Sul prezzo del petrolio c’è aspettativa di stabilità a livelli bassi. De Simone (Up): “un aiuto alla ripresa”

L’economista De Paoli: “mi aspetto prezzo moderato, intorno ai valori attuali di 40-50 dollari per un tempo che non sarà breve”

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Roma – “I segnali attuali ci dicono che i prezzi del petrolio resteranno bassi. A breve non c’è nessuna ipotesi di un ritorno a prezzi più alti”. Ad affermarlo all’Adnkronos è il direttore generale dell’Unione Petrolifera, Pietro De Simone, commentando l’attuale andamento del prezzo del petrolio. “È una vittoria del mercato. C’è un eccesso di produzione e una domanda che sicuramente non è in condizione di assorbire tutta la produzione. I paesi Opec, poi, hanno privilegiato il mantenimento delle loro quote di mercato piuttosto che decidere di chiudere i rubinetti”, sottolinea De Simone.

Andando ad analizzare il passato, rileva il direttore generale di Up, “abbiamo sempre visto delle situazioni di cadute verticali con delle riprese abbastanza a breve termine. Ma questa volta la situazione sembra un po’ diversa”.

Un parere condiviso anche da Luigi De Paoli, professore di Economia applicata dell’Università Bocconi. “Mi aspetto – spiega l’economista all’Adnkronos – un prezzo moderato, intorno ai valori attuali di 40-50 dollari per un tempo che non sarà breve“.

Attualmente, osserva De Paoli, “c’è questo eccesso di produzione che è destinato a perdurare”. E per i prossimi due anni “tenderei ad escludere un ritorno del petrolio intorno agli 80-90 dollari“. Infatti, spiega, “c’è un interesse dei paesi produttori dell’Opec a mantenere un prezzo moderato affinché il segnale inviato a Stati Uniti e Canada arrivi. Probabilmente il prezzo potrebbe rimanere intorno ai 50 dollari per due anni” anche se su questo tema è difficile fare previsioni. Comunque “non mi aspetto che a fine 2015 il prezzo del petrolio salirà troppo”.

Con l’attuale andamento del prezzo del petrolio, osserva dal canto suo il direttore generale di Unione Petrolifera, “si sta registrando una fermata degli investimenti e registriamo una riduzione soprattutto nella ricerca e produzione. Prima o poi questo fenomeno produrrà un ribilanciamento e un ritorno all’equilibrio”. L’attuale andamento del prezzo del greggio, sottolinea, “causa un rallentamento e un rinvio dei piani di investimenti, i costi di produzione per certi tipi di produzione come lo shale oil non sono più convenienti“.

Una futura instabilità dei prezzi sarebbe particolarmente preoccupante per il mondo petrolifero. “Gli investimenti nel settore – spiega il direttore generale di Up – hanno un ritorno di lunga gittata. Sono molto consistenti ma con un ritorno con tempi lunghi. Proprio per questo un’instabilità dei prezzi sarebbe molto rischiosa per programmare gli investimenti. L’equilibrio e la stabilità è preferibile“.

L’attuale andamento del prezzo del petrolio comunque dovrebbe avere ripercussioni negative anche per i Paesi del Golfo.Come ha evidenziato ieri l’Fmi il crollo del prezzo del greggio dovrebbe provocare un mancato guadagno di 300 miliardi di dollari quest’anno per i paesi dell’area che dovranno intaccare le proprie riserve finanziarie. “Certo questa situazione – spiega De Paoli – avrà delle ripercussioni negative per alcuni paesi dell’area e in particolare per l’Iran e l’Iraq. Altri paesi, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi che hanno molto fieno in cascina, si possono invece permettere di far fronte alla situazione e quindi di non tagliare la loro produzione e aspettare”.

L’impatto negativo maggiore sarà per Mosca. La Russia è il Paese che secondo De Paoli “soffrirà di più” di questa situazione. “Prima di questa crisi – rileva l’economista – i tre quarti delle entrate provenienti dall’export energetico proveniva dal petrolio e solo un quarto dal gas. Dal dimezzamento del prezzo del petrolio si può stimare una perdita consistente intorno ai 100-150 miliardi di dollari l’anno per la Russia“. Entrate, queste, che “per la Russia sono fondamentali per realizzare investimenti e sviluppare le proprie infrastrutture”.

Una cosa è certa: prezzi bassi del petrolio possono contribuire ad un rilancio della crescita. “È una grande opportunità per i consumatori. I prezzi bassi che permettono un basso costo dell’energia – sottolinea De Simone – rappresentano un aiuto alla ripresa. Una riduzione consistente dei prezzi dell’energia è un fattore di rilancio dell’economia, ridà margini alle imprese che possono investire e riduce i costi dei prodotti finiti. Sotto questo profilo speriamo che questo periodo possa durare a lungo”.

Nel settore dei carburanti, osserva ancora il direttore generale di Up, “c’è stata una riduzione dei prezzi che è stata tempestiva e visibile. Questa discesa non mi sembra però che abbia portato ad una riduzione delle merci trasportate, dei prodotti finiti”. Per De Simone, quindi, “un prezzo basso dell’energia rappresenta un fattore positivo e auspicabile per i consumi. Per l’industria petrolifera è il contrario”.

L’Unione Petrolifera, a dicembre, ha stimato che la fattura petrolifera dell’Italia nel 2015 dovrebbe essere compresa tra un minimo di 17,1 miliardi di euro e un massimo di 24,2, pari rispettivamente all’1,1% e all’1,5% del pil, con un prezzo del greggio nell’intervallo 65-85 dollari al barile. La fattura energetica complessiva, nel caso di una quotazione intermedia di 75 dollari al barile, potrebbe attestarsi intorno ai 39 miliardi di euro, in una ulteriore flessione di 6 miliardi rispetto al 2015. Il risparmio complessivo salirebbe così a 17,1 miliardi di euro rispetto al 2013.

(Adnkronos)

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