Onu: ci sono cinque buoni motivi per lavorare solo quattro giorni alla settimana

Un ricercatore dell’International Labour Organization, agenzia delle Nazioni Unite sul lavoro, rilancia la proposta che “ha raggiunto massa critica” di consenso, anche tra imprenditori e industriali. Il fine: produrre di più e meglio (e consumare di più)

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Roma – Lavorare quattro giorni a settimana invece che cinque. L’Organizzazione Mondiale del Lavoro (ILO, International Labour Organization), l’agenzia delle Nazioni Unite specializzata nelle questioni riguardanti il lavoro umano, ha rilanciato una proposta che sembra avere sempre più proseliti, anche da parte di imprenditori, magnati e industriali.

20141004-jon-messengerLavorare un giorno in meno a settimana aiuterebbe la salute, l’ambiente, la produttività e il benessere generale, afferma Jon Messenger (nella foto a sinistra), responsabile del gruppo che si occupa delle condizioni di lavoro presso l’agenzia dell’ONU con sede a Ginevra.

Da quando sono entrato nell’organzzazione nel 2000 ho visto crescere il numero di capitani d’industria favorevoli, dal cofondatore di Google Larry Page al miliardario messicano Carlos Slim“, ha affermato Messenger, che sembra latore di un messaggio in coerenza con il nome (Messaggero, in nomen est omen). Secondo il funzionario dell’OML, il sostegno all’idea di ridurre la settimana lavorativaha ormai raggiunto la massa critica” necessaria.

Ci sono molte ragioni per sostenere questa proposta. Jon Messenger ne elenca cinque.

La prima è che “lavorare troppo fa male alla salute, un assunto su cui c’è una ampia letteratura. “Le malattie cardiovascolari, i problemi gastrointestinali e riproduttivi, i disturbi muscolo-scheletrici, le infezioni croniche, i problemi di salute mentale“, scrive Messenger, sono motivi più che sufficienti. E per spiegarlo Messenger cita le parole karoshi (giapponese) e kwarosa (coreano) che significano “morte da superlavoro”: “chiedete ai lavoratori in Giappone e Corea”, suggerisce il ricercatore. Trasformare la settimana lavorativa in quattro giorni contribuirebbe a ridurre questi gravi problemi di salute e quello dei relativi costi sociali per affrontarli.

In secondo luogo,una settimana di lavoro più corta creerebbe più posti di lavoro e di migliore qualità“. Sembra lapalissiano, ma non lo è, tanto che Messenger cita due casi accaduti durante la crisi economica che ha colpito il mondo dal 2008. In Germania e in Corea del Sud, la riduzione dell’orario di lavoro è stata preferita alla riduzione dell’occupazione e questa politica si è trasformata in un aumento della produttività e, in definitiva, dei consumi che hanno fatto riprendere le aziende. Lavorare di meno, per lavorare di più e meglio.

Terzo motivo a favore della riduzione delle giornate lavorative settimanali è che “quando lavoriamo meno siamo più produttivi“. Messenger confuta la tesi stakanovista: un lungo orario di lavoro non favorisce la produttività, la peggiora. Per i lavori in cui si giustifica una lunga permanenza – per ragioni di presenzialismo o per metterci la faccia – il ricercatore dell’Onu afferma che non corrisponde a verità che la presenza al lavoro migliori la produttività: al contrario, la peggiora.

Ancora, il quarto motivo per lavorare meno è di ordine ambientale: favorendo una riduzione dei consumi di energia, si avrebbe un minora impatto per l’ambiente in termini di emissioni di CO2. Tuttavia questo – occorre rilevare – è un dato contraddittorio, perché se lavorare meno serve a dare lavoro a più persone, in realtà il dato ambientale si modificherebbe con un sostanziale cambiamento di abitudini e di consumo energetico, spostando la produzione dell’energia su fonti rinnovabili (quindi su eolico, fotovoltaico di massa e altri metodi di produzione di elettricità).

Infine, il quinto motivo per lavorare meno è che si sarebbe tutti più felici, perché si ridurrebbe il conflitto tra vita personale e familiare e lavoro. Messenger cita espressamente le famiglie con bambini piccoli, quelle che hanno persone anziane (o ammalati) da accudire. Se vogliamo, anche il calo demografico in Occidente (e in Italia in particolare) è causato anche (ma non esclusivamente) da un conflitto esistente tra lavoro e vita sociale e personale. Lavorare una giornata in meno significherebbe vivere meglio con le persone cui si vuol bene, potersi concedere dei momenti di svago, di divertimento o di relax: quindi essere più felici.

Dunque, “riassumendo tutto, ci sono un sacco di buoni motivi per ridurre l’orario di lavoro e di rendere la settimana lavorativa più corta“, sottolinea Messenger, per il quale “se la settimana lavorativa è già di cinque giorni, come accade nelle economie più avanzate, passare a una settimana lavorativa di quattro giorni non è solo buon senso, ma costituisce il prossimo passo nella lunga strada per una più felice, più sana e più sostenibile società“. Una battaglia di medio periodo che però va iniziata prima possibile.

E per un motivo importante: più gente lavora, più gente ha denaro da spendere in consumi di beni e servizi, che saranno prodotti o forniti da altre persone. Una catena virtuosa e positiva dell’economia globale, alla faccia delle teorie bislacche sulla decrescita. La crescita impone invece un nuovo modello e Jon Messenger ci fornisce la traccia su cui imprenditori e lavoratori devono lavorare insieme per assicurare un futuro più stabile al mondo intero. Utopie? Chi vivrà vedrà.
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