La condanna a morte di Meriam, un concentrato di crudeltà e di offese ai diritti umani

Samīr Khalīl Samīr, padre gesuita, filosofo, teologo, orientalista, islamista, siriacista e studioso di lingue semitiche, analizza la condanna a morte di Meriam Yehya Ibrahim Ishag in uno scenario di prevalenza della parte più radicale e violenta dell’islam sull’altra moderata e aperta alla modernità. La donna sudanese, abbandonata in tenera età dal padre, è stata condannata a morte per apostasia e a 100 frustate per adulterio, avendo sposato un cristiano. Lei ha negato l’apostasia – ossia l’abiura della fede (islamica) – e l’accusa di adulterio (per aver sposato un cristiano) è assurda

di padre Samīr Khalīl Samīr

La vicenda e la condanna di Meriam Yehya Ibrahim Ishag è un concentrato di crudeltà e di violazioni dei diritti umani e mi spinge ad alcune considerazioni.

Anzitutto, essendo lei nata da un padre musulmano e da una mamma cristiana, l’Islam obbliga che i figli siano musulmani: è il padre che decide e non la persona stessa. Questo è contrario ai diritti umani e ai diritti dell’infanzia. Dobbiamo protestare contro questo criterio che si applica in modo silenzioso in tutto il mondo islamico. Quando un padre cristiano – per motivi pratici, per divorziare, ad esempio – si fa musulmano, obbligatoriamente tutti i suoi figli divengono musulmani e sono sottratti alla mamma cristiana per essere affidati ai nonni musulmani del padre. In Egitto questo succede in decine di casi ogni anno. Siccome il padre è musulmano, tutta la famiglia è musulmana: questo è un principio inaccettabile.

Il secondo punto, è che essendo il padre sparito dalla famiglia, la ragazza è cristiana, la mamma è cristiana, e perciò ovviamente la ragazza si sposa e può scegliere un cristiano. Una donna musulmana non ha diritto di sposare un non musulmano; deve scegliere sempre un marito musulmano o che deve diventare musulmano prima del matrimonio. Questo problema tocca anche l’Europa. Tutte le donne musulmane che vivono in Europa costringono il marito a diventare musulmano. In caso contrario, non si possono sposare: non ottengono il permesso di sposarsi perché non ricevono dalle loro ambasciate il nulla osta. Per essere precisi, quando una donna di un Paese musulmano, si vuole sposare in Italia, le viene richiesto il documento di stato libero. Allora scrive al suo consolato, il quale non risponde quasi mai.  Alla fine lei si presenta allo sportello e dice: “Ho bisogno di questo documento”. Gli rispondono: “Prima porti il documento di conversione all’islam del suo futuro marito”. Tutto ciò è pazzesco e l’Europa non fa niente per risolvere questo problema, che è una seconda offesa ai diritti umani.

Il terzo punto è il diritto islamico riguardo all’apostasia. Su AsiaNews ne abbiamo parlato a lungo. Ma cambiare religione è un diritto umano, è difeso dall’articolo 18 della Carta universale dei diritti umani: chiunque ha il diritto di cambiare religione, o di rinunciare alla religione. Ma nei Paesi islamici questo è impossibile: ogni anno ci sono tanti casi di persone uccise dalla famiglia, se non dallo Stato, perché avendo abbandonato l’islam, e avendo proclamato che hanno abbandonato l’islam, devono essere uccisi. Spesso, l’unica soluzione per loro è di fare come se fossero musulmani, vivendo un cambiamento solo nel cuore, ed è ciò che molti fanno. Ma ciò diviene impossibile se la persona si sposa con un cristiano, proprio come nel caso di Meriam.

Infine vi è il fatto della condanna a morte come pena per l’apostasia. Perché la condanna a morte? Dov’è il delitto? Vi è al massimo un’offesa morale! Posso capire che in una religione si consideri peccato l’abbandono della fede, l’apostasia, ma di per sé questo non è un delitto. E che per ciò uno riceva il più grave castigo, la messa a morte, è inaccettabile.

In questo caso del Sudan vi è anche un fatto di crudeltà assoluta: quello di ritardare la morte in attesa che la condannata partorisca il figlio che ha in grembo. E’ come dire: Noi vogliamo il tuo bambino, però ti uccidiamo! È una crudeltà assoluta sia per la mamma, che per … (continua a leggere l’articolo qui)

Ultimo aggiornamento 18 Maggio 2014, ore 3.20 | (Credit: AsiaNews)


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