Dal sito del partito di Liberman poi è arrivata una ulteriore precisazione. L’idea sarebbe stata lanciata a mo’ di sfida alla Comunità Internazionale, così da poter valutare la reazione dei leader mondiali. Sulla base della risposta, allora Israele avrebbe la percezione di quale sia l’approccio costruttivo alla soluzione del problema, che non sono “i palestinesi”, ma è Hamas.

L’obiettivo infatti è quello si rendere inoffensivo Hamas. Secondo fonti anonime delle IDF, la smilitarizzazione del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas) è vicina, ma poi si aprirà la fase successiva: come impedirne di nuovo il riarmo. Su questo la fonte delle IDF ha precisato che Israele è già d’accordo con uno Stato della Regione (Egitto, ovviamente, ndr) e anche altri Stati arabi, che temono l’insorgenza fondamentalista quanto – se non di più – di Israele, come una minaccia all’equilibrio di tutto il Medio Oriente. Tra questi Stati arabi c’è sicuramente l’Arabia Saudita, dove dietro l’apparente immobilità del regime cova probabilmente il fuoco del realismo. 

Intanto fonti palestinesi hanno confermato che Hamas e Jihad Islamico hanno proposto una tregua umanitaria di 72 ore dalle ore 8 (locali) di domani mattina, martedì 5 agosto, per permettere la continuazione dei colloqui in Egitto. Colloqui cui non partecipa Israele, perché non ritiene di concordare con Hamas e Jihad Islamico clausole che vengono puntualmente violate dagli stessi miliziani islamisti. Gli interessi israeliani sono – per apparente paradosso – rappresentati dai negoziatori egiziani, che agiscono su mandato del presidente Abd al-Fattāḥ al-Sīsī, vero play maker della crisi e nemico giurato di Hamas e dei Fratelli Musulmani. 

Le richieste dei palestinesi vertono su: cessate il fuoco, ritiro delle truppe israeliane da Gaza; fine dell’assedio di Gaza, apertura dei valichi di frontiera, diritti di pesca fino a 12 miglia nautiche al largo della costa di Gaza e la liberazione dei prigionieri palestinesi. Difficile che Israele apra i valichi senza attuare un rigido controllo delle merci in entrata, così come è difficile che le truppe israeliane si allontanino dai confini di Gaza, per impedire un nuovo riarmo di Hamas. 

Ma la tregua potrebbe servire anche a far affluire aiuti umanitari e, con l’occasione, anche agenti dei servizi segreti egiziani, in grado di agire sulla popolazione per allontanarla in modo definitivo da Hamas con una forza – anche militare – diversa da quella che avevano i funzionari di al-Fatah trucidati nel 2007.

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