Birra, Coldiretti plaude al sistema produttivo italiano. Vola l’export italiano +13% e la metà va in Gran Bretagna

In occasione di “Beer Attraction International Craft Breweries Show”, in corso a Rimini Fiera, l’associazione dei coltivatori diretti ha reso nota un’analisi su base Istat relativa ai dati delle vendite dei primi dieci mesi del 2014. Come vendere il ghiaccio agli esquimesi, i birrai italiani artigianali ottengono uno straordinario successo nel Regno Unito, dove la birra è la bevanda nazionale. Italians…do it better

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Roma – “Italians do it better“, scriveva Madonna Ciccone rinverdendo le italiche capacità amatorie. E, potete scommetterci, gli italiani riusciremmo a vendere il nostro ghiaccio agli Esquimesi.

Un’impresa analoga l’hanno compiuta i birrai artigianali italiani, che nel 2014 hanno messo il turbo alle esportazioni nel mondo del loro prodotto, con un aumento del 13% nei quantitativi rispetto all’anno precedente, con oltre metà delle esportazioni dirette in Gran Bretagna.

Appunto come vendere ghiaccio agli Esquimesi, visto che la birra è bevanda nazionale della Perfida (una volta) Albione, dove però si diffonde nei pub il consumo di birra artigianale italiana. 

Un dato straordinario, comunicato da Coldiretti durante “Beer Attraction International Craft Breweries Show“, la kermesse sulla birra in corso a Rimini Fiera, aperta al pubblico oggi, mentre 20150222-BeerAttraction-2-320x215lunedì e martedì sarà riservata agli operatori di settore. L’associazione degli agricoltori italiani – vera fanteria di presidio dell’agroalimentare tricolore – ha analizzato i dati Istat dei primi mesi del 2014, rilevando questo straordinario risultato. 

A sostenere le esportazioni, sottolinea infatti Coldiretti, è anche il boom della produzione artigianale di birra Made in Italy, con oltre 600 microbirrifici nel 2014 rispetto alla trentina censiti dieci anni fa, in netta controtendenza con la crisi. La produzione di 30 milioni di litri di birra artigianale italiana, destinati per il 10% all’esportazione, rappresenta anche una forte spinta all’occupazione, soprattutto tra gli under 35, i più attivi nel settore, dove apportano profonde innovazioni di processo – che vanno dalla certificazione dell’origine a chilometri zero al legame diretto con le aziende agricole – ma anche di prodotto, come la produzione di specialità distintive o forme distributive innovative come i brewpub o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.

Un’offerta variegata in grado di soddisfare gli otre 30 milioni di appassionati consumatori di birra presenti in Italia, dove tuttavia il consumo procapite è di 29 litri/anno, molto poco rispetto a Paesi come Repubblica Ceca (con 144 litri pro capite/anno), Austria (107,8), Germania (105), Irlanda (85,6), Lussemburgo (85) o Spagna (82).

La produzione italiana di birra è sostenuta anche dalle coltivazioni nazionali di orzo, con un totale di circa 860.000 tonnellate nel 2014, su una superficie complessiva investita di circa 226.000 ettari. La filiera cerealicola e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali hanno stimato un contributo annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate, il 12% circa della produzione nazionale.

Da tempo Coldiretti ha stimolato, perseguito e avviato la politica delle filiere corte del “Made in Italy” agroalimentare, nel senso che il produttore partecipa, attraverso forme associate, fino alla gestione del prodotto finito sul mercato. Contestualmente, si sta potenziando su tutto il territorio nazionale la rete distributiva di “Campagna Amica“, presso cui il consumatore trova i prodotti firmati direttamente dal produttore in una sorta di vera tracciabilità di filiera.

Tale politica ha stimolato anche la nascita di talune iniziative progettuali nel segmento della birra artigianale o agricola, avviando una nuova imprenditorialità costruita con l’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore. In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, è però necessario – conclude Coldiretti – qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere.

Insomma, Italians do it better anche nella produzione di birra, ma a patto siano davvero Italians.

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