Libia, studio di ‘Rid’: 3.000 miliziani jihadisti al servizio del cosiddetto Stato Islamico

Grazie ai successi in Iraq e Siria e all’abilità della propria ala mediatica, lo Stato Islamico “si è affermato come il marchio principale nel panorama jihadista, superando quella ormai retrò di Al Qaeda”. L’equivalente di tre battaglioni in guerra contro gli infedeli (kuffar)

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Chiavari – “Ad oggi sarebbero già 2.000-3.000” i miliziani jihadisti che si richiamano al cosiddetto ‘califfato’ di Abu Bakr al Baghdadi operanti in Libia. “Ma come è stata possibile una crescita così rapida del fenomeno Isis anche in Libia? Innanzitutto, le scissioni continue tra i ranghi delle altre formazioni jihadiste, che hanno fatto in poco tempo lievitare gli affiliati al gruppo, e le decine di miliziani rientrati dalla Siria e dall’Iraq in Libia“.

Questo quanto si legge in un approfondimento sulla crisi libica pubblicata da ‘Rid‘ (Rivista Italiana Difesa) sulla situazione in Nord Africa sotto il profilo della sicurezza.

Stante all’analisi del mensile italiano, sulla situazione libica pesa “il tribalismo/fazionalismo locale che ha favorito la proliferazione di realtà pronte a dichiarare la propria fedeltà/appartenenza al Califfato per mere ragioni di convenienza, aderenza ad un marchio di successo e, dunque, in ultima analisi, per attrarre fondi e supporto economico“.

Grazie ai successi in Iraq e Siria e “all’abilità della propria ala mediatica – da questo punto di vista simbolico l’uso sistematico di video di decapitazioni mira proprio a veicolare l’immagine di una realtà “altra”, più radicale e violenta di Al Qaeda, sia per reclutare nuovi adepti sia per intimorire e minare il morale dei potenziali nemici” – il sedicente e autoproclamato Stato Islamico “si è affermato come il marchio principale nel panorama jihadista, superando quella ormai retrò di Al Qaeda, e diventando sempre più appetibile per tutti coloro che vogliono combattere per la causa dell’Islam o per chi lo vuole adottare in franchising o, ancora, per quei potenziali donatori (soprattutto del Golfo) desiderosi di fare un investimento sicuro su un marchio di successo“.

Per questa ragione, “in un Paese fuori controllo come la Libia“, il cosiddetto Stato Islamico “è in grado di reclutare senza problemi sempre nuovi adepti e far lievitare le proprie fila tanto che il gruppo è all’offensiva in diverse parti del nord della Libia approfittando della feroce lotta tra le forze del Generale Haftar e le forze che si richiamano alla Fratellanza Musulmana libica“.

Le formazioni che si richiamano al sedicente Stato Islamico “hanno la propria roccaforte nella città di Derna, la seconda più importante della Cirenaica da sempre culla del jihadismo libico, dove ha sede il ‘franchise’ ufficiale del Califfato che ha seguito le orme del gruppo algerino Jund al-Khilifa e di quello del Sinai egiziano Ansar Beit al-Maqdis“.

Qui ha sede un ‘nucleo storico’ di almeno 500-800 miliziani e sono presenti numerosi campi di addestramento. Ma da qualche mese, miliziani dei gruppi filo-Isis “hanno iniziato ad infiltrarsi anche a Tripoli, dove il 27 gennaio scorso un commando suicida ha attaccato l’hotel Corinthia, ed anche in altre città dell’ovest“.

L’equivalente di due corposi battaglioni militari ha l’obiettivo di annientare e sottomettere i kuffar (miscredenti). Noi, i musulmani che non si vogliono sottomettere a questo progetto totalitario, gli ebrei, da eliminare dalla faccia della Terra. Un progetto che accomuna il jihadismo neo-califfale al nazismo di Hitler del XX Secolo. Basta ricordarlo. 

(Adnkronos)

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