più accomodante commissione di esami di diritto costituzionale della più marginale università italiana.

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