Spagna, la notte della transizione in attesa di Filippo VI, re della remuntada della corona

A mezzanotte è entrato in vigore la legge di abdicazione di Juan Carlos di Borbone, che ha passato la corona al figlio Felipe VI, già principe delle Asturie, Duca di Montblanc, Conte di Cervera, Signore di Balaguer. Fino alla proclamazione da parte delle Cortes in seduta congiunta, dopo il giuramento sulla costituzione. Con qualche cedimento laicista per un’operazione “recupero”, dopo le critiche piovute sulla corona spagnola per molte “divagazione” del primo re dell’era costituzionale della Spagna

La Sofia e Juan Carlos, che abbraccia Felipe VI, re di Spagna dal 19 Giugno 2014 (foto AGI/Juan Medina)
La Sofia e Juan Carlos, che abbraccia Felipe VI, re di Spagna dal 19 Giugno 2014 (foto AGI/Juan Medina)

Madrid – Un secondo dopo le ore 24 di ieri, 18 giugno 2014, si è concluso il regno di Juan Carlos di Borbone, il re italiano  – è nato a Roma il 5 gennaio 1938 – che fu protagonista della lunga transizione dalla dittatura franchista alla democrazia costituzionale.

Nel 1948, dopo la rinuncia dei precedenti pretendenti al trono – tra i quali il padre, Giovanni di Borbone Spagna ) –  in prospettiva di un futuro da monarca, fu trasferito a Madrid, dove gli fu impartita una adeguata educazione al ruolo. L’anno precedente, il dittatore Francisco Franco aveva formalmente restaurato la monarchia, assumendone però la reggenza.

Dovettero passare 21 anni perché il Caudillo lo indicasse ufficialmente come erede al trono. Da allora la sua visibilità aumento, per raggiungere un notevole spessore nel 1973, quando il Generalissimo lo nominò capo dello Stato supplente, visto l’aggravarsi delle sue condizioni di salute. In quel momento anche il ruolo politico di Juan Carlos lievitò di colpo e di fatto non ci fu alcuno scossone alla morte di Franco, il 20 novembre 1975: due giorni dopo fu incoronato re di Spagna durante la cerimonia d’unzione della “messa dello spirito Santo” nella storica chiesa madrilena di San Jeronimo El Real.

Juan Carlos si prodigò perché la Spagna adottasse nel 1978 una costituzione democratica, dando al Paese la prima monarchia costituzionale della Storia.

Tre anni dopo, poco dopo le 18.30 del 23 febbraio 1981 – mentre al Congreso de los Diputados era in corso la votazione per appello nominale della elezione a presidente del Governo di Leopoldo Calvo Sotelo – un manipolo di militari golpisti fece irruzione nell’aula della camera bassa delle Cortes. Al comando c’era il tenente colonnello della Guardia Civil Antonio Tejero Molina, che aveva coagulato alcune forze filofranchiste ruotanti attorno all’Esercito de Tierra per un cambiamento di regime manu militari.

23 febbraio 1981: l’irruzione dei golpisti al Congreso al comando del tenente colonnello Antonio Tejero Molina

All’una di notte del 24 febbraio, re Juan Carlos tenne un discorso alla nazione in diretta tv, invitando a mantenere la calma e assicurando che la Spagna aveva saputo reagire al tentativo di insurrezione, attraverso la costituzione di un governo di emergenza formato da sottosegretari non presenti nell’aula sequestrata da Tejero e dai i suoi manigoldi, la cui irruzione aveva formalmente creato un vuoto di potere.

Il discorso di re Juan Carlos alla nazione, all’una di notte del 24 febbraio 1981

L’opposizione del re – che contattò personalmente le autorità militari di vertice per assicurarsene la fedeltà – fu cruciale per il fallimento del tentativo insurrezionale, peraltro organizzato male. Tutti i responsabili furono arrestati, anche se qualche ombra rimase intorno alla conoscenza dell’intelligence statunitense sui fatti in preparazione.

Nel 1982 Juan Carlos, con un’autorità morale enormemente rafforzata dalla forza con cui aveva difeso le istituzioni democratiche, riesce a sfondare il muro dell’opposizione all’adesione al Trattato di Washington, entrando nell’Alleanza Atlantica e nella OTAN/NATO (Organizzazione del Trattato Nord Atlantico/North Atlantic Treaty Organization), che costituisce il braccio militare di un’alleanza per la libertà (con qualche passo falso, ma in questo mondo nessuno è perfetto).

Il processo di adesione all’Europa e ai pilastri della convivenza europea si concluse con l’ingresso nella Comunità Economica Europea, che ha preceduto l’attuale Unione Europea.

Nel corso degli anni il “re di Roma” ha avuto una vita “spericolata”, sia pubblica che privata, facendo assumere alla consorte, Sofia di Grecia, il ruolo di grande difensora della famiglia reale, sia di fronte alle scorribande sessuali del real consorte, che alle divagazioni finanziarie dei generi, in particolare di Inaki Urdangarin, marito della secondogenita Cristina, protagonista dello scandalo Noos: motivo per cui oggi non saranno presenti alla proclamazione del re, non più all’incoronazione, una concessione modernista che però ha il sapore del cedimento laicista, perché tutta la cerimonia non prevede un momento religioso.

È il tentativo anticipato di Felipe VI di giocare la carta che scompagina le critiche cadute sulla famiglia reale e anche il tono “modesto” di tutto il cerimoniale – cui non sono stati invitati capi di Stato o di Governo spagnoli (a noi scrivere “stranieri” per gli europei viene difficile, che volete farci…) o stranieri – ne è uno dei pilastri essenziali.

Per ironia della sorte, nella stessa notte in cui Juan Carlos perde per abdicazione la corona di Spagna, anche un altro re – calcistico – ha deposto lo scettro iridato: è Vicente del Bosque González, 1º Marchese di Salamanca, direttore tecnico della nazionale di calcio spagnola, sconfitta dal Cile ai mondiali in Brasile. L’ex possedimento che si “vendica” dei conquistadores.

Il futuro di Juan Carlos passa per una legge che imponga l’immunità giudiziaria all’ex monarca, inseguito da un paio di cause di riconoscimento di paternità (avendo, come molti re e regine, cercato divagazioni extra-talamo con distribuzione genetica annessa) e di indagini sull’operato dei collaterali. Di contro il figlio Felipe mette sul banco una modernità esibita: Letizia Ortiz Rocasolano  moglie borghese, giornalista e divorziata (e la prima qualità è sicuramente peggiore della seconda..), moderna nella gestione dei figli, una bella donna sulla quale è aleggiato lo spettro della depressione, abbattuto dalla nascita di due splendide bimbe: Eleonor, Infanta di Spagna e prima in linea di successione al trono, e Sofia (come la nonna). 

Ma il futuro della Spagna è affidato alla remuntada borbonica di Felipe VI, fra qualche ora re di Spagna (e pretendente al trono delle Due Sicilie, secondo alcuni, contrastati dalla linea dinastica di Carlo di Borbone-Due Sicilie, supportato dai Neoborbonici napoletani e siciliani) in corpore et animo, perché in queste ore di transizione Felipe è reggente della corona – re in animo – e assumerà i pieni poteri (limitati) all’atto del giuramento sulla Costituzione e la proclamazione delle Cortes.

Dovrà depotenziare tra l’altro la forza montante dei repubblicani, che vorrebbero si indicesse un un referendum istituzionale per scegliere se mantenere la forma monarchica dello Stato o adottare quella repubblicana. 

Viva Juan Carlos (sarà la storia a giudicarlo: finora come re vince con largo margine) Viva Felipe VI, il re della remuntada della corona di Spagna.

(Foto: AGI; video: Youtube) © RIPRODUZIONE RISERVATA.