Pyongyang minaccia una “rappresaglia” contro l’Unhcr: alla mozione dell’Onu rispondiamo con un test nucleare

La minaccia costituisce la risposta alla mozione dell’Unhcr al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di deferire il Paese alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Il regime di Kim Jong-un accusa gli Stati Uniti di orchestrare tutto, manipolando le testimonianze. I satelliti mostrano frenetica attività nelle aree attorno ai reattori, mentre il numero due della Corea del Nord vola a Mosca e incontra Putin

20141121-nord-corea-minaccia-test-nucleari-655x408


Seoul – Il regime nordcoreano ha minacciato di condurre un nuovo test nucleare in risposta alla mozione dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (Unhcr) al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per il deferimento del Paese per crimini contro l’Umanità verso il proprio popolo

Per il ministero degli Esteri di Pyongyang, dietro la risoluzione approvata dall’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani, con sede a Ginevra, “c’è la mano degli Stati Uniti“. Il governo della famiglia Kim – che tiene sotto una dittatura medievale il Paese – ha già condotto tre test atomici non autorizzati nel 2006, 2009 e 2013. A seguito di questi ultimi sono state inasprite le sanzioni internazionali contro il Paese, che a oggi appare disastrato dal punto di vista economico (checché ne dicano certi pseudo-deputati italiani).

Secondo il regime, le accuse della comunità internazionale “si basano su testimonianze fabbricate a tavolino” da esuli della Corea del Nord “addestrati a fare quello che dice Washington. Approvare la risoluzione è stata una grave provocazione politica da parte degli Stati Uniti – si dice dalla capitale nordcoreana – un’aggressione simile non ci lascia altra scelta se non quella di mettere in atto un nuovo test nucleare“. Una vera e propria minaccia di rappresaglia, passibile di ulteriori misure sotto il profilo giuridico internazionale. Secondo alcune immagini satellitari, infatti, attorno ai reattori conosciuti si può percepire una febbrile attività: “sono in fermento“, affermano fonti anonime statunitensi.

Un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha rilevato che “sarebbe davvero sbagliato minacciare una simile attività in risposta al legittimo interesse della comunità internazionale sulla situazione dei diritti umani in Corea del Nord“.

Nonostante il clamore politico, è del tutto improbabile che la mozione dell’Unhcr venga esitata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e passi poi all’Assemblea Generale, cui spetterebbe per statuto il deferimento alla Corte Penale Internazionale, perché il veto di una delle due potenze vicine alla Corea del Nord – Cina o Russia – produrrà (più che produrrebbe) l’insabbiamento della mozione e la sua inefficacia sul piano giuridico internazionale. 

Diversa la valutazione politica, in un mondo sempre più piccolo e in cui il Papa chiede a giorni alterni la globalizzazione della solidarietà. 

Allo stato-dell’arte, oggi Mosca e Pechino rimangono le ultime alleate del regime dei Kim, ma con una riluttanza crescente sia per interessi diretti che per motivi di opportunità politica. In più occasioni, il presidente cinese Xi Jinping ha mostrato il proprio malcontento per le azioni del difficile vicino“, mentre Vladimir Putin – da competente “tecnico” – non si esprime sulla questione da molto tempo.

In questi giorni, il numero due del regime nordcoreano – Choe Ryong-hae, segretario del Partito dei lavoratori – è in Russia per una serie di colloqui con la leadership russa, durante i quali incontrerà anche il presidente Putin, anche se l’agenda degli incontri resta segreta. 

(Credit: AsiaNews)