Scomparire da Google, ora si può. Ma solo in parte e solo in Europa: altrove si potrà ancora leggere tutto di noi…

Mountain View si adegua alla recente sentenza della Corte di Giustizia del Lussemburgo, ma il metodo di applicazione riguarda solo le visualizzazioni dei risultati delle ricerche lanciate in Europa. Altrove le informazioni saranno ancora tutte visibili

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Mountain View – Da oggi, chi vorrà cancellare dal motore di ricerca Google informazioni che, a proprio giudizio, sono obsolete, irrilevanti o inadeguate, potrà farne richiesta. Google ha infatti messo a disposizione dei cittadini dell’Unione Europea un formulario che consente all’utente di chiederne la cancellazione.

È la risposta alla recente sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo che il 13 maggio scorso ha riconosciuto il diritto dei cittadini a essere “dimenticati” su internet, ossia a poter chiedere a Google e agli altri motori di ricerca di cancellare i collegamenti a informazioni che possono creare loro un danno o che non sono più pertinenti.

Il web-form è già online (qui). Chi sia interessato alla cancellazione di qualche dato deve identificarsi, indicare quale link vuole sia rimosso, in relazione a quale ricerca e perché. Per identificarsi deve fornire la copie digitale di un documento di identificazione (la carta d’identità o anche la patente) e occorrerà la firma elettronica alla richiesta.

I moduli saranno analizzati uno a uno dagli uomini di Google (quindi non saranno elaborati da un anonimo software). Google non chiarisce però quali saranno i tempi necessari alla cancellazione dei link, né i criteri applicati. I link rimossi dalle ricerche in Europa saranno comunque visualizzabili tra i risultati di Google in altri angoli del pianeta. .

I rischi, le implicazioni e la complessità del problema sono tali che il motore di ricerca più’ grande del mondo, che analizza il 90 per cento delle richieste in Europa, ha deciso di creare un comitato consultivo di esperti per rispondere alla ridda di spinose questioni che saranno sollevate.

Tra i membri della commissione di esperti ci sono uomini di Google, ma anche intellettuali ed esperti indipendenti: oltre a Eric Schmidt, il capo dell’ufficio legale di Google, David Drummond; Frank La Rue, special rapporteur dell’Onu per la protezione della Libertà di espressione; l’italiano Luciano Floridi, che insegna filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford; Peggy Valcke, direttore della scuola di diritto all’Università di Lovanio; Jose Luis Piñar, ex direttore dell’agenzia spagnola per la protezione dei dati e il fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales.

Google ha già preannunciato che lavorerà anche con le Autorità della Privacy dei vari Paesi. Di fronte c’è il grande tema delle sfide poste da Internet, a cominciare dalla gestione della reputazione online. Google tiene a far sapere che è solo “il primo passo” e che il processo per perfezionare il sistema andrà avanti per mesi.

Si tratterà di trovare il delicato equilibrio tra il diritto di un individuo alla privacy e quello del pubblico ad accedere all’informazione. Cosa accadrà per esempio nel caso di persone che si siano macchiate di frodi finanziarie, a chi abbia compiuto negligenze professionali, funzionari pubblici responsabili di cattiva condotta o che si sono macchiati di reati penali?

Non sarà facile discernere come affrontare i casi, se non valutandoli in modo analitico e individuale. Google non si sbilancia sui tempi anche perché non sa quante saranno le richieste. Solo dopo la sentenza del 13 maggio, sul tavolo dell’azienda californiana ne sono piovute qualche migliaia.

Resta però il dubbio che la cancellazione dei dati solo in Europa non tuteli in modo sufficiente la privacy dei cittadini europei e questo aspetto concerne delicati aspetti giuridici internazionali, che dovrebbero essere affrontati con una trattazione internazionale più pertinente a un ambiente – quello del web – che non conosce le frontiere fisiche tra Stati. 

Il mondo è troppo piccolo per le informazioni delicate e spiacevoli, forse è il caso di cominciare a pensare a una iniziativa a livello di Nazioni Unite per affrontare temi dalle sfaccettature tanto delicate.

(AGI)