Ebola, dall’Istituto Superiore di Sanità si tende a minimizzare il rischio per l’Italia

Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ISS, valuta basso il rischio teorico di diffusione, ma la spiegazione sembra piuttosto un modo per tranquillizzare la popolazione preoccupata. L’UE smentisce

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Roma – Questa mattina al numero 10 di Downing Street si è tenuto un “COBRA Meeting”, ossia una riunione del “Comitato dell’Ufficio del Gabinetto (di Governo) nella “Room A”: un comitato di valutazione delle situazioni che possono mettere in pericolo la sicurezza pubblica dei sudditi/cittadini di Sua Maestà Elisabetta II. Una riunione presieduta dal Prime Minister, David Cameron, che ha attivato un monitoraggio approfondito dello stato di salute dei cittadini britannici residenti nell’area in cui si è sviluppato il focolaio di ebola in Africa Occidentale.

Anche in Francia è stato attivato un medesimo organismo di valutazione, in seno al ministero della Sanità e in collegamento con le “antenne” informative del Governo, in patria e all’estero.

Francia e Regno Unito hanno tradizionali rapporti con quella zona dell’Africa, per cui è naturale che alzino la sorveglianza sanitaria per contenere eventuali ingressi nei due Paesi di persone che hanno contratto il virus. Ingresso reso più facile – in teoria – dalla presenza di voli diretti dell’Air France e della British Airways.

In Italia invece il Governo non sembra preoccupato dall’impennata di infettati registrata nelle ultime settimane. L’ultimo aggiornamento del ministero della Salute risale allo scorso mese di aprile.

Ieri l’agenzia di stampa AGI ha sentito sulla questione il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), Giovanni Rezza, secondo il quale “non c’è praticamente nessun rischio che qualche persona che abbia contratto il virus Ebola in Africa arrivi nel nostro paese e faccia innescare un focolaio epidemico“.

L’epidemia in corso – ha però avvertito Rezza – è comunque senza precedenti sia per numero di persone colpite (oltre 1200) che per estensione (3 i paesi del Centro Africa coinvolti: Guinea, Liberia e Sierra Leone) per cui è auspicabile un rapido intervento internazionale da parte degli operatori internazionali per contenere quanto piu’ possibile la diffusione del virus“. “L’epidemia si è diffusa nelle aree interne di questi tre paesi e ha trovato – spiega ancora – terreno fertile, sia per la scarsa diffusione di strutture sanitarie in grado di far fronte alla epidemia, e sia per le difficoltà di collegamento con il resto del mondo. Questi fattori, hanno permesso al virus di ampliare la sua area di diffusione e di entrare in contatto con molte persone. E’ bene fare un intervento ora prima che qualche malato porti il virus in aree piu’ densamente popolate. Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha richiesto nei giorni scorsi la costituzione di una vera e propria task force di oltre duecento specialisti (medici, virologi, clinici, rianimatori) per supportare le attivita’ di sanita’ pubblica nelle zone interessate“.

Per quanto riguarda il rischio che alcuni malati possano arrivare in Italia, il direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’Iss rassicura: “il virus ha delle modalità di diffusione molto particolari. Per infettarsi occorre entrare a contatto diretto coi fluidi di una persona malata. Le persone che hanno contratto il virus e che però non sono ancora malate, i portatori sani, non possono trasmettere l’infezione. Questi fattori fanno di Ebola un virus pericoloso per l’elevata mortalità, ma non così facilmente trasmissibile come per esempio il virus dell’influenza. Il nostro paese non ha voli diretti con quelle zone e dunque è davvero difficile che qualche paziente arrivi fino a noi“.

Anche dal mare – attraverso i flussi migratori – secondo Rezza “appare molto difficile che arrivino dei casi di persone infette“. “Si tratta di viaggi molto lunghi, durante i quali un eventuale malato avrebbe tutto il tempo di sviluppare la malattia prima di arrivare in Italia“.

Una spiegazione che non convince del tutto, perché il flusso di immigrati irregolari dalla regione Sub-Sahariana è imponente, così come è grave sottovalutare che anche una sola persona possa trasmettere – in un barcone di immigrati nel Mediterraneo – il virus ad altre persone in una situazione di oggettiva precarietà igienica.

Quella di Rezza appare quindi – a nostro avviso – come un messaggio volto a tranquillizzare con un tono “governativo” la popolazione, sempre più preoccupata dall’evoluzione della situazione sul terreno. Del resto, anche le notizie provenienti dal resto dell’Occidente non sono del tutto tranquillizzanti, se è vero – come è vero – che anche il Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta – ente federale che opera in seno al Dipartimento dell’Homeland Security degli Stati Uniti – ha aperto un focus sull’ebola e monitorizza la situazione in prospettiva dell’ipotesi di diffusione della malattia sul territorio continentale. 

Non certo notizie per cui dire “tutto a posto, non c’è alcun rischio” come si sta facendo in Italia, magari contando sullo “stellone”…

(Credit: AGI CDC)