La Quarta Guerra Mondiale, la prima guerra “lobale”, internazionale e transnazionale della Storia (3)

Terza parte dell’analisi geopolitica del conflitto avviato simbolicamente l’11 Settembre 2001. 2. La “nuova guerra” (introduzione). L’articolo riporta il contenuto di un paper oggetto di discussione in un Master per Esperti della Cooperazione e della Sicurezza Internazionale seguito nel 2001-2002, la cui fondatezza è a nostro avviso ancora valida. Il 18 agosto scorso, Papa Francesco ha parlato di Terza Guerra Mondiale. Vi spieghiamo perché siamo alla Quarta e perché è difficile capire che questo terrorismo islamista è una “nuova guerra”, transnazionale e internazionale, la prima della Storia, Iniziata almeno con le “Lettere Ladenesi”, la “Dichiarazione di Guerra” di Osama bin Laden agli Stati Uniti e all’Occidente, emessa giusto 21 anni fa. Un tema che abbiamo trattato nel paper di un master seguito nel 2003, la cui fondatezza è a nostro avviso ancora valida. Analisi sulla “nuova guerra”, transnazionale e internazionale. Dalle “Lettere Ladenesi” in poi, il tentativo del nuovo imperialismo islamico neo-califfale di disarticolare la libertà occidentale e i valori liberali.  Un tema che abbiamo trattato nel paper di un master seguito nel 2003, la cui fondatezza è a nostro avviso ancora valida

(segue)


2. La “nuova guerra”

«Oggi ha avuto luogo la Pearl Harbor del XXI secolo».

Così George Walter Bush, 43° presidente degli Stati Uniti d’America, annotò nel proprio diario quotidiano. Lo riporta Bob Woodward, il celeberrimo giornalista investigativo del ‘Washington Post’ nel suo “La guerra di Bush”(edizione italiana edita da Sperling & Kupfler Editori, Milano 2003, p. 36).

George W. Bush la mattina dell’11 Settembre 2001, in un’aula della scuola elementare “Emma E. Booker” di Sarasota, Florida
https://www.youtube.com/watch?v=Rg5NvKpJfKE

L’11 settembre 2001, la Storia dell’Umanità intraprese una via nuova, piena di incognite e pericoli. Nulla – è stato detto – sarà più come prima. Diciannove mujahidin (plurale di mujahid, letteralmente “coloro che compiono uno sforzo sulla via di Dio”, ma con cui s’intende abitualmente il combattente islamico, pronto a sacrificare la propria vita in una guerra a difesa dell’Islam. Cfr. Magdi Allam, Bin Laden in Italia, Glossario, Mondadori, Milano 2002, pag. 210.) si immolarono per diventare shaidun (ibidem, plurale di shahid, letteralmente “martire, chi cade in combattimento per la fede o contro i non musulmani”) e trasformarono uno dei simboli del moderno cosmopolitismo, gli aerei da trasporto civile, in missili a guida umana, per attaccare il centro simbolico dell’Occidente capitalista.

20150112-tesi-master-340x425Ci si chiese: l’evento va ‘classificato’ come attacco militare, quindi è iniziata una guerra? Ovvero si è trattato di un attentato terroristico, in cui semmai i terroristi hanno, su larga scala, violato un tacito codice di comportamento (Cfr. Walter Lanqueur, Il nuovo terrorismo, Corbaccio, Milano 2002, pagg. 337-338), attaccando civili indifesi?

Noi abbiamo creduto fin dall’inizio nella prima lettura, che si trattò di un attacco militare (Cfr. Andrea de Guttry, Fabrizio Pagani, Sfida all’ordine mondiale, Donzelli Editore, Roma 2002), innestatosi in un mutato scenario delle relazioni politiche mondiali, proprie di un sistema globale, ossia un sistema internazionale e transnazionale che presentò alcune importanti differenze rispetto al sistema internazionale precedente, in cui gli unici attori esclusivi erano gli Stati-nazione.

Nel mondo contemporaneo «la preminenza degli Stati come sistemi politici di organizzazione della vita sociale è sottoposta a una serie di forze corrosive che ne stanno trasformando e ridefinendo capacità e competenze» (Fulvio Attinà, Il sistema politico globale, Laterza, Roma-Bari, 19993, p.143).

La profezia di Marshall McLuhan (The Global Village: Tansformations in World Life and Media in the 21st Century, Paperback Rep edition, New York, 19929) sembra avverarsi ogni giorno di più, il mondo non solo appare sempre più piccolo e interconnesso, è sempre più piccolo e interconnesso.

Lo Stato moderno, ossia lo Stato-nazione protagonista indiscusso della politica e delle relazioni internazionali dal XVII fino alla prima metà del XX secolo, quindi come lo abbiamo conosciuto fino al 1945, nacque con la Pace di Westfalia, che pose fine alla Guerra dei Trent’anni (1618-1648) e che è considerato il «momento costitutivo del moderno sistema internazionale» (Riccardo Scartezzini, Paolo Rosa, op. cit., p.163).

Nelle relazioni internazionali il cambiamento sociale preconizzato nel “Villaggio Globale” da McLuhan ha assunto un duplice aspetto per lo Stato moderno, eroso nelle proprie prerogative da due differenti prospettive:

  • dall’interno, il processo di erosione ha consentito ad attori substatali l’ascesa sulla scena politica internazionale, dimensione in cui la loro azione si svolge di fianco – ma spesso anche in in contrapposizione – agli Stati nazionali (es., organismi internazionali, movimenti sociali, associazioni transnazionali); l’erosione endogena è legata al fenomeno dello sviluppo delle relazioni transnazionali;

  • dall’esterno, il processo di erosione ha spinto gli Stati-nazione a costituire nuovi soggetti della politica internazionale e ha consentito che nascessero attori intergovernativi e sopranazionali, capaci di superare la logica stato-centrica dell’interesse nazionale (tradizionale perno delle relazioni internazionali), al fine di affrontare e risolvere i problemi concernenti alcuni settori ritenuti di interesse generale (es., ONU, FMI); l’erosione esogena delle prerogative dello stato-nazione è connessa al fenomeno dei processi d’integrazione.

La novità è che, accanto a oltre 200 Stati, soggetti delle relazioni internazionali e protagonisti del sistema politico internazionale, esiste un sistema più ampio che comprende il sistema politico internazionale e una «pluralità di soggetti non statali fra loro diversamente interdipendenti e diversamente capaci di condizionare lo sfruttamento e la distribuzione dei valori del mondo. Questo sistema inclusivo di ogni altro sistema è il sistema politico globale » (Fulvio Attinà, Il sistema… cit., p.144. Il grassetto è nostro, ndr).

A questa mutazione giuridica e relazionale è stata data il nome di globalizzazione, sovente contrapposta alla frammentazione, perché entrambi sono fenomeni emersi simultaneamente, in modo apparentemente paradossale (Cfr. Fulvio Attinà, Tendenze e problemi della globalizzazione e della frammentazione, in AA.VV., Unione Europea e Mediterraneo fra globalizzazione e frammentazione, Cacucci, Bari 1996, pp.11-29; David Held, Democrazia, Stato Nazione e Sistema Globale, in «Teoria Politica», n.3/1990).

Noi assumiamo la definizione di globalizzazione come di «un fenomeno causato dai progressi della tecnologia delle comunicazioni prima di tutto e poi anche della tecnologia dei trasporti e della produzione industriale su larga scala» (Fulvio Attinà, Tendenze e problemi.. cit., p.14), se considerato nel suo «aspetto materiale» (David Held, Anthony McGrew, Globalismo e antiglobalismo, Universale Paperback, Il Mulino, Bologna 2001, pag. 14. Titolo originale The Great Globalization Debite: An Introduction, in The Global Transformation Reader, Cambridge, Polity Press, 2000, pp. 1-45).

Di converso, la frammentazione è, invece, «un fenomeno essenzialmente socio-politico» (Fulvio Attinà, op.cit. pag. 13) in virtù del quale comunità umane producono una spinta all’affermazione della propria identità storica, culturale e politica, per autogovernarsi.

Sono dunque i prodotti della globalizzazione a favorire l’affermazione degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni, in campo culturale, sociale e politico; ma anche a essere perciò causa di frammentazione. Questo legame tra globalizzazione e frammentazione può essere analizzato anche studiando il duplice aspetto che ha colpito le prerogative dello Stato moderno, attraverso il fenomeno delle relazioni transnazionali e quello dei processi d’integrazione (per un approfondimento dei fenomeni di integrazione, si rimanda alla nota bibliografica a fine articolo).

Noi ci proponiamo di rendere più evidente che il gruppo denominato Al-Qaeda abbia dichiarato guerra all’equilibrio e alla pace globale, con il fine ultimo di restaurare il Califfato Islamico, di ridare vita – dunque – all’Impero Islamico. Non una guerra contro l’Occidente e i governi arabi inseriti nel dar al kufr (la “Casa della miscredenza”: si dice di paese non musulmano accusato di miscredenza o di paese musulmano in cui sono in vigore leggi e credenze che gli estremisti islamici ritengono antislamiche), ma una guerra territoriale, in cui la religione è utilizzata come espediente dialettico per attrarre consenso dalle disperate masse di molti paesi arabi e islamici.

A questo fine analizzeremo solo il primo fenomeno, quello delle relazioni transnazionali.

(continua)

Nota: per un errore tecnico, alcuni link ai precedenti articoli non funzionavano. L’errore è stato corretto, ci scusiamo con i lettori per l’inconveniente

Il primo articolo è stato pubblicato il 23 Agosto 2014

Il secondo articolo è stato pubblicato il 29 Agosto 2014

Il terzo articolo è stato pubblicato l’11 Settembre 2014

Il quarto articolo è stato pubblicato l’11 Settembre 2014

Il quinto articolo è stato pubblicato il 16 Settembre 2014

Il sesto articolo è stato pubblicato il 23 Settembre 2014

NOTA BIBLIOGRAFICA: Per unapprofondimento del tema dei fenomeni di integrazione, cfr. Martin Albrow, The Global Age : State and Society Beyond Modernity, Stanford Univ Pr, 19971; Samir Amin, Capitalism in the Age of Globalization:The Management of Contemporary Society, Zed Books, 19974; Leslie ElliottArmijo e Thomas J. Biersteker, Financial Globalization and Democracy in Emerging Markets, St Martins Pr, 19994; Zygmunt Bauman, Globalization: The Human Consequences (European Perspectives),Columbia Univ Pr, 199810; John Baylis e Steve Smith (a cura di), The Globalization of World Politics: An Introduction to International Relations, Oxford Univ Press, 19977; Avtar BRAH, Mary J. Hickman, e Mairtin Mac An Ghaill, Global Futures: Migration, Environment and Globalization, St Martins Pr, 19997; Sung-Woon Cho, The Dynamics of Institutional Reform in Telecommunications: Globalization, Liberalization, and Regulatory Change, Garland Pub, 199810; Carol Cosgrove-Sacks e GioiaScappucci (a cura di), The European Union and Developing Countries: The Challenges of Globalization,St Martins Pr, 199812; Ian Clark, Globalization and Fragmentation: International Relationals in the Twentieth Century,Oxford Univ Press. 19976; Jorri Duursma, Fragmentation and the International Relations of Micro-States: Self- Determination and Statehood (Cambridge Studies in International and Comparative l), Cambridge Univ Pr, 199610; Stephen Gill, Globalization, Democratization and Multilateralism,St Martins Pr, 19973; Robert Holton, Globalization and the Nation-State, St Martins Pr, 19988; Ankie Hoogvelt, Globalization and the Postcolonial World: The New Political Economy of Development,Johns Hopkins Univ Pr, 199974; Fredric Jameson e Masao Miyoshi, The Cultures of Globalization, Duke Univ Pr, 19987; Randall W. Kindley e David F. Good,The Challenge of Globalization and Institution Building : Lessons from Small European States,Westview Press, 199710; Anthony D. King, Culture, Globalization and the World-System : Contemporary Conditions for the Representation of Identity, Univ of Minnesota Pr, 19975; Stephan Leibfried e Paul Pierson, European Social Policy: Between Fragmentation and Integration, Brookings Institute,199511; S.C. Malik, Modern Civilization: A Crisis of Fragmentation, South Asia Books, 19905; Birgite Meyer, Peter Peschiere, Globalization and Identity: Dialectics of Flow and Closure,Blackwell Publishers, 19993; Andrew Moravcsik,Centralization or Fragmentation?: Europe Facing the Challenges of Deepening, Diversity, and Democracy, Brookings Institute; 19987; Kevin H. O’Rourke e Jeffrey G. Williamson, Globalization and History: The Evolution of a Nineteenth-Century Atlantic Economy, MIT Press, Boston 19997; Assaf Razin e Efraim Sadka (a cura di), The Economics of Globalization: Policy Perspectives from Public Economics, Cambridge Univ Pr, 19994; Saskia Sassen e Anthony Appiah Kwame, Globalization and Its Discontents: Essays on the New Mobility of People and Money, New Press, 19996; Tony Spybey, Globalization and World Society,Polity Pr, 19961; Raimo Vayrynen, Globalization and Global Governance, Rowman & Littlefield, 19994; Peter Waterman, Globalization, Social Movements and the New Internationalisms,Mansell, 19991; Malcolm, WatersGlobalization (Key Ideas),Routledge, 19956

© RIPRODUZIONE RISERVATA