Torino Film Festival, con ‘Cold in July’ il pulp non è mai stato così vivo

Il film di Jim Mickle rimescola il genere pulp col classico revenge movie e i risultati sono sopra le aspettative

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Texas, 1989 – Richard viene svegliato in piena notte dalla moglie, a causa di rumori sospetti nell’abitazione. Un ladro è penetrato nel suo salotto: pistola alla mano, spara accidentalmente un colpo e uccide il malvivente. La polizia, accertati i fatti, archivia tutto come legittima difesa, ma Richard adesso fatica a tornare alla vita di tutti i giorni. A peggiorare le cose Ben Russell, ex galeotto e padre della vittima che cerca a tutti i costi la sua vendetta. Presto però Richard scopre che l’uomo a cui ha sparato non è il figlio di Ben e decide di entrare in combutta con quest’ultimo per scoprire la verità.

Anche se il materiale di partenza è il famoso romanzo di Joe R. Lansdale, l’obiettivo di Jim Mickle è quello di evidenziare una profondità emotiva e psicologica ai suoi protagonisti grazie soprattutto a vari omaggi al genere pulp, qui ripreso al meglio (come forse il solo Tarantino riusciva a fare) e a quello del revenge movie. Perché in fondo i personaggi di Richard, Ben e (più tardi) di Jim Bob (interpretati al meglio da Michael C. Hall, Ben Sheperd e un’irresistibile Don Johnson) sono evidentemente bidimensionali.

Mickle invece dona un ritmo alla narrazione, e un enfasi alle azioni dei personaggi che difficilmente saremo riusciti a cogliere attraverso gli occhi di un altro regista, infondendo a tutto il film un’aura classica d’altri tempi. Perché è proprio ai (bei) vecchi tempi che guarda il regista, che definisce il suo come “un film di vendetta coreano con la sensibilità di Lansdale”. È indubbio l’omaggio al cinema orientale, purtroppo è proprio la sensibilità di Lansdale a tappare le ali a “Cold in July”, per una forse eccessiva indulgenza dell’autore verso i suoi personaggi.

Se David Cronenberg alla fine di “A History of Violence” (molto simile nello spunto iniziale e nei toni) non cadeva nel tranello, chiudendo il suo immenso film con un finale agghiacciante e tutt’altro che consolatorio, Mickle cede ed esagera vistosamente nel suo.

Ciò non oscura però i meriti del film, da una fotografia accuratissima, che passa da toni freddi a quelli più caldi evidenziando maggiormente lo stato d’animo dei protagonisti, alla frenetica (quando serve) regia accentuata da un montaggio impeccabile.

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Il trailer ufficiale del film