Estremismo islamista in Cina: 96 vittime nell’attacco di lunedì scorso nello Xinjiang

Sotto pressione l’ETIM (East Turkestan Islamic Movement) accusato da Pechino di fomentare gli scontri etnico-religiosi nella regione più orientale della Cina

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Ancora sanguinosi scontri nello Xinjiang (foto di repertorio)

Pechino – Il bilancio degli scontri etnici, con una forte matrice religiosa, verificatisi lunedì scorso nella regione autonoma dello Xinjiang è di 96 morti. Lo ha annunciato l’emittente televisiva statale CCTV, che ha precisato si tratti di 37 civili e di “59 terroristi” rimasti uccisi durante le insurrezioni avvenute nel distretto di Shache, che si trova nella prefettura di Kashgar, uno dei centri a maggiore concentrazione di popolazione di etnia uighura dello Xinjiang.

Gli scontri di lunedì scorso sono i più sanguinosi dalle rivolte avvenute nella regione abitata da una maggioranza musulmana nel 2009, quando morirono circa 200 persone nei combattimenti tra uighuri e cinesi han.

Finora le autorità cinesi hanno proceduto ad arrestare almeno 215 persone. Oltre ai 37 “civili” rimasti uccisi, scrive l’agenzia ufficiale Xinhua, altri 13 sono rimasti feriti. Tra i danni provocati dalle sommosse ci sono anche 31 veicoli distrutti, sei dei quali dati alle fiamme. La polizia ha sequestrato coltelli e altre armi da taglio, oltre a materiale propagandistico inneggiante al jihad, la guerra santa islamica.

Un uomo di nome Nuramat Sawut è stato identificato come la mente degli attacchi di lunedì scorso ed è considerato un esponente del gruppo separatista uighuro East Turkestan Islamic Movement (ETIM), cui Pechino attribuisce la responsabilità degli attentati etnico-religiosi che avvengono nello Xinjiang.

La regione è percorsa da forti tensioni etniche tra la popolazione di etnia uighura, a maggioranza musulmana, e i cinesi han, che si sono trasferiti nell’arida regione nord-occidentale nel corso degli anni grazie a un preciso programma governativo, fino a diventare la maggioranza della popolazione locale.

I gruppi più estremisti uighuri accusano il governo di Pechino di forti politiche discriminatorie. L’area attorno alla città di Kashgar, nel sud-ovest dello Xinjiang, ai confini con i Paesi dell’Asia centrale, è uno dei poli di maggiore instabilità nella regione, per la forte concentrazione di popolazione uighura. Proprio la città di Kashgar, la scorsa settimana, è stata protagonista anche di un altro episodio di sangue. Il 30 luglio scorso, dopo le preghiere del mattino, era rimasto ucciso in un agguato anche uno degli imam più noti della città, Jume Tahir, noto per il suo sostegno alla linea politica di Pechino riguardo alla regione autonoma.

(Credit: Agi)