Media Libia, armi chimiche di Gheddafi in mano ai jihadisti dello Stato Islamico. Rischio guerra chimica sull’Italia?

Lo riferiscono fonti militari a condizione di anonimato al quotidiano Asharq Al-Awsat. Tra gli agenti chimici che ora potrebbero finire nelle mani dello Stato Islamico ci sarebbero il gas mostarda e il gas nervino. Dubbi sulla notizia, che contrasterebbe con la distruzione dell’arsenale non convenzionale di Gheddafi. Opac conferma: c’erano “115 tonnellate di isopropanolo” nel sito di Ruwagha. Manifestazioni a Bengasi a sostegno del generale Khalifa Haftar: slogan anti-americani e anti-britannici. Usa e GB considerati supportes indiretti dei jihadisti

Roma – (AGGIORNAMENTO 3) Secondo fonti giornalistiche libiche, vicine alle forze armate legittime, milizie jihadiste si sarebbero impossessate di armi chimiche dell’arsenale un tempo appartenuto al regime del colonnello Muammar Gheddafi. Queste armi erano custodite in arsenali situati nelle province centrali e meridionali20140830-wmd-defense-655 della Libia.

Le fonti militari hanno riferito questa informazione – a condizione di mantenere l’anonimato – al quotidiano Asharq Al-Awsat.

Sfortunatamente ci sono (armi chimiche, ndr) in luoghi noti alle milizie, che sono entrate in possesso di grandi quantità di queste e le usano nella loro guerra contro l’esercito” libico, ha detto la fonte militare.

Tra le armi chimiche, che ora potrebbero essere finite già nelle mani dei miliziani del sedicente Stato Islamico, il militare cita l’Yprite o gas mostarda, il gas nervino e il Sarin.

Se confermato, il possesso di armi chimiche da parte delle milizie jihadiste comporterebbe una sensibile elevazione del rischio per l’Italia e per l’apparato militare e di protezione civile che opera nell’assistenza ai migranti. Nessuno scenario, a tal proposito, andrebbe sottovalutato

Va rilevato tuttavia che ove fosse confermata, la notizia contrasterebbe anche con quella della distruzione totale dell’arsenale chimico del regime della Jamahiriya del Colonello, distruzione che fu conclusa tra febbraio e maggio del 2014, come accertarono il direttore generale dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac, nell’acronimo italiano, Opwc in quello ufficiale, che sta per Organization for the Prohibition of Chemical Weapons), il turco Ahmet Uzumcu, e i rappresentati di Usa, Germania e Canada che fornirono assistenza tecnica alla Libia per eliminare i pericolosi gas. 

Tuttavia, lo scorso mese di settembre, l’Opac lanciò l’allerta su 850 tonnellate di precursori (ossia di sostanze che possono essere trasformate in armi chimiche), tra cui 115 tonnellate di isopropanolo, stoccate nel sito di Ruwagha, nel deserto del sudest della Libia. Il timore era che finissero in mani sbagliate. 

Lo stesso Gheddafi aveva peraltro iniziato a distruggere l’arsenale non convenzionale nel 2004, quando – temendo di fare la fine di Saddam Hussein – aveva concluso un accordo con Washington per porre fine al suo programma di ricerca finalizzato alla produzione di armi di distruzioni di massa.

La conferma indiretta dell’Opac – sulla presenza dei ‘precursori’ delle armi chimiche – modifica la situazione nel teatro libico, anche da parte egiziana e tunisina, le cui forze di sicurezza ora sono obbligate ad agire con misure di sicurezza attive e di contromisure per affrontare potenziali attacchi chimici. È nota infatti la presenza di chimici tra le fila del sedicente Stato Islamico, per i quali sarebbe un gioco da ragazzi produrre armamento non convenzionale anche con metodi poco sicuri. Chi mette nel bilancio la propria morte per causare lo sterminio altrui – fidandosi del compenso divino in termini di vergini in attesa in Paradiso – non ha bisogno di agire nella garanzia che esistanto le minime condizioni di sicurezza sul posto di lavoro. 

Stante a quanto riferisce il Libya Herald, a Bengasi ieri si sono di nuovo svolte manifestazioni a sostegno del generale Khalifa Haftar, durante le quali è stato chiesta la nomina del promotore della Operazione Dignità della Libia come Capo del Consiglio Militare della Libia, ossia di comandante in capo delle forze che 20150221-bengasi-pro-haftarsostengono il governo di Tobruk guidato da Abdullah al-Thani, espressione del parlamento eletto a giugno, rifugiatosi nella città della Libia Orientale per sfuggire alle minacce delle milizie islamiste coagulatesi con lo Stato Islamico e dalle milizie del cosiddetto governo di Tripoli, guidato da Omar al-Hasi, ed espressione golpista degli islamisti dei Fratelli Musulmani egiziani.

Durante la manifestazione a Bengasi sono state date alle fiamme bandiere britanniche e americane e proferiti slogan anti-americani e anti-britannici. Gran Bretagna e Stati Uniti sono indicati come colpevoli di supportare indirettamente gli islamisti del sedicente Stato Islamico.

AGGIORNAMENTO 3, 22/02/2015, ORE 01:06:12 | (Credit: Adnkronos, Libya Herald, AGI) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Se hai gradito questo articolo, clicca per favore “Mi piace” sulla pagina Facebook di The Horsemoon Post (raggiungibile qui), dove potrai commentare e suggerirci ulteriori approfondimenti. Puoi seguirci anche su Twitter (qui) Grazie in anticipo!