La Quarta Guerra Mondiale, la prima guerra “lobale”, internazionale e transnazionale della Storia (5)

Quinta parte dell’analisi geopolitica sul conflitto avviato simbolicamente l’11 Settembre 2001. 2.2 al-Qaeda come attore “significativo”: 2.2.1 Al-Qaeda e l’Afghanistan; 2.2.2.A. Al-Qaeda attore significativo tecnico-militare; 2.2.2.B. Al-Qaeda attore significativo politico-religioso e mediatico; . L’articolo riporta il contenuto di un paper (La IV Guerra Mondiale, la I Guerra “lobale”), oggetto di discussione in un Master per Esperti della Cooperazione e della Sicurezza Internazionale seguito nel 2001-2002, la cui fondatezza è a nostro avviso ancora valida. Il 18 agosto scorso, Papa Francesco ha parlato di Terza Guerra Mondiale. Vi spieghiamo perché siamo alla Quarta e perché è difficile capire che questo terrorismo islamista è una “nuova guerra”, transnazionale e internazionale, la prima della Storia, Iniziata almeno con le “Lettere Ladenesi”, la “Dichiarazione di Guerra” di Osama bin Laden agli Stati Uniti e all’Occidente, emessa giusto 21 anni fa. Un tema che abbiamo trattato nel paper di un master seguito nel 2003, la cui fondatezza è a nostro avviso ancora valida

(segue)


2.2.1. Al-Qaeda e l’Afghanistan

Al-Qaeda ha esercitato sull’Afghanistan le stesse strategie usate nel settore finanziario per acquisire un’azienda. In un primo tempo, Osama bin Laden investì sull’Afghanistan dei talebani e del Mullah Omar, ossia agì con un incremento del capitale sociale dell’Afghanistan, con cui i talebani ottennero le risorse finanziarie necessarie a conquistare il potere.

Nel diagramma di Kehoane e Nye, Al-Qaeda è già un attore significativo e si sposta lungo la linea G-Afgh./S-AQ verso il vertice.  Questa transizione è raffigurata nella Fig. 2.

20130830-relazioni-transnazionali-grafico-di-kn-f2-400x422Quando l’Afghanistan venne denominato Emirato Islamico dell’Afghanistan, si può dire che la scalata giunse a compimento: Al-Qaeda si identificò con l’Afghanistan. Il rapporto tra società controllante e controllata, all’interno della holding Guerra Santa S.p.A. mutò, perché si realizzò una sorta di fusione per incorporazione: l’Afghanistan era diventata Al-Qaeda.

La posizione di Al-Qaeda nel diagramma di Keohane e Nye cambiò, perché si modificò il suo status: da attore significativo a “quasi-Stato”.

L’intima connessione tra il movimento dei Taliban e l’organizzazione denominata Al-Qaeda conduceva a ritenere che le prerogative del potere sovrano dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan fossero rintracciabili sia nel Mullah Omar, che esercitava le funzioni di Capo dello Stato, sia in Osama bin Laden, che esercitava in realtà le funzioni di capo del governo, sebbene ufficialmente tale attribuzione fosse esercitata da Mohammed Rabbani.

Osama bin Laden esercitava di fatto il potere, come azionista di maggioranza assoluta della holding Guerra Santa S.p.A. (=Afghanistan), pur non sedendo ufficialmente neanche nel “consiglio di amministrazione”.

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La strategia di lungo periodo di Al-Qaeda: il Califfato Islamico, dall’Indonesia al Marocco.

Al-Qaeda fu fondata per assolvere a una necessità di ordine informativo/logistico.

Osama bin Laden impresse a questa organizzazione i segni di un retroterra culturale alimentato di quell’islamismo radicale di cui si era abbeverato negli anni dell’università, a fianco dei maestri Azzam e Qutb.

Le cattive letture del giovane Osama erano state quelle di Sayyid Qutb, il quale aveva teorizzato a più riprese la necessità di islamizzare il mondo.

La vera società islamica è per Qutb quella che accetta l’autorità sovrana di Dio e che riconosce nel Corano la fonte di ogni regola per la società. La sharia (che è «l’insieme dei doveri religiosi, politici, sociali, familiari e privati prescritti dal Corano e dalla Sunna», definizione di Magdi Allam, Bin … cit., p. 210) l’unica legge. Qutb analizzò il mondo e trovò che «la leadership dell’uomo occidentale nel mondo sta giungendo alla fine […] perché l’ordine occidentale ha fatto la sua parte, e non possiede più quella riserva di “valori” che gli consentivano il suo predominio» (Ma’alim fil-tariq, cit. in Albert Hourani, op. cit., p. 442).

Un passaggio dell’opera di Qutb sicuramente avrà affascinato il giovane bin Laden. «La rivoluzione scientifica ha finito il suo ruolo – scrisse Sayyid Qutb – come hanno fatto il “nazionalismo” e le comunità territorialmente limitate che sono sorte dalla sua epoca […] è giunto il turno dell’Islam» (ivi, p. 443). Qutb, in un certo senso, fornì a Osama bin Laden il puntello teorico per il panislamismo aggressivo di al-Qaeda.

Considerato alla luce della globalizzazione e depurato del settarismo islamico, questo vaticinio di Qutb anticipa in qualche modo la globalizzazione e l’esigenza di macro-aggregazioni di fronte alla sfide comuni dell’Umanità e sulla via del cosmopolitismo. Riesce difficile pensare che lo avesse già compreso Sayyd Qutb, malgrado lo usasse come strumentale alla sua visione per islamizzare il mondo e sottometterlo alla sharia, ma non lo capiscano tuttora gli indipendentisti che cercano di frantumare le patrie europee nazionali, di creare “piccole patrie” (Bretagna, Catalogna, Corsica, Fiandre, Scozia, Sicilia) e non lanciare il grande progetto degli Stati Uniti d’Europa (per limitare il nostro sguardo alla nostra Patria) che tutte conterrebbe nell’articolazione degli Stati..

La strategia di Bin Laden cominciò a muoversi su due binari paralleli:

A) il primo, tecnico-militare, all’interno del quale è possibile concatenare una serie di eventi terroristici che, nella prospettiva che noi suggeriamo, possono a ben vedere essere interpretati come attacchi militari contro Stati sovrani;

B) il secondo, politico-religioso e mediatico: religioso perché ogni fatwa è la premessa per giustificare ogni attacco militare e per inserirlo nel quadro della lotta globale di liberazione dei territori dell’Islam dall’infedele; mediatico, perché ogni attacco è al tempo stesso un atto rivolto contro l’Occidente (di cui gli Stati Uniti, forse a ragione, sono considerati il centro nevralgico) e un atto promozionale rivolto al reclutamento di nuovi combattenti e alla raccolta di nuove risorse finanziarie da destinare al core business della “Guerra Santa S.p.A.

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2.2.2.A. Al-Qaeda attore significativo tecnico-militare

Il 29 dicembre 1992, ad Aden esplose una bomba in un albergo, da cui erano appena partiti alcuni militari americani in transito verso la Somalia. «Muoiono due ignari turisti austriaci. Restano feriti due militanti musulmani yemeniti, addestrati in Afghanistan» (Fabrizio Falconi, Antonello Sette, op. cit., p. 77.). Il controspionaggio statunitense ha ritenuto che questo sia stato il primo attacco di Al-Qaeda contro gli Stati Uniti.

Il 26 febbraio 1993, Al-Qaeda colpì il centro economico e finanziario degli Stati Uniti e dell’intero Occidente. Nel20150112-tesi-master-340x425 parcheggio sotterraneo del WTC di New York esplose un’autobomba che causò sei morti e 1042 feriti. «E’ questo il primo attacco del terrorismo islamico nel cuore degli Stati Uniti. La bomba contenuta nell’auto risulta composta da una miscela di nitrato e nafta» (http://www.misteriditalia.it/terrorismo-internazionale/islamico/al-qaida/cronologia).

L’8 febbraio 1998, Ramzi Yousaf fu arrestato in Pakistan e poi estradato negli Stati Uniti: verrà condannato a 240 anni di carcere per cospirazione e omicidio. Anche lo sceicco cieco Omar Abdel Rahman fu condannato, quale mandante del primo attentato al WTC.

Nell’ottobre del 1993, i Marines statunitensi impegnati in “Restore Hope” (Cfr. United Nations security Council Resolutions n. 794, in http://www.un.org/Docs/sc/unsc_resolutions.html) furono attirati in una vera e propria trappola. Due elicotteri Black Hawk furono abbattuti e 18 militari trucidati. Ridley Scott ne ha fatto un terribile film neo-realista: Black Hawk Down, film diretto da Ridley Scott, Sony Picture, 2002. Sulle televisioni di tutto il mondo furono trasmesse le immagini dello scempio dei cadaveri degli americani. L’illusione della guerra televisiva svanì.

A seguito dello shock, il presidente Clinton ritirò il contingente. Per la cronaca, gli statunitensi compirono una serie di errori fino a quel episodio, malgrado le ripetute e inutili sollecitazioni a trattare la questione somala in modo diverso. L’ex ammiraglio della US Navy Howe, capo della missione ONU, arrivò a chiedere la testa di Bruno Loi, Generale della Folgore e comandante del contingente italiano, reo di aver contraddetto l’indirizzo imposto dagli statunitensi, a dispetto della tradizionale esperienza italiana in loco.

L’agguato di Mogadiscio – ora lo si può affermare con certezza – è imputabile alla strategia globale di Al-Qaeda contro gli Stati Uniti (sulle responsabilità di Al-Qaeda nell’attacco a Mogadiscio, cfr. Peter L. Bergen, op. cit., p. 34): nella primavera del 1993, Mohammed Atef aveva provveduto, insieme a Mohamed Ibrahim Mekaui (Soprannominato Seif El Adl, la “spada della giustizia”. Cfr. http://www.lapadania.com/2001/novembre/28/ 28112001p06a2.htm), ad addestrare le tribù di Mogadiscio alla lotta contro le truppe della missione delle Nazioni Unite.

Il 26 giugno 1995, fallì ad Adis Abeba il tentativo di assassinare il presidente egiziano Mubarak. Agenti del Mossad (Mossad Merkazi Le Modin Uletafkidim, Istituto centrale per l’intelligence e le Missioni Speciali, servizio informazioni e controspionaggio estero dello Stato di Israele. Per approfondire la storia del Mossad, cfr. Aldo Musci, Marco Minicangeli, Breve storia del Mossad, DATANEWS, Roma 2001) avrebbero in seguito fornito «importanti informazioni al Mukhabarat egiziano per sgominare la colonna terroristica sudanese-iraniana» (http://www.analisidifesa.it/numero7/mossad.htm) responsabile del tentativo di assassinio, ma il servizio egiziano e la CIA concordarono immediatamente nell’attribuire ad Al-Qaeda la paternità del progetto. Bin Laden era in quel momento ospite del Sudan.

Il 13 novembre 1995, un’autobomba esplose nel campo di addestramento della Guardia Nazionale saudita, a Ryad. Restarono uccisi cinque americani e due indiani, mentre i feriti furono sessanta, di cui trentaquattro americani. Non si trovarono prove delle responsabilità di Al-Qaeda e l’attentato venne rivendicato dalle Tigri del Golfo e dal Movimento Islamico per il Cambiamento (Fabrizio Falconi, Antonello Sette, op. cit., p. 79).

Il 25 giugno 1996, un’altra autobomba devastò il quartier generale dell’US Air Force a Khobar, nella base aerea “Re Abdul Aziz”, nei pressi di Dhahran, in Arabia Saudita. I morti furono diciannove, i feriti più di trecento.

Il 17 novembre 1997, Medhat Mohammed Abdel Rahman, che il Mukhabarat egiziano riteneva affiliato ad Al-Qaeda, insieme ad altri quattro mujahidin, massacra un gruppo di turisti a Luxor. Gli attentatori «infliggono terribili menomazioni a una ventina di superstiti» (ivi, p. 80), ma vengono uccisi dalla polizia o linciati dalla folla inferocita. Il bilancio è onerosissimo: 58 turisti e quattro egiziani assassinati.

Il 7 agosto 1998 (ma vedremo in seguito che tra il 1993 e il 1998 accaddero fatti molto importanti, che possono rientrare nel binario mediatico-religioso della strategia ladenese), praticamente in maniera simultanea e con l’impiego di analoghi mezzi, con due camion imbottiti di esplosivo (un aspetto importante nell’elaborazione della strategia globale della Guerra Santa contro l’Occidente. Ci ritorneremo nelle conclusioni.) vengono fatte saltare le ambasciate statunitensi a Nairobi (Kenia) e a Dar Es Salaam (Tanzania). Il bilancio fu terrificante: a Nairobi uccise 247 persone (11 americani) e ferite oltre 4.500; a Dar Es Salaam 11 morti e oltre 100 feriti.

Il 12 ottobre 2000, il cacciatorpediniere USS Cole, ancorato nel porto di Aden (Yemen) fu colpito da un gommone imbottito con almeno 200 chili di esplosivo. I morti furono 17, i feriti 39.

E poi, l’11 settembre (nel testo del paper la cronologia si ferma all’attacco alle Torri Gemelle e al giorno che ha cambiato la storia del XXI Secolo): «Teologia contro tecnologia, gli attentati suicidi contro la potenza nucleare» (Robert Fisk, L’ingiusta crudeltà di un popolo sconfitto, trad. di Sergio de Simone, in http://www.zmag.org/Italy/fisk-awesome.htm , titolo orig. The Awesome Sruelty of a doomed people, in http://www.zmag.org/fiskawecalam.htm , Z NET).

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2.2.2.B. Al-Qaeda attore significativo politico-religioso e mediatico

Osama bin Laden era un imprenditore e, in quanto tale, accettava il rischio di impresa e si muoveva nella logica del profitto. Naturalmente, il profitto può essere di varie specie: economico-finanziario, politico, religioso, etico.

Egli riassunse secondo il suo personale punto di vista nel progetto di restaurazione del Califfato Islamico (per un approfondimento sul Califfato, cfr. Albert Hourani, op. cit., pp. 25-26, pp. 144-145; Il Califfato, http://www.liberipensieri.net/storia/Islam3.asp; Tino Augusto Negri, Un po’ di storia, per capire il presente, in http://www.centro-peirone.it/Alhiwar/2001/1_05/501_02.htm; William Montgomery Watt, Breve storia dell’Islam, Il Mulino, Bologna 2001; Sergio Noja, Breve storia dei popoli arabi, Mondadori, Milano 1997).

Al-Qaeda fu la holding finanziaria costituita per coordinare gli investimenti globali del magnate del terrore saudita per il conseguimento dello scopo. L’avvio delle attività globali fu stato preceduto – come visto – da una meticolosa fase di preparazione, durante la quale furono gettate le basi per il successo della World Jihad Operation.

L’acquisto di terreni per la costruzione di campi di addestramento militare; l’acquisto di magazzini per lo stoccaggio di varie merci, compresi gli esplosivi; l’acquisto di equipaggiamento elettronico e per le comunicazioni; il trasferimento di valuta e di armi per i membri di Al Qaeda e dei gruppi terroristici alleati in paesi di tutto il mondo; la ricerca e lo sviluppo nel campo delle armi di distruzione di massa (WMD), furono aspetti di una strategia unica, finalizzata al raggiungimento dello scopo istituzionale. Polizie e servizi di sicurezza di tutto il mondo hanno rivolto verso il gruppo bin Laden la loro attenzione, fino a quel fatidico martedì che ha cambiato il mondo. Da allora il contrasto è diventato, necessariamente, guerra globale.

Dal 1989 Osama Bin Laden fornì campi di addestramento e rifugi in Afghanistan, Pakistan, Sudan, Somalia e Kenya per Al-Qaeda e altri gruppi terroristici alleati. Avviò una serie di attività commerciali per fornire introiti ad Al-Qaeda, oltre che per fornire copertura per l’acquisto di esplosivi, armi e prodotti chimici. La centrale burocratica del network globale del terrore ha organizzato gli spostamenti operativi dei membri di Al Qaeda e dei gruppi affiliati, attraverso la predisposizione di tutti gli assetti logistici necessari al core business istituzionale. Tra le attività commerciali individuate, la holding “Wadi Al Aqiq“, la società di costruzioni “Al Hijra“, un’impresa agricola, “Al Themar Al Mubaraka“, nonché le società di investimento “Ladin International” e “Taba Investments” ( cfr. Alan Feuer, Bin-Laden Group had Extensive Network of Companies, Witness Says, «New York Times», 13 febbraio 2001; John Mintz, Bin Laden’s Finances Are Moving Target, «The Washington Post», 28 agosto 1998).

È interessante notare la struttura di Al-Qaeda (nota fino al 2003). Al vertice vi era Osama bin Laden, fondatore del gruppo, azionista di maggioranza assoluta e “Presidente” della holding. Amministratore delegato era, come in ogni buona impresa che abbia radici familiari, Mohamed bin Osama bin Laden, figlio primogenito e successore del fondatore. Il gruppo non aveva consiglio di amministrazione, ma un sorta di organo consultivo del Presidente, la shura majlis, che studia i programmi del gruppo e predispone i piani di fattibilità di ogni operazione.

Vi erano due Vice-Presidenti, Ayman Al-Zawahiri (i servizi di intelligence occidentali ritenevano in quel periodo che Al-Zawahiri fosse il vero capo di Al-Qaeda; dopo l’eliminazione di bin Laden lo è diventato di certo) e Mohamed Ibrahim Mekaui, i quali coordinavano l’attività di quattro comitati: il comitato militare, il comitato finanziario, il comitato giuridico-religioso e il comitato per i media. Infine, la struttura operativa si è sempre servita di cellule in tutto il mondo, mai collegate tra loro, per limitare i rischi di circolazione delle informazioni e per prevenire eventuali infiltrazioni di intelligence. Si è stimato che le cellule federate con Al-Qaeda fossero presenti fin dal 2001 in Algeria, Egitto, Marocco, Turcia, Giordania, Tajikistan, Uzbekistan, Siria, Cina (regione dello Xinjiang), Pakistan, Bangladesh, Malesia, Birmania, Indonesia, Filippine (Isola di Mindanao), Libano, Iraq, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Yemen, Libia, Tunisia, Bosnia, Kosovo, Cecenia, Dagestan, India (Kashmir), Sudan, Somalia, Kenya, Tanzania, Azerbaijan, Eritrea, Uganda, Etiopia, nella West Bank e nella Striscia di Gaza (Cfr. Janes’s Intelligence Rewiev, in http://www.janes.com/security/international security/news/jir/jir010726 _1_n.shtml; per un quadro riassuntivo, cfr. Arma dei Carabinieri, Terrorismo internazionale contemporaneo: realtà a confronto, in http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna/2002/2/12_Terrorismo%20internazionale/Terrorismo %20internazionale.html).

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Secondo un autorevole studioso, il jihad (per un quadro sintetico del concetto di jihad, cfr. Magdi Allam, Bin Laden … cit., p. 209) fu proclamato in Bosnia, Algeria e Egitto nel 1992 (cfr. Gilles Kepel, Jihad. Ascesa e declino, Carocci, Roma 2001, p. 341. Titolo originale, Jihad. Expansion et déclin de l’islamisme, Gallimard, Paris, 2001) e i quadri direttivi della lotta sono stati prevalentemente arabi, impegnati nel tentativo di trasformare conflitti locali in jihad globale.

Il primo attentato al WTC nel 1993 e la campagna del GIA (Gruppo Islamico Armato. Cfr. United States Departement of State, Patterns of Global Terrorism 2002, in http://www.state.gov/s/ct/rls/pgtrpt/2002/html/19991.htm) in Francia nel 1995 furono il segno «dell’apertura di questo nuovo fronte, che si estese fino al territorio del nemico» (Gilles Kepel, op. cit., p. 341).

I jihadisti provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan, transitati quasi tutti dai campi di Al-Qaeda, in quel momento furono «una sorta di esercito smobilitato, privo di passaporto, alla ricerca di un campo di battaglia o di un rifugio, pronto a mettersi al servizio di chiunque lo avesse foraggiato e avesse finanziato i suoi spostamenti da un capo all’altro del pianeta» (ivi, p. 342).

Alla vigilia di Natale del 1994, il GIA progettò di compiere un attacco spettacolare, abbattendo un Airbus dell’Air France sulla Tour Eiffel, quasi sette anni prima dell’11 settembre. Il DGSE (Direction Générale de la Sécurité Extérieure, il controspionaggio estero francese) raccolse però l’informazione e il presidente del consiglio Balladur arrivò perfino a mobilitare il GIGN (Groupe d’Intervention de la Gendarmerie Nationale, i reparti speciali della Gendarmeria, come i GIS dei Carabinieri). L’aereo partì da Algeri e fu fatto atterrare a Marsiglia, dove arrivò alle 3 del mattino del 26 dicembre. Dopo 14 ore di inutili trattative, scattò l’assalto delle teste di cuoio francesi e i quattro dirottatori furono uccisi: feriti, ma non gravi, 13 ostaggi (Per una ricostruzione più dettagliata dei fatti, cfr. Site non-officiel du Groupe d’Intervention de la Gendarmerie Nazionale, in http://www.gign.org/gign/missions.php#3). La campagna francese del GIA era iniziata, ma si concluse alla fine dell’anno successivo.

Le indagini – tuttavia – mostrarono come i mujahidin del GIA in Francia fossero stati reclutati nelle banlieue, tra giovani disorientati che nella maggior parte dei casi si erano avvicinati all’estremismo islamista durante soggiorni nelle repubblicane galere d’oltralpe (cfr. Gilles Kepel, Jihad…op. cit., pp. 349-354). Non c’era una strategia operativa e i mujahidin sul territorio francese sembrarono piuttosto dei furfantelli: fu solo un caso se il 25 luglio 1995 rimasero uccise dieci persone nell’attentato alla metropolitana di Parigi.

Tuttavia, in Francia «la deriva terroristica e il suo fallimento hanno alienato ai gruppi più radicali le simpatie della gioventù urbana povera che aspiravano a rappresentare, e compromesso l’alleanza tra quest’ultima e gli intellettuali provenienti dai ceti medi religiosi» (ivi p. 354), favorendo – in un certo senso – il pensiero più liberale e democratico, chiave di volta per la loro partecipazione alla vita politica.

Dal momento della sua fondazione, Osama bin Laden ha continuato imperterrito la sua politica di acquisizione azionaria di altri gruppi terroristi, oggi considerati veri e proprie branche locali della capogruppo Al-Qaeda. Questa sorta di Spectre è uscita dall’immaginazione letteraria ed è piombata sulla realtà, con modalità più incredibili di quelle narrate in letteratura. Eppure, «non è un romanzo di Jan Fleming, ma realtà nuda e cruda. La “Spectre”, l’organizzazione terroristica superorganizzata contro cui si batte l’agente segreto James Bond 007, potrebbe essere citata come esempio per illustrare che cosa è diventata la rete mondiale di Bin Laden, che utilizza i suoi accoliti come se fossero automi dediti all’obbedienza cieca e assoluta» (Omar Kt, Se la “Spectre” esiste e il capo è Bin Laden, «La Padania», 21 febbraio 2001): dunque la realtà come luogo della rappresentazione degli incubi della civiltà. La rete di Al-Qaeda-Spectre si avvale di (per un esame più approfondito delle ramificazioni della rete globale del terrore, cfr. REGOLAMENTO (CE) N 1996/2001 DELLA COMMISSIONE dell’11 ottobre 2001 che modifica per la seconda volta il regolamento (CE)  n 467/2001 del Consiglio che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei talibani dell’Afghanistan, e abroga il regolamento (CE) n 337/2000, Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, 21 ottobre 2001, riportato sul sito dell’Ufficio Italiano dei Cambi, in http://www.uic.it/liste/UE_1996-2001.htm, l’elenco sottostante è fermo al 2003, ma è la base di partenza per l’analisi che seguirà):

  1. Hezbollah o Partito di Dio, sciita, libanese e filo iraniano;
  2. Hamas o Movimento di Resistenza Islamica, sunnita, operante in Israele, Gaza e Cisgiordania;
  3. Jihad Islamica Palestinese, sunnita, operante in Israele, Gaza e Cisgiordania
  4. il Gruppo Islamico Armato (GIA), sunnita ed algerino;
  5. il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento, sunnita ed algerino;
  6. al-Jihad o Guerra Santa, sunnita ed egiziano;
  7. Al-Gama’a al-Islamiyya o Gruppo Islamico, sunnita ed egiziani;
  8. Gruppo Abu Sayyaf, sunnita, filippino meridionale, staccatosi dal Fronte Islamico di Liberazione Moro nel 1991;
  9. Harakat ul-Mujahidin o Movimento dei Combattenti islamici;
  10. Jaish-e-Mohammed o Armata di Maometto;
  11. Lashkar-e-Tayyiba o Armata del Virtuoso, tutti e tre sunnita e pakistano e attivi prevalentemente nella zona del Kashmir contestata da Pakistan ed India;
  12. il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (UIM), coalizione di militanti islamici dell’Uzbekistan e di altri Stati centro-asiatici.

Non deve meravigliare la eterogeneità delle branche: come in ogni gruppo industriale, ogni branca è specializzata in un particolare settore. Tutte sono concordi nell’alimentare la lotta per il raggiungimento del fine istituzionale (Califfato). Nella storia di Al-Qaeda si sono verificati salti di qualità molto importanti, che meritano di essere sottolineati, per la grande valenza assunta nel quadro delle attività militari e non militari della IV Guerra Mondiale.

Il 1996 è un anno importante: Osama bin Laden è costretto a lasciare il Sudan per l’Afghanistan. Il viaggio ha per il magnate del terrore un profondo significato religioso, perché lo avvicina alla hijra di Maometto dalla Mecca a Medina. Le cime dell’Hindu Kush sono la Medina del XX secolo, per questo profeta dell’islamizzazione del mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(continua)

Nota: per un errore tecnico, alcuni link ai precedenti articoli non funzionavano. L’errore è stato corretto, ci scusiamo con i lettori per l’inconveniente

Il primo articolo è stato pubblicato il 23 Agosto 2014

Il secondo articolo è stato pubblicato il 29 Agosto 2014

Il terzo articolo è stato pubblicato l’11 Settembre 2014

Il quarto articolo è stato pubblicato l’11 Settembre 2014

Il quinto articolo è stato pubblicato il 16 Settembre 2014

Il sesto articolo è stato pubblicato il 23 Settembre 2014