Gentiloni a Radio24 su terrorismo islamista, Ucraina, ostaggi italiani e Marò. E su Daniele Bosio? Silenzio assoluto

Guerra al jihad. Gentiloni, “no alla sospensione di Schengen, rafforzare controlli”. Latorre e Girone: dialoghiamo. Sulle cooperanti fai-da-te Greta e Vanessa, il ministro degli Esteri ha difeso la posizione italiana e il diritto-dovere alla riservatezza. Su Daniele Bosio, invece, nessuno chiede, nessuno parla: il silenzio come atteggiamento univoco, malgrado le sollecitazioni indirizzate al titolare della Farnesina sia attraverso i social media che in via diretta, con missive tese a sensibilizzare il Governo

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Roma – Il decreto legge anti terrorismo verrà approvato nel prossimo Consiglio dei Ministri. Lo ha affermato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in una intervista a Radio 24.  “Ci sono stati dei problemi di messa a punto, di copertura, soprattutto per la parte delle missioni militari che accompagna questo decreto – ha detto Gentiloni, riferendosi ai rinvii che ci sono stati finora – ma so che è tutto pronto e che verrà approvato nel prossimo Consiglio dei ministri“, ha precisato.

Alla domanda se le condanne a morte eseguite dalla Giordania siano la risposta giusta alle atrocità dell’Isis, Gentiloni ha risposto che “noi italiani siamo contrari alla pena di morte, ma dobbiamo valutare la minaccia che abbiamo davanti. L’oscena propaganda dell’orrore rischia di infiammare ulteriormente il Mediterraneo e il Medio Oriente“.

Il ministro degli Esteri italiano si è detto contrario alla sospensione del Trattato di Schengen. “Rinunciare a Schengen significherebbe rinunciare a uno dei 3-4 pilastri della Ue. Sono d’accordo, invece, alle proposte di rafforzare i controlli su chi proviene dall’esterno della Ue“, ma questo non tiene conto di un fatto incotrovertibile: l’attentatore di Bruxelles al Museo Ebraico, gli incursori che hanno massacrato la redazione di Charlie Hebdo e il terrorista che ha ucciso quattro persone all’Hyper Cacher di Porte de Vincenne a Parigi erano sono europei immigrati di seconda generazione o residenti da molti anni. Quindi il problema esiste anche nei termini di una circolazione interna inter-statale che – al momento – è incontrollata o quasi.

E infatti, sul fatto che l’aggressore dei militari posti a difesa di siti ebraici a Nizza fosse stato di recente a Roma, Gentiloni – cadendo in un’altra contraddizione – ha dichiarato che “tra i servizi di intelligence ci si scambia informazioni. Questa persona era da anni all’attenzione dei servizi, ma ciò nonostante è riuscito a compiere un tentativo di strage“, a dimostrazione che l’attuale cooperazione operativa è insufficiente e inefficace. “Servono misure concrete“, ha aggiunto Gentiloni, secondo il quale occorre anche “una battaglia politica e culturale per isolare i terroristi e non identificarli con l’islam“, il che però contrasta con l’autoidentificazione dei jihadisti come difensori del ‘vero islam’, quello letterale del Corano e della Sunna.

Sulle vignette di Charlie Hebdo, Gentiloni ha detto “io le pubblicherei. Ci deve essere un limite alla realpolitik“, perché “una delle nostre libertà fondamentali è la libertà di espressione. Sarebbe un errore fatale rinunciare alle nostre libertà“.  

Per quanto riguarda la situazione in Ucraina, secondo il ministro, occorre cercare “di imporre ai separatisti di dismettere i loro atteggiamenti aggressivi“, ma Gentiloni esclude “la possibilità che l’Italia o l’Ue possano mandare armi all’Ucraina“. Quindi preghiera e dialogo?

Circa le polemiche sollevate dall’eventuale riscatto pagato dall’Italia per la liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo – le cooperanti bricoleurs andate in Siria come si va a far beneficenza in parrocchia (comunista, ça-va-sans-dire) – Gentiloni ha detto che “l’Italia ha sempre avuto la stessa politica su questo tema da 10-15 anni. È la stessa politica di quasi tutti i Paesi occidentali. Nel 2014 nella stessa zona della Siria (in cui erano tenute prigioniere Greta e Vanessa, ndr) sono stati liberati altri 9 ostaggi occidentali”. Tuttavia, ha precisato il titolare degli Esteri “c’è poi il diritto e il dovere di riserbo dello Stato“.

Riferendosi invece al caso dei due fucilieri della Brigata San Marco – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – ostaggi da quasi tre anni dell’insulsa posizione italiana e dell’illegale comportamento del governo e della magistratura indiana, Gentiloni ha riproposto la litania che si sente ormai da troppo tempo: “negli ultimi mesi si è aperto un filo di dialogo e contatto fra i due governi” e questo dialogo dovrebbe “portare ad una soluzione definitiva del caso“. Tuttavia sui tempi entro cui si potrà concludere questa vicenda – definita “dolorosa e complicata” – il ministro degli Esteri ha taciuto indecorosamente.

Che fine ha fatto l’arbitrato internazionale, tanto sventolato anche da chi ha preceduto Gentiloni alla Farnesina, Emma Bonino e Federica Mogherini, per fare nomi e cognomi? Scomparso.

Ma il capolavoro del Governo in politica estera è anche aver cancellato dall’agenda la situazione che coinvolge Daniele Bosio, ambasciatore in Turkmenistan, sospeso troppo velocemente dall’incarico perché inquisito nella Filippine per una storia tanto clamorosa quanto infondata, con prove inesistenti, tentativi di influenzare la corte persistenti e una rappresentanza diplomatica italiana a Manila inconsistente, opaca nelle procedure e con un lezzo di incompetenza evidente e colpevolmente tollerato, malgrado le segnalazioni di semplici cittadini italiani non assistiti in modo adeguato in terra filippina. 

Sull’argomento però il silenzio di Gentiloni è causato da un certo disinteresse della ‘grande stampa’, che probabilmente non trova sufficientemente interessante trattare il tema di un diplomatico “sequestrato” da un Paese straniero con una manovra giudiziaria che appare – in tutta la sua articolazione – infondata e contraria alle qualità personali, etiche e professionali di un servitore dello Stato. A pochi viene in mente che una ‘manovra’ che colpisca (con totale infondatezza, ovviamente) un diplomatico italiano, colpisce ipso facto l’Italia in quanto tale.

Sicché se i giornalisti non chiedono, il ministro degli Esteri tace, non dice, finge che il problema non esista. Del resto, sia attraverso i social media che in via diretta con missive ad hoc, Gentiloni sull’affaire Bosio mantiene un comportamento univoco e costante: il silenzio (vergognoso). Uomini di governo…

(Credit: Adnkronos, Agenzie) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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