Ucraina, accordo tra le quattro teste di Minsk: ma ne mancava uno, Obama. Putin, “Tregua dal 15 febbraio”

Al termine della lunga maratona negoziale nella capitale della Bielorussia, il presidente russo ha dato il via libera, convincendo i separatisti. “Stop bagno di sangue, ritiro armi pesanti”. Merkel: “Concreta possibilità di risolvere il conflitto”. Il Fondo monetario internazionale fornirà a Kiev un finanziamento di 17,5 miliardi di dollari in cambio di riforme “ambiziose”. Il vero vincitore è il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, ‘l’ultimo dittatore d’Europa’ (fonte: Casa Bianca…). Perde clamorosamente il processo di integrazione europea, malgrado Renzi: l’Unione Europea ne esce tumefatta

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Minsk – Le teste riunite nella capitale bielorussa hanno raggiunto un accordo di base per porre fine alla vergogna della guerra nell’Ucraina orientale, che ha molti padri e tutti figli di buona donna (politicamente parlando). Ragioni e torti si mescolano, formando una melma maleodorante, da cui però si possono distinguere almeno quattro odori fetidi, provenienti da:

  1. l’incompetenza dell’Amministrazione Obama, che ha cercato la porcata in Europa per coprire il fallimento della politica estera democratica degli ultimi mandati presidenziali (prima con il molestatore sessuale seriale Clinton, poi con l’inetto Obama);
  2. l’orgoglio russo ferito, che ha ribaltato sulla popolazione civile dell’Ucraina orientale – alimentando i separatisti di ogni genere di conforto bellico – le pur giuste istanze di protezione della popolazione russofona, minacciata da un antistorico sciovinismo ucraino, e la pretesa di riavere la Crimea, da sempre terra russa, nonostante i giochetti imperialisti  d’epoca sovietica;
  3. la pessima qualità della classe dirigente ucraina, che ciurla nel manico per risvegliare i fantasmi di una guerra europea che non serve ad alcuno e per negare un’altra verità storica: le relazioni genetiche con la Russia, con cui condivide peraltro una doppia anima europea e slava. Non incompatibili, in un mondo globalizzato;
  4. la cialtroneria europea di una Confederazione immobile, ancorata alle virgole dei bilanci, che mette in ginocchio 11 milioni di greci (che non sono senza colpa, ma sono nostri concittadini, depositari dei semi fondamentali della democrazia moderna), gioca a ‘Risiko’, ma non si mette d’accordo su cosa fare da grande: uno Stato federale che sia casa di tutti e per tutti.

Ecco allora che le teste di Minsk hanno pure trovato l’accordo di un cessate il fuoco dalla mezzanotte di domenica 15 febbraio (le 22 di sabato in Italia) e al ritiro della armi pesanti, come precisato da Vladimir Putin, che almeno ci ha messo la faccia, andando in Bielorussia e costringendo i leader separatisti – i presidenti delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, Aleksandr Zakharcenko e Igor Plotnitski – a firmare l’accordo che potrebbe salvare la finta pace europea.

Dopo 15 ore di negoziato, Putin ha detto che si è riusciti “a trovare un accordo sull’essenziale“, ribadendo la richiesta a tutte le parti in conflitto “di fermare il bagno di sangue e lanciare un vero processo di pace prima possibile“.

Chi vince, chi pareggia e chi perde a Minsk

Dei quattro leaders politici – il presidente russo Vladimir Putin, il presidente ucraino, Petro Poroshenko, il presidente francese, François Hollande, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel – riuniti dalle 18.30 di mercoledì pomeriggio, il vero vincitore (comunque vada) è il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, ‘l’ultimo dittatore d’Europa’, secondo gli americani, riuscito a far riemergere la Bielorussia dall’isolamento in cui l’ha cacciata la sua cricca mafio-sovietica.

Putin, se davvero riuscirà a riportare a più ragionevoli (e razionali) consigli i leaders separatisti, dovrà essere annoverato tra chi pareggia, con molto coraggio, qualche infamia e senza lode questa stupida guerra fratricida.

L’Ucraina ha perso una grande e storica occasione: riuscire a essere cerniera e catalizzatore di una nuova relazione tra Europa e Russia, da cui – come detto – ha in comune un’anima a due facce. La finta battaglia delle libertà di Maidan è stata un laboratorio di geopolitica in cui si è cercato (e forse si sta continuando a cercare) di cavalcare progetti fantasiosi da film dell’orrore: le comparse in salsa simil-nazista, viste a Kiev, lo testimoniano in modo eloquente.

Ma i veri perdenti di questa brutta pagina di storia, che speriamo si possa raddrizzare sul filo di lana, sono Barack Obama e l’Unione Europea.

Barack Obama è semplicemente il peggiore presidente americano, fallito in politica estera sulla linea altrettanto fallimentare di Bill Clinton. Aver provocato i russi – sminuendone il ruolo geopolitico come ‘potenza regionale‘ – è stato un atto idiota, un errore strategico, una stupidaggine. La Russia serve – servirebbe – come potenza globale di un Asse Trans-Atlantico, per la costruzione di una grande area democratica che vada dall’Alaska alla Siberia a Nord e dall’Islanda alla Giordania a Sud.

Invece, Obama è andato a pisciare nel giardino della Russia, quell’Ucraina che si sta usando per scatenare una guerra generale suicida per l’Occidente, mentre gli islamisti attaccano da Sud e la Cina e l’India guardano divertite da Oriente. Che idiozia. 

L’Unione Europea esce dal vertice di Minsk in gravissima crisi confusionale e istituzionale.

Il processo di integrazione europea è e appare bloccato da Stati nazionali come Germania e Francia, illusi nel pensare di poter governare singolarmente la globalizzazione che ha definitivamente tolto, invece, ogni ruolo agli Stati nazionali europei sviluppatisi in modo progressivo dalla fine della Guerra dei Trent’anni (1648) alla Seconda Guerra Mondiale. L’unica svolta vera sarebbe l’avvio di una fase costituente federale per l’Europa, ma si continua a fingere per mentire ai propri cittadini, fingere per far finta che tutto sia come prima, fingere per nascondere il fatto che ogni Stato nazionale europeo è oggi incapace di agire come protagonista sulla scena globale

Per il negoziato diarchico franco-tedesco condotto a Minsk non esiste alcun riferimento giuridico nei Trattati europei e comunitari: è politica estera di Francia e Germania, di cui beneficerà (o pagherà un prezzo) l’Europa solo in via subordinata, di riflesso. 

L’assenza di Federica Mogherini è la plateale rappresentazione di questa sconfitta, di questo stato pre-comatoso delle istituzioni confederali europee, non in grado di esercitare alcun potere e svolgere alcun ruolo nella politica internazionale.

Il video del deputato europeo della Lega Nord, Gianluca Buonanno, in Aula al Parlamento Europeo sta spopolando in rete, amplifica le parole maleducate e offensive verso le Istituzioni, parole anzitutto che mortificano Buonanno, un cafone.

Tuttavia, facendo la tara all’inciviltà, la situazione certifica l’inettitudine europea di fronte alle crisi del mondo. Non si tratta di bersagliare Federica Mogherini con aggettivi e considerazioni da taverna, ma di evidenziare – a prescindere da Buonanno – che l’Europa non c’è: ci sono burocrati pagati profumatamente e beneficiari di posizioni assolutamente teoriche quanto inutili

L’Unione Europea rischia di perdersi dopo l’Ucraina, ma le teste di Minsk non se ne sono accorti.