Libia, Gheddafi rewind: «O me o Al-Qaeda. L’Europa tornerà ai tempi del Barbarossa». Le responsabilità italiane

La celebre intervista di Laurent Valdiguié per il ‘Journal du Dimanche’ pubblicata il 7 marzo 2011 (con traduzione di Daniela Maggioni) sul ‘Corriere della Sera’. Meno di quattro anni, ma ne sembrano passati 30. Tra profezia e analisi dello scenario mediterraneo ancora modificabile prima del “si salvi chi può”. Con un occhio particolare alle responsabilità italiane. Il colonnello Gheddafi disse: «Il Consiglio di sicurezza non ha titolo per immischiarsi nelle nostre questioni interne. Se l’Onu vuole fare un’inchiesta, venga pure». E ancora: «Osama Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan o in Pakistan»

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Roma – Sono passati meno di quattro anni da quando il colonnello Muhammar Gheddafi rilasciò un’intervista al giornalista francese Laurent Valdiguié, per il ‘Journal du Dimanche‘, che poi fu ripresa in Italia dal ‘Corriere della Sera’. A questa intervista molti osservatori internazionali sono tornati, trovando in alcuni passaggi perfino l’impronta della profezia

Senza mischiare sacro e profano, tra analisi di scenario e profezia la differenza è tanta, ma fu proprio la capacità analitica di Gheddafi a essere confusa per auto-promozione, per un metodo utile a salvarsi lo scalpo e a sopravvivere alle cosiddette primavere arabe, che non furono affatto delle primavere e non portarono quell’aria nuova di libertà e progresso nelle menti di alcuni benpensanti europei e americani (tutti di sinistra) e qualche arnese neocoloniale e tardo revanchista come Nicolas Sarkozy che – essendo francese di acquisizione e non di sangue – tentò di ridare un ruolo alla Francia nel Maghreb arabo a spese dell’Italia in un contesto di ‘retribuzione’ dell’analogo ‘sgarbo’ italiano ai tempi di Craxi e Bourghiba: è un vizio dei convertiti essere più realisti del re.

Sicché, in quel folle 2011, Sarkozy decise di tirare giù il colonnello fondatore della Jamahiriya, aprendo la porta all’inferno dell’islamizzazione radicale nel Nord-Africa insieme a quella calamità per l’Umanità e gli Stati Uniti del presidente Barack Obama, probabilmente il peggiore presidente americano degli ultimi 150 anni.

Alla luce delle parole di Gheddafi, con un rewind consentito dalle moderne tecnologie, possiamo ben dire che Sarkozy tentò di superare Obama per idiozia e ci riuscì. Con il colonnello i fondamentalisti islamici avevano dovuto fare i conti diverse volte, con operazioni coperte dalla tradizionale riservatezza araba

Ammazzato in malo modo Gheddafi, perché non parlasse del sostegno finanziario proprio all’ex presidente francese ai tempi dell’elezione all’Eliseo, tutto è diventato possibile e tutto può accadere.

Eppure, dalle vicine Tunisia ed Egitto, arrivano segni contrari di contro-primavera, ma con le potenzialità di una nuova estate sociale e politica, che dia nuovo fiato a queste nazioni mediterranee piene di Storia di tradizioni e forse all’inizio (promettente) di un processo di transizione alla modernità politica e istituzionale ispirata ai valori della libertà. Valori che sono occidentali nella più recente formulazione, ma – come affermato da eminenti personalità arabe e musulmane, da al-Sisi alla regina Rania di Giordania – sono valori dell’Umanità che rischiano di mischiare le sataniche divisioni dei fondamentalisti islamici con i musulmani in cerca di una formulazione dei principi religiosi con la realtà immanente.

Serve quindi rileggere Gheddafi come atto di giustizia storica, ma anche come documento per capire gli errori e non ripeterli.

Serve allora capire chi, in Italia, consentì lo scempio delle speciali relazioni tra l’Italia e la Libia del colonnello e che trascinò il Paese nell’area del tradimento, da cui però – a tempo quasi scaduto – si può rimediare, sostenendo la libertà dei libici e il Parlamento eletto, di cui è espressione il Governo legittimo, quello guidato dall’ex ministro della Difesa Abdullah al-Thinni.

Per trovare i nomi e cognomi non occorre uno sforzo di fantasia: basta capire chi fosse al Quirinale e a Palazzo Chigi nel 2011 e 2012. Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi (tenuto in ostaggio e caduto proprio poco dopo che Gheddafi fosse barbaramente assassinato e il suo corpo vilipeso), Mario Monti, con annessi e connessi.

Costoro probabilmente sfuggiranno alle conseguenze penali dei loro comportamenti, ma hanno già guadagnato una sonora bocciatura storica e politica.

Intervista di Laurent Valdiguié, ‘Journal du Dimanche’, pubblicata il 7 marzo 2011 (con traduzione di Daniela Maggioni) sul ‘Corriere della Sera’

Qual è la situazione oggi? «Vede… Sono qui…».

Cosa succede?
«Tutti hanno sentito parlare di Al Qaeda nel Maghreb islamico. In Libia c’erano cellule dormienti. Quando è esplosa la confusione in Tunisia e in Egitto, si è voluto approfittare della situazione e Al Qaeda ha dato istruzioni alle cellule dormienti affinché tornassero a galla. I membri di queste cellule hanno attaccato caserme e commissariati per prendere le armi. E’ successo a Bengasi e a Al-Baida, dove si è sparato. Vi sono stati morti da una parte e dall’altra. Hanno preso le armi, terrorizzando la gente di Bengasi che oggi non può uscir di casa e ha paura».

Da dove vengono queste cellule di Al Qaeda?
«I leader vengono dall’Iraq, dall’Afghanistan o anche dall’Algeria. E dal carcere di Guantanamo sono stati rilasciati alcuni prigionieri».

Come possono convincere i giovani di Bengasi a seguirli?
«I giovani non conoscevano Al Qaeda. Ma i membri delle cellule forniscono loro pastiglie allucinogene, vengono ogni giorno a parlare con loro fornendo anche denaro. Oggi i giovani hanno preso gusto a quelle pastiglie e pensano che i mitra siano una sorta di fuoco d’artificio».

Pensa che tutto questo sia pianificato?
«Sì, molto. Purtroppo, gli eventi sono stati presentati all’estero in modo molto diverso. E’ stato detto che si sparava su manifestanti tranquilli… ma la gente di Al Qaeda non organizza manifestazioni! Non ci sono state manifestazioni in Libia! E nessuno ha sparato sui manifestanti! Ciò non ha niente a che vedere con quanto è successo in Tunisia o in Egitto! Qui, gli unici manifestanti sono quelli che sostengono la Jamahiriya».

Quando ha visto cadere, in poche settimane, i regimi di Tunisia e Egitto, non si è preoccupato?
«No, perché? La nostra situazione è molto diversa. Qui il potere è in mano al popolo. Io non ho potere, al contrario di Ben Ali o Mubarak. Sono solo un referente per il popolo. Oggi noi fronteggiamo Al Qaeda, siamo i soli a farlo, e nessuno vuole aiutarci».

Quali opzioni le si offrono?
«Le autorità militari mi dicono che è possibile accerchiare i gruppuscoli per lasciare che si dileguino e per portarli pian piano allo sfinimento. Questa è gente che sgozza le persone. Che ha tirato fuori i prigionieri dalle carceri, distribuendo loro le armi, perché andassero a saccheggiare le case, a violentare le donne, ad attaccare le famiglie. Gli abitanti di Bengasi hanno cominciato a telefonare per chiederci di bombardare quella gente».

Le inchieste delle organizzazioni umanitarie parlano di 6.000 morti. Contesta questa cifra?
(Risata). «Le porto un esempio. C’è un villaggio abitato da meno di mille persone, compreso il segretario del comitato popolare. E’ stato detto che lui era in fuga verso l’estero. Invece, era qui, con me, sotto la mia tenda! E’ stato detto che c’erano stati 3.000 morti in questo villaggio che ne conta 1.000, e resta un luogo tranquillo, dove la gente non guarda nemmeno la tv».

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha preso una risoluzione contro la Libia…
«Non è competente per gli affari interni di un Paese. Se vuole immischiarsi, che invii una commissione d’inchiesta. Io sono favorevole».

Dal 1969 lei ha conosciuto 8 presidenti americani. L’ultimo, Barack Obama, dice che lei deve «andarsene» e lasciare il Paese…
«Che io lasci cosa? Dove vuole che vada?».

La Cirenaica è una regione dove lei ha sempre avuto dei detrattori. Non c’è richiesta di una più grande autonomia, di federalismo?
«È una regione poco popolata, che rappresenta il 25% della popolazione. Nel piano attuale, le abbiamo accordato 22 miliardi di dollari di investimenti. E’ una regione della Libia un po’ viziata»

[…]

A sentir lei, tutto va bene».
«Il regime qui in Libia va bene. E’ stabile. Cerco di farmi capire: se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione, a Bin Laden, a gruppuscoli armati. Migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Avrete Bin Laden alle porte».

Lei agita lo spettro della minaccia islamica…
«Ma è la realtà! In Tunisia e in Egitto c’è il vuoto politico. Gli estremisti islamici già possono passare di lì. Ci sarà una jihad di fronte a voi, nel Mediterraneo. La Sesta Flotta americana sarà attaccata, si compiranno atti di pirateria qui, a 50 chilometri dalle vostre frontiere. Si tornerà ai tempi di Barbarossa, dei pirati, degli Ottomani che imponevano riscatti sulle navi. Sarà una crisi mondiale, una catastrofe che dal Pakistan si estenderà fino al Nord Africa. Non lo consentirò!».

Lei sembra pensare che il tempo giochi in suo favore…
«Sì, perché il popolo è frastornato per quel che accade. Ma voglio farle capire che la situazione è grave per tutto l’Occidente e tutto il Mediterraneo. Come possono, i dirigenti europei, non capirlo? Il rischio che il terrorismo si estenda su… (CONTINUA L’INTERVISTA COMPLETA QUI)