Stato Islamico: non avremo pietà per i due prigionieri giapponesi. Ore drammatiche tra la Siria e il Giappone

Scaduto l’ultimatum, si teme per la vita di Haruna Yukawa e Kenji Goto, dopo il messaggio web da fonti vicine all’autoproclamato e sedicente Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Drammatico appello della 78enne madre di Kenji Goto: “voleva solo salvare i bambini, liberatelo”

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È scaduto l’ultimatum di 72 ore dell’autoproclamato e sedicente Stato Islamico, che minaccia di giustiziare due giapponesi catturati se non riceverà un riscatto di 200 milioni di dollari prima del fine settimana. Il governo del premier Shinzo Abe ha fatto sapere di non essere riuscito a stabilire alcun contatto con il gruppo jihadista.

Il portavoce del Governo Abe, Yoshihide Suga, ha spiegato che l’esecutivo non è in grado di dare informazioni sullo stato dei due ostaggi, perché – ha riferito nel corso di una conferenza stampa – “al momento l’Isis non si è messo in contatto con noi direttamente”. Suga ha insistito nel messaggio che “il Giappone non cederà ai terroristi” e che il suo governo vuole contribuire alla “lotta della comunità internazionale contro il terrorismo“.

I due ostaggi sono Haruna Yukawa (a destra) e Kenji Goto, di 47 e 42 anni.

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La Nippon Television Network ha dato notizia di un avviso diffuso sul web da militanti affiliati all’autoproclamato e sedicente Stato Islamico, in cui si annuncia che è iniziato il conto alla rovescia” per l’esecuzione dei due giapponesi in ostaggio.

Secondo il ministero degli Esteri giapponese il messaggio è stato spedito da un gruppo vicino agli jihadisti del califfato. “Il premier giapponese” Shinzo Abe “continua a mentire“, sostiene il messaggio, “i giapponesi non hanno fatto nulla per salvarli, non ci sarà pietà per i due ostaggi“.

Nel frattempo, ieri la piccola comunità musulmana nipponica aveva preso posizione sul sequestro dell’autoproclamato e sedicente Stato Islamico, i cui gesti “sono imperdonabili atti di crudeltà, che non rientrano nella vera fede musulmana. Prendere ostaggi è un modo di fare indegno, e questi terroristi vanno condannati con la massima forza possibile. Con la loro finta ‘guerra santa’ non fanno altro che distruggere l’islam“. 

Un video pubblicato lo scorso 20 gennaio mostra i due uomini – Kenji Goto Jogo, cristiano, e Haruna Yukawa – nelle mani di un terrorista islamico. La richiesta al governo giapponese per salvare loro la vita è stata di 200 milioni di dollari “entro 72 ore”, ovvero entro il pomeriggio del 23 gennaio: se il pagamento non fosse effettuato, i due saranno uccisi.

Shigeru Shimoyama, portavoce della moschea Camii di Tokyo (la più grande del Paese), ha spiegato che “secondo la legge di Allah, uccidere anche un solo innocente equivale a distruggere l’umanità intera. Le azioni dei terroristi dello Stato islamico sono in contraddizione con la base della fede musulmana, ovvero il rispetto per la vita umana. Vanno condannati con forza“.

Per Shimoyama, convertitosi all’islam circa 10 anni fa, il sedicente e autoproclamato Stato Islamico sta inoltre “distruggendo la nostra fede. In Giappone, per tanto tempo i musulmani sono stati visti con sospetto e non sono stati capiti. Il rapimento di questi due connazionali – ha sottolineato – non farà altro che alimentare l’idea che l’islam sia una religione per i terroristi. Per questo voglio dire a tutti che le persone che stanno dietro a questo rapimento non sono musulmani“.

I giapponesi sono circa 127 milioni: di questi l’83,9% è di fede shintoista e il 71,4% segue anche il buddhismo (le due religioni possono sovrapporsi, essendo entrambe più una filosofia che un vero e proprio culto); i cristiani sono circa il 2%, per la maggior parte protestanti. I musulmani, infine, si attestano all’incirca sulle 100mila unità, con altri 70mila aderenti di nazionalità diversa. Le moschee sono circa 35, ma nel territorio si trovano altri 100 luoghi di preghiera nei luoghi dove non esistono strutture tradizionali.  

Il premier nipponico Shinzo Abe ha interrotto nei giorni scorsi la visita di Stato a Gerusalemme, rientrando in patria per gestire questa emergenza. Arrivato a Tokyo, ha reso noto che il suo Paese “non si piegherà al terrore. La nostra è una corsa contro il tempo, ma il governo farà tutto il possibile per ottenere il rilascio dei nostri cittadini. Ho chiesto l’aiuto del leader palestinese Mahmoud Abbas, di quello egiziano al-Sissi, del re giordano Abdullah e del presidente turco Erdogan. La comunità internazionale deve aiutarci“. Bisognerebbe capire come… 

Kenji Goto Jogo, giornalista freelance giapponese nelle mani dello Stato islamico insieme ad Haruna Yukawa, “è un uomo buono e con un grande senso di giustizia. Ha girato le aree in crisi del mondo per raccontare e denunciare le sofferenze degli ultimi“. Così lo descrive il pastore cristiano Hiroshi Tamura, capo della chiesa cristiana cui l’uomo appartiene. Secondo l’intelligence occidentale l’uomo sarebbe stato rapito nell’ottobre 2014.

Haruna Yukawa invece combatteva nei ranghi di Suqour al-Sham, movimento di opposizione siriano, e sarebbe stato catturato lo nell’agosto 2014. ; Kenji Goto Jogo, invece, è un reporter della Independent Press, che fornisce ai media giapponesi reportage dalle zone di guerra sparse per il mondo. 

Hiroshi Tamura, pastore della chiesa Chofu, racconta che Goto “si è convertito negli anni Novanta ed è stato battezzato. Da allora segue la vita della comunità, che fa parte della Chiesa unita di Cristo [la confessione cristiana che conta più di 200 mila fedeli in Giappone, ndr]. Ha un enorme senso della giustizia, e si è sempre impegnato per raccontare la vita degli ultimi e dei più vulnerabili, soprattutto bambini“. 

20150123-Junko-Ishido-320x213Poche ore prima della scadenza dell’ultimatum, la madre di Kenji Goto, Junko Ishido (78 anni, nella foto a sinistra) ha lanciato un drammatico appello tramite la stampa.

Il mio nome è Junko Ishido. Sono la madre del giornalista Kenji Goto“, ha detto la donna, “Mi scuso profondamente con il popolo giapponese e il governo giapponese, con le persone degli altri paesi, per i problemi che sta causando Kenji.  Sono stata colpita da questo dolore e sono in lacrime da tre giorni. E’ impossibile da raccontare. Kenji, anche da piccolo, era un bambino amorevole. Diceva sempre di voler ‘salvare le vite dei bambini nelle zone di guerra’. Era giusto nel raccontare la guerra“, ha affermato la donna, con una modalità tipica del linguaggio formale nipponico. Poi, rivolgendosi al “popolo dello Stato islamico” ha aggiunto: “Kenji non è un nemico dello Stato islamico. Per favore, rilasciatelo“.

L’appello è stato lanciato nella sede del ‘Circolo della stampa estera’ di Tokyo, davanti a un centinaio di giornalisti.

Aggiornamento 2, 23/01/2015, ore 18:23:00 | (Credit: AGI, AsiaNews, Agenzie) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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