Confindustria, crollo adesioni in Veneto: -20% associati

Allarme dell’associazione degli industriali per un crollo degli iscritti tra le aziende di una certa consistenza occupazionale. Alla base sfiducia nella capacità di rappresentare le necessità degli imprenditori

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Verona – In sei anni le associazioni territoriali degli industriali del Veneto avrebbero perso in media il 20% delle loro imprese, con punte in alcune province del 30%. Un dato ‘camuffato’ da nuovi associati che sono spesso soci ‘unipersonali’, ditte individuali, partite Iva e liberi professionisti. Mentre ad andarsene sarebbero imprese che potevano contare su 10, 20, 50 dipendenti. Dati che vengono da un imprenditore ancora associato a Confindustria, ma “amareggiato, sfiduciato e disilluso”. La contrazione più elevata si registrerebbe nelle Assindustria di Belluno e Rovigo, mentre a ‘tenere’ sarebbero quelle di Verona e Vicenza.

E sono sempre di più gli imprenditori ormai sfiduciati dalla volontà di Confindustria di rappresentarli fino in fondo: “Gli industriali veri che se ne vanno vengono sostituiti da pseudoimprenditori”, spiega un imprenditore che ha alle spalle una lunga carriera di successi internazionali all’estero.

“La crisi di rappresentanza di Confindustria è ormai un dato inequivocabile. E’ ormai pacifico che aziende se ne vanno di giorno in giorno”, spiega un altro imprenditore veneto. Alle Confindustrie locali, come a quella romana, viene imputato di “non svolgere adeguatamente il ruolo di rappresentanza e di lobbing necessaria a difendere davvero gli interessi delle imprese, soprattutto delle pmi e di non fornire servizi innovativi”.

La stessa riforma Pesenti con le previste aggregazioni delle associazioni territoriali, secondo più di un imprenditore veneto, avanza con fatica: in un primo tempo dovevano aggregarsi o fondersi le associazioni di Padova e Rovigo. Il progetto è poi saltato, e ora Rovigo fa rotta su Venezia, anche se sembra che Padova si sia ora rifatta viva, ma rimane l’incognita se sarà un’aggregazione o una fusione per incorporazione. E a questo processo di razionalizzazione si contrappongono alcuni imprenditori che per campanilismi o interessi incrociati, di fusioni delle loro associazioni non ne vogliono sapere.

A tutto ciò si aggiungerebbe un altro problema: sempre più imprenditori per la crisi, situazioni economiche più o meno complesse o semplice disinteresse e disaffezione, non pagano la quota associativa, alcuni anche da anni. E così, da parte della struttura confindustriale ci sarebbe la rincorsa a recuperare i crediti, più o meno forzosamente.

Insomma, da parte di piccoli e medi imprenditori si chiede a Confindustria, e alle associazioni territoriali, di innovarsi, e si punta il dito anche sulle strutture burocratiche che porrebbero le maggiori resistenze a questo processo di rinnovamento.

(Adnkronos)