Marò, il ruggito della gatta sul dossier che scotta. Pinotti: ‘Cercheremo intesa con nuovo governo indiano’. Altrimenti?

La ministra della Difesa per insufficienza di prove minaccia di far partire l’arbitrato (ancora non è partito?) e minaccia, si fa per dire: “tutto è pronto per partire con l’arbitrato”. Un countdown lungo più di due anni, una coltre di non verità che vi dimostriamo – ancora una volta – con i documenti. Ma non vi vergognate? (2 Video)

20140210-maro-come-back-india-2013-660x439

Roma – Nella giornata in cui si celebra il 200° Anniversario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, ha ribadito che riportare in Italia Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (in ordine di grado) è “una priorità” per il Governo. Lo ha fatto dai microfoni di “Radio Anch’io”, ricordando che il governo “ha intrapreso la strada dell’arbitrato che ha tempi tecnici che si stanno concludendo”. “Oggi siamo nell’ultima fase prima del momento vero e proprio in cui parte l’arbitrato, in cui si chiede se ancora c’è possibilità di intesa tra i due contendenti – ha precisato la ministra per mancanza di indizi – proveremo a trovare a un’intesa con il nuovo governo sul punto che non devono essere giudicati in India, altrimenti siamo pronti a partire con l’arbitrato. Non c’è nessun rallentamento”.

Sulla questione Roberta Pinotti – colei  che da ministro della Difesa di un Paese fondatore dell’Alleanza Atlantica e della NATO/OTAN (che sono due cose diverse) ha aggiunto capacità antimissili al caccia multiruolo da superiorità aerea F35 – conta sull’ignoranza (in senso tecnico) del pubblico e, spesso, anche dei giornalisti sulle procedure internazionali e diplomatiche.

Non esiste alcun tempo tecnico per l’attivazione di un arbitrato del tipo evocato, che rientra nelle possibilità della giurisdizione volontaria previste dal diritto internazionale marittimo pattizio (Trattato di Montego Bay 1982, UNCLOS: United Nations Convention on the Law of the Sea), all’Articolo 1 dell’Allegato VII che recita testualmente:

Article 1. Institution of proceedings. Subject to the provisions of Part XV, any party to a dispute may submit the dispute to the arbitral procedure provided for in this Annex by written notification addressed to the other party or parties to the dispute. The notification shall be accompanied by a statement of the claim and the grounds on which it is based” (Testo completo qui).

Dunque, l’attivazione dell’arbitrato dipende solo dalla volontà politica dello Stato che intenda promuoverlo e la procedura è più semplice di una raccomandata (per cui va compilato il modulo, si deve andare in un ufficio postale, prendere il bigliettino della coda, aspettare il turno, pagare il costo e tornare a casa).

La dichiarazione unilaterale con cui l’Italia deve comunicare alla controparte indiana l’intenzione di assoggettare la controversia a un arbitrato va inviata, in forma scritta (e non orale come spesso ci è stato propalato dai membri del governo), attraverso una notifica comunicata per vie diplomatiche, attraverso le normali relazioni con cui l’ambasciatore in India comunica con il Paese ospitante.

Ragioni di consuetudine diplomatica impongono – per motivi di savoir faire internazionale – di anticipare la nota scritta attraverso una nota verbale: ma solo una, non una serie di note verbali, comunicazioni stampa, avvertimenti, preghiere, minacce finte, intimazioni per vie surrettizie, tiratine di magliette, implorazioni alla trattativa.

L’uscita odierna della ministra Pinotti si inserisce nel solco tracciato dal Governo Monti, denunciato più volte dall’ex ministro degli Esteri di quel governo, Giulio Terzi: il solco dell’inazione.

Parole, parole, parole accavallatesi per oltre due anni, di fronte alle quali lo scoppio di ira di Salvatore Girone – il 2 Giugno scorso, in audizione via Skype di fronte alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato – è ampiamente giustificata e forse anche formulata con tono eccessivamente rispettoso.

L’urlo di Salvatore Girone

L’unica osservazione di fronte a questo ulteriore tentativo di turlupinare l’opinione pubblica che a noi viene in mente assume la formula della domanda: ma non vi vergognate?

© RIPRODUZIONE RISERVATA