Dimezzare gli F35? Ambasciatore Usa: Italia non ha ‘alcun interesse’

Intervistato da Annalisa Bruchi, nella trasmissione ‘2Next’ in onda questa sera su Rai2, John Phillips ha sottolineato le criticità di una scelta che potrebbe creare più problemi (tecnici) di quanti ne risolverebbe. “Abbiamo accordi con l’esercito”. I nodi centrali: non esiste un programma aereo unico in ambito UE e non si può lasciare scoperta la difesa aerea italiana e del fronte meridionale della NATO. I problemi tecnici emersi: decisione politica e distribuzione di costi e benefici

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Roma – L’Italia potrebbe “rallentare” l’acquisizione degli F-35, ma non avrebbe “alcun interesse a ridurne il numero“. Lo sostiene l’ambasciatore statunitense in Italia, John Phillips, il quale crede che la spending review non possa arrivare a dimezzare la fornitura.

Noi abbiamo degli accordi con l’esercito italiano e si è detto che si andrà avanti, forse si dovrà rallentare l’acquisizione, ma non credo ci sia alcun interesse nel ridurne il numero“, ha detto l’ambasciatore nel corso della registrazione della trasmissione ‘2Next‘, condotta da Annalisa Bruchi e in onda questa sera, martedì 6 maggio, in seconda serata su Rai 2.

Philips ha posto l’accento su una circostanza essenziale: “tra 10 o 15 anni si rimarrebbe senza questi aerei e l’Italia svolge un ruolo molto importante nella difesa dei territori: guardiamo che cosa è successo in posti caldi come la Libia, l’Afghanistan, il Libano o l’Iraq“, ha aggiunto. “L’Italia ha una posizione strategica e ha bisogno di una capacità per poter affrontare tutte queste situazioni – ha sottolineato Phillips – siamo stati grandi partner, Italia e America insieme: però abbiamo bisogno degli investimenti militari e delle apparecchiature, per gestire tutto questo in futuro. È importantissimo“.

Appontaggio dell’F35 su LHD (Landing Helicopter Dock)

L’ambasciatore statunitense in Italia ha ricordato di aver discusso il dossier con il presidente Barack Obama durante la recente visita a Roma del presidente degli Stati Uniti. “L’F-35, per quanto riguarda gli aerei del futuro, è stato costruito da diversi Paesi, compresa l’Italia, ed è un’operazione congiunta“, ha sottolineato il diplomatico. “Sono i caccia che sostituiranno quelli esistenti nei prossimi 10/15/20 anni – ha sottolineato Phillips – e l’Italia deve guardare a quale tipo di apparecchiatura militare avrà tra 15-20 anni, soprattutto adesso che la questione della sicurezza diventa un problema, come abbiamo in Ucraina. L’Europa e gli Stati Uniti devono svolgere il loro ruolo per avere una difesa solida. Posticipare questa decisione significa che tra 10 o 15 anni non si potrà partecipare alle decisioni degli altri Paesi europei“.

La questione centrale infatti è costituita da due aspetti fondamentali: l’incapacità europea di varare una piattaforma comune degli Stati membri dell’UE e le necessità di assicurare la difesa aerea, con ampio spettro di impiego, e quindi di avere un caccia multiruolo che assicuri la superiorità aerea, in uno scenario – quello meridionale della NATO – in cui le minacce potenziali possono assumere vesti inaspettate e non convenzionali.

Decollo e appontaggio dell’F35 su portaerei

Per il primo aspetto, la parcellizzazione della produzione e dell’offerta rende per ora inattuabile la deliberazione di una piattaforma multilaterale come fu il Tornado o l’Eurofighter Typhoon, che però non avrebbe senso in una prospettiva di difesa europea se non facesse capo all’Unione Europea in quanto tale, quindi coinvolgesse tutti gli Stati membri. Sarebbe inimmaginabile, per esempio, che il Texas e l’Alabama – solo per fare una comparazione con gli Stati Uniti – scegliessero un aereo e il Wisconsin e la Carolina del Nord un altro. Il che pone un problema sul concetto di “difesa” e sul rapporto tra difesa e sovranità, in termini di legittimità politica per un sistema che è a metà strada tra Confederazione e Federazione come l’UE.

Il secondo aspetto è di estrema rilevanza pratica. Se non si fanno le scelte giuste oggi, si rischia di non prevedere con il giusto anticipo la sostituzione operativa degli aerei che servono a mantenere una difesa aerea del territorio italiano e la partecipazione alla difesa aerea del fronte meridionale dell’Alleanza Atlantica, in cui l’Italia gioca – insieme a Francia, Spagna, Grecia e Turchia – un ruolo di straordinaria importanza.

C’è in verità un terzo aspetto, che spesso si tende a sottovalutare, soprattutto da parte americana. L’F35 Joint Strike Fighter ha manifestato problemi di messa a punto, che ne hanno fatto lievitare i costi e che hanno suscitato alcune fondate perplessità anche al Pentagono. Si tratta di un aspetto che andrebbe chiarito, perché se è vero che l’Italia (così come altri Paesi legati da vincoli di alleanza strategica) partecipa alla costruzione, forse sarebbe il caso di affrontare le criticità emerse sotto il profilo politico, perché i benefici della produzione e della vendita di questa macchina eccezionale (in teoria) siano distribuiti meglio e di più tra i Paesi che ne sopportano i costi.

(Fonte: TMNews) © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’F35 Joint Strike Fighter