Papa: anche Gesù era un rifugiato, condividiamo paure e incertezze di chi deve lasciare la sua terra (video integrale)

All’udienza generale Francesco inizia un ciclo di catechesi dedicato alla Chiesa che “siamo tutti”. “La Chiesa infatti non è un’istituzione finalizzata a se stessa o un’associazione privata, una Ong, né tanto meno si deve restringere lo sguardo al clero o al Vaticano”. Da quando ha “chiamato Abramo”, il progetto di Dio era “formare un popolo benedetto dal suo amore e che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra”. 

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Città del Vaticano – “Gesù e stato un rifugiato, è dovuto fuggire per salvare la vita. Lui è stato un rifugiato”. Papa Francesco lo ha ricordato in un appello per la  Giornata mondiale del rifugiato che ricorre il 20 giugno, dedicata “a chi è costretto a lasciare la propria terra per fuggire dai conflitti e dalle persecuzioni. Il numero di questi fratelli rifugiati sta crescendo e, in questi ultimi giorni, altre migliaia di persone sono state indotte a lasciare le loro case per salvarsi. Milioni di famiglie, milioni, rifugiate di tanti Paesi e di ogni fede religiosa vivono nelle loro storie drammi e ferite che difficilmente potranno essere sanate. Facciamoci loro vicini, condividendo le loro paure e la loro incertezza per il futuro e alleviando concretamente le loro sofferenze. Il Signore sostenga le persone e le istituzioni che lavorano con generosità per assicurare ai rifugiati accoglienza e dignità, e dare loro motivi di speranza”

L’appello è giunto al termine di una udienza nella quale il Papa ha iniziato un ciclo di catechesi dedicato alla Chiesa che, ha detto, “siamo tutti”, “non è un’istituzione finalizzata a se stessa o un’associazione privata, una ONG”, né va “ristretta” ai “preti, ai vescovi, al Vaticano”. È “una realtà molto più ampia, che si apre a tutta l’umanità e che non nasce in laboratorio improvvisamente, è fondata da Gesù ma è un popolo con una storia lunga alle spalle e una preparazione che ha inizio molto prima di Cristo stesso”, la storia di “un popolo in cammino, nel quale nasce Gesù”.

L’udienza generale di Papa Francesco di oggi, 18 giugno 2014

Ad ascoltare il Papa 40mila persone presenti in piazza san Pietro, alle quali egli ha rivolto i suoi “complimenti”, perché, ha aggiunto, “siete stati bravi con questo tempo che non se sa se viene l’acqua o se non viene, speriamo di finire l’udienza senza l’acqua”.

Parlare della Chiesa, ha detto poi, è “un po’ come un figlio che parla della propria madre, della propria famiglia. Parlare della Chiesa è parlare della nostra madre, della nostra famiglia. La Chiesa infatti non è un’istituzione finalizzata a se stessa o un’associazione privata, una Ong, né tanto meno si deve restringere lo sguardo al clero o al Vaticano”. Sacerdoti, vescovi, Vaticano, “sono parti della Chiesa, ma la Chiesa siamo tutti, tutti famiglia della madre. E la Chiesa è una realtà molto più ampia, che si apre a tutta l’umanità e che non nasce in un laboratorio, la Chiesa non è nata in laboratorio, non è nata improvvisamente. È fondata da Gesù ma è un popolo con una storia lunga alle spalle e una preparazione che ha inizio molto prima di Cristo stesso”.

La “preistoria” della Chiesa parte nel Libro della Genesi, quando Dio sceglie Abramo e gli chiede di lasciare la sua patria per andare verso un’altra terra che Lui gli avrebbe indicato. “In questa vocazione Dio non chiama Abramo da solo, come individuo, ma coinvolge fin dall’inizio la sua famiglia, la sua parentela e tutti coloro che sono a servizio della sua casa”. “Il primo dato importante è proprio questo: cominciando da Abramo Dio forma un popolo perché porti la sua benedizione a tutte le famiglie della terra. E all’interno di questo popolo nasce Gesù. È Dio che fa questo popolo, questa storia, la Chiesa in cammino, e lì nasce Gesù, in questo popolo”.

Un secondo elemento è che “non è Abramo a costituire attorno a sé un popolo, ma è Dio a dare vita a questo popolo”. Di solito “era l’uomo a rivolgersi alla divinità, cercando di colmare la distanza e invocando sostegno e protezione. La gente pregava gli dei, la divinità… Ma, In questo caso, invece, si assiste a qualcosa di inaudito: è Dio stesso a prendere l’iniziativa“. E in questo sta “l’inizio della Chiesa e in questo popolo nasce Gesù”. “Ma, padre, com’è questo? Dio ci parla?’. Sì. ‘E noi possiamo parlare a Dio?’. Sì. ‘Ma noi possiamo avere una conversazione con Dio?’. Sì. Questo si chiama preghiera, ma è Dio che ha fatto questo dall’inizio”.

Abramo e i suoi “ascoltano la chiamata di Dio e si mettono in cammino, nonostante non sappiano bene chi sia questo Dio e dove li voglia condurre”. Ma Abramo “non aveva un libro di teologia per studiare cosa fosse questo Dio. Si fida, si fida dell’amore. Dio gli fa sentire l’amore e lui si fida. Questo però non significa che questa gente siano sempre convinti e fedeli… Anzi, fin dall’inizio ci sono le resistenze, il ripiegamento su sé stessi e sui propri interessi e la tentazione di mercanteggiare con Dio e risolvere le cose a modo proprio. E questi sono i tradimenti e i peccati che segnano il cammino del popolo lungo tutta la storia della salvezza, che è la storia della fedeltà di Dio e dell’infedeltà del popolo”.

Ma Dio “non si stanca, Dio ha pazienza, ha tanta pazienza, e nel tempo continua a educare e a formare il suo popolo, come un padre con il proprio figlio”. Ed è lo stesso atteggiamento “che mantiene nei confronti della Chiesa. Anche noi infatti, pur nel nostro proposito di seguire il Signore Gesù, facciamo esperienza ogni giorno – dell’egoismo e della durezza del nostro cuore. Quando però ci riconosciamo peccatori, Dio ci riempie della sua misericordia e del suo amore. E ci perdona, ci perdona sempre”. In questo modo si cresce “come popolo di Dio, come Chiesa”, comprendendo che “non è la nostra bravura, non sono i nostri meriti” ma “è l’esperienza quotidiana di quanto il Signore ci vuole bene e si prende cura di noi. È questo che ci fa sentire davvero suoi, nelle sue mani, e ci fa crescere nella comunione con Lui e tra di noi. Essere chiesa è sentirsi nelle mani di Dio, che è padre e ci ama, ci carezza, ci aspetta, ci fa sentire la sua tenerezza. E questo è molto bello!”.

“Questo è il progetto di Dio. Quando ha chiamato Abramo, pensava a questo Dio: formare un popolo benedetto dal suo amore e che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra. Questo progetto non muta, è sempre in atto. In Cristo ha avuto il suo compimento e ancora oggi Dio continua a realizzarlo nella Chiesa. Chiediamo allora la grazia di rimanere fedeli alla sequela del Signore Gesù e all’ascolto della sua Parola, pronti a partire ogni giorno, come Abramo, verso la terra di Dio e dell’uomo, la nostra vera patria, e così diventare benedizione, segno dell’amore di Dio per tutti i suoi figli”. “A me – ha concluso – piace pensare che un sinonimo, un altro nome che possiamo avere (noi) cristiani sarebbe questo: sono uomini e donne, è gente che benedice. Il cristiano con la sua vita deve benedire sempre, benedire Dio e benedire anche tutti noi. Noi cristiani siamo gente che benedice, che sa benedire. È (una) bella vocazione questa!”

(AsiaNews)