Mississipi, la bimba ‘guarita’ dall’Hiv è di nuovo positiva al test di rilevazione del virus

Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases americano, ha comunicato alla stampa americana la propria delusione scientifica per la regressione di una condizione che aveva acceso nuove speranze nella lotta all’Aids

Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, che ha seguito il caso di 'Mississipi Baby' ed è impegnato nella ricerca di misure scientifiche per bloccare l'Hiv
Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, che ha seguito il caso di ‘Mississipi Baby’ ed è impegnato nella ricerca di misure scientifiche per bloccare l’Hiv

Bethesda – Triste sconfitta per la medicina. Una bimba affetta da Hiv che gli scienziati pensavano di aver guarito attraverso un trattamento precoce, è stata trovata di nuovo positiva al test di rilevazione del virus. Lo hanno rivelato gli esami effettuati la scorsa settimana sulla piccola, che ha quattro anni ed è originaria del Mississippi. I medici che hanno in cura la bimba hanno confermato che la piccola paziente non è più in remissione.

Il caso della prima bambina guarita dall’Hiv a marzo aveva fatto il giro del mondo, perché la piccola non aveva più avuto bisogno di terapie per quasi due anni. La notizia di oggi rappresenta dunque una rilevante battuta d’arresto per i medici fiduciosi che il trattamento precoce con i farmaci potesse impedire l’infezione permanente.

Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense, ha spiegato ai media d’Oltreoceano che questi nuovi risultati sono “ovviamente deludenti” e potrebbero avere implicazioni su un imminente studio federale sull’Hiv. “Stiamo per esaminare a fondo il disegno dello studio per capire se ci sia bisogno di modifiche“, ha ammesso.

La scienza aveva riposto grandi speranze sul caso della ‘Mississippi baby‘: i farmaci antiretrovirali possono tenere il virus sotto controllo nel sangue, ma l’Hiv sembra avere dei ‘nascondigli‘ – conosciuti come serbatoi – nell’intestino e nel cervello. Se il trattamento si interrompe, il virus può emergere dalle sue riserve e iniziare di nuovo il suo assalto. Tuttavia i medici avevano sperato che l’avvio del trattamento farmacologico entro poche ore dalla nascita avrebbe impedito a tali serbatoi di formarsi. Pare che questo non si sia verificato. Un nuovo ‘schiaffo‘ ai ricercatori, che devono fare i conti con un virus difficilissimo da sconfiggere e con un cura, a quanto pare, sempre più lontana dall’ottenere risultati definitivi.

Sulla bimba era stato avviato un potente trattamento anti-Hiv poche ore dopo il parto. La piccola ha continuato a ricevere il trattamento fino a 18 mesi di età. Dopo 10 mesi in cui i medici avevano perso le tracce della paziente, i genitori l’hanno riportata in ospedale e agli esami non era rilevabile nessun segno di infezione, anche se la madre aveva ammesso di non averle somministrato la terapia per alcuni mesi.

Ripetuti test non hanno mostrato presenza rilevabile dell’Hiv fino alla settimana scorsa. Ma i medici non sanno ancora perché il virus sia ora riemerso. Anche un altro bambino era stato curato precocemente, poche ore dopo la nascita, a Los Angeles nel mese di aprile 2013, ma attualmente è ancora in cura.

(Adnkronos)