Libia, attacco kamikaze a Tripoli concluso. Nel mirino il PM Omer al-Hasi. Bilancio finale: 12 morti (video)

I quattro miliziani islamisti autori del raid si sono ‘immolati’ sull’altare del jihad. È pesante il bilancio finale dell’attacco di questa mattina, rivendicato dalla filiale libica dello Stato Islamico come vendetta per la morte di Abu Uns al Libi, mente degli attacchi alle sedi diplomatiche americane in Tanzania e Kenya nel 1998, catturato nell’ottobre 2013 dalle forze speciali statunitensi e morto lo scorso 3 gennaio in Usa durante la detenzione e in attesa del processo. Nazionalità dei cinque stranieri morti ancora non divulgata, tre donne filippine impiegate dell’hotel rimaste ferite

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AGGIORNAMENTO 5, 27/01/2015, ORE 16:13:30

Tripoli – L’attacco jihadista all’hotel Corinthia di Tripoli è finito: i quattro miliziani jihadisti asserragliatisi all’ultimo piano della struttura alberghiera, la più nota della capitale libica, si sono immolati sull’altare diabolico del jihad, facendosi esplodere in luogo della cattura da parte dei reparti speciali locali.

Un tragico, ma non inatteso, finale, che porta a 12 il numero complessivo delle vittimedue jihadisti kamikaze fattisi esplodere in un autobomba nella zona di parcheggio dell’hotel, per creare un diversivo e consentire al resto del commando di accedere nell’edificio; una guardia di sicurezza del Corinthia, colpito dall’esplosione dell’auto; cinque lavoratori stanieri dell’hotel, di cui però – come detto – non si conosce la nazionalità. Infine molti feriti, in corso di quantificazione, tra cui tre donne filippine che lavorano presso la struttura alberghiera e un agente della Special Deterrent Force, le forze speciali della sicurezza di Tripoli. 

L’attacco di questa mattina aveva un obiettivo preciso: il primo ministro Omer al-Hasi, che era l’obiettivo dei jihadisti, secondo quanto hanno riportano fonti del governo legittimo di Tripoli alla rete tv Alnabaa TV

La rete satellitare Al-Jazeera aveva divulgato la notizia di “violenti combattimenti tra le forze di sicurezza e gli attaccanti, alcuni dei quali sarebbero all’interno dell’albergo“. Altre fonti hanno sostenuto sostengono che tre jihadisti del commando si fossero asserragliati all’ultimo piano dell’hotel, tenendo in ostaggio alcune persone. Una circostanza – quella degli ostaggi – che finora non ha trovato conferme.

Stante invece a quanto riferito dal The Libya Observer, due dei jihadisti del commando che ha attaccato l’hotel sarebbero stati identificati come due noti militanti dei gruppi vicini all’ex padrone della Libia, Muhammar Gheddafi. 

L’obiettivo dell’attacco è fallito, perché il primo ministro Omer al-Hasi è stato portato al sicuro, insieme ad altri funzionari di governo e ad alcuni diplomatici stranieri. 

L’attacco è stato subito rivendicato dalla filiale libica dell’autoproclamato e sedicente Stato Islamico. “L’attacco all’albergo è per vendicare la morte dello sceicco Abu Uns al Libi“, recita il comunicato diffuso in rete con le immagini dell’hotel. Al Libi è morto lo scorso 3 gennaio negli Stati Uniti, dove era detenuto, ed era un leader di al-Qaeda, mente degli attentati alle ambasciate Usa a Dar al Salam (Tanzania) e Nairobi (Kenya) nel 1998.

Catturato a Tripoli il 5 ottobre 2013 dalle forze speciali statunitensi, fu subito portato negli Stati Uniti, dove appunto è morto per cause naturali mentre era in attesa del processo. 

Le forze di sicurezza legittime della libia hanno circondato l’hotel, mentre tutti gli altri alberghi della capitale sono stati evacuati per il timore di un attacco multiplo in corso. 

Un tweet diffuso da un gruppo affiliato ai jihadisti dello Stato Islamico ha rivendicato come obiettivo la “cattura di diplomatici stranieri“, il che ha attivato la nostra attenzione, visto che l’unica ambasciata occidentale rimasta aperta a Tripoli è quella italiana.

L’attacco è avvenuto proprio nel giorno in cui sono ripresi a Ginevra i colloqui tra il governo libico eletto democraticamente e alcune delle fazioni islamiste in lotta per instaurare uno Stato islamico retto dalla sharia.

Federica Mogherini, Alta Rappresentante Pesc dell’UE, ha immediatamente rilasciato una dichiarazione di condanna (non era stata altrettanto veloce per l’attacco jihadista di Parigi, migliora…). “L’attacco di questa mattina all’hotel Corinthia è un altro riprovevole atto di terrorismo che mira a colpire gli sforzi per portare pace e stabilità alla Libia”, afferma Mogherini in una dichiarazione. “L’UE esprime solidarietà alle vittime e alle loro famiglie. L’UE supporta con forza gli sforzi in corso e condotti dalle Nazioni Unite per portare a una soluzione politica basata sul rispetto e il dialogo“, continua la dichiarazione della vice-presidente della Commissione Europea, la quale poi conclude affermando che “a tali attacchi non sarà consentito di indebolire il processo politico“.

Di quale dialogoprocesso politico parli Federica Mogherini non è dato sapere. Con i jihadisti non si può dialogare: essi conoscono solo la pressione dialettica della forza brutale, che diventa giusta se difende il diritto libico e le libere elezioni svolte lo scorso anno, perse dagli islamisti per espressa volontà dei libici. Quindi, se l’Italia volesse promuovere la pace e la stabilità in Libia dovrebbe convincere gli altri condòmini dell’Unione Europea e gli alleati a supportare il governo eletto e le forze che operano perché l’Operazione Dignità della Libia abbiano successo.

AGGIORNAMENTO 5, 27/01/2015, ORE 16:13:30 | (Credit: agenzie, Al-Jazeera) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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