Siria: 274 cristiani rapiti dallo Stato islamico, donne stuprate e uccise. Vicario di Aleppo: “situazione drammatica”

Nuove, terribili testimonianze dall’area teatro dell’offensiva jihadista. Centinaia di fedeli nelle mani dei terroristi, fra cui anziani e bambini. Nunzio apostolico a Damasco: “Percezione di abbandono, sangue ovunque, sofferenza trasversale che colpisce tutti”. Il vicario apostolico di Aleppo parla di “inutile guerra al terrorismo: basta vendere armi, non comprate il loro petrolio”

Foto di archivio
Foto di archivio

Damasco – “Si parla di oltre 90 fedeli rapiti, ma secondo alcuni il numero ancora più grande, forse 150; una chiesa è stata distrutta, almeno tre villaggi di rito assiro sono stati occupati, la gente è dovuta scappare. Non abbiamo ancora notizie esatte, ma dalle prime testimonianze la situazione è drammatica“.

Questa la tragica testimonianza del vicario apostolico di Aleppo dei Latini, monsignor Georges Abou Khazen, ad AsiaNews, commentando l’attacco sferrato il 23 febbraio scorso dallo Stato islamico contro alcuni villaggi cristiani assiri nel nord-est della Siria. Colpiti numerosi centri fra cui Tel Tamr, Tel Shamiran, Tel Hermuz, Tel Goran e Tel Khareta. Testimoni riferiscono che una donna sarebbe stata prima violentata, poi uccisa dai jihadisti, ma non vi sono al momento conferme ufficiali.

Il Nunzio apostolico a Damasco monsignor Mario Zenari sottolinea che “fra i cristiani regna una percezione di abbandono” di fronte a una “sofferenza trasversale, che colpisce tutti“. 

Per il presidente del Consiglio Nazionale Siriaco, Bassam Ishak, il numero aggiornato dei cristiani sequestrato è di almeno 150, molti più dei 90 ipotizzati in un primo momento. Fonti in contatto con i resistenti hanno però innalzato il bilancio: sarebbero 274 i cristiani sequestrati e tenuti in ostaggio dai miliziani del sedicente Stato Islamico. Ad affermarlo Nineb Lamassu, uno scrittre in contatto telefonico con Khabour, centro della battaglia. 

L’attacco ha interessato il governatorato nord-orientale di Al-Hasakah, in un’area abitata da antiche comunità cristiane assire che da secoli vivono nella zona. I miliziani dello Stato islamico avrebbero anche iniziato ad uccidere alcuni ostaggi.

Resistenti assiri di una forza di difesa combattente (foto Facebook)
Resistenti assiri di una forza di difesa combattente (foto Facebook)

Una fonte locale, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ha affermato che “i jihadisti hanno prelevato moltissime persone, fra cui donne, anziani e bambini… Hanno bruciato le loro abitazioni, anche anche dato alle fiamme una chiesa“. Sarebbero “almeno sei” le persone uccise, i terroristi “hanno anche violentato una donna, prima di ucciderla”, ma come detto non ci sono conferme ufficiali, ammesso servissero a qualcosa.

Il Consiglio militare siriaco, organizzazione paramilitare cristiana, ha spiegato che l’attacco ai villaggi cristiani sarebbe una vendetta da collegare alla sconfitta subita a Kobane e in altri villaggi della zona, teatro di un’offensiva dei Peshmerga e di raid aerei della coalizione internazionale.

Una tesi condivisa dal Nunzio apostolico a Damasco che, interpellato da AsiaNews, ha sottolineato: “Sono calati dalle montagne verso le tre del mattino del 23 febbraio e hanno preso una zona abitata in gran parte da assiro-nestoriani“. Per monsignor Zenari era “un’area a rischio”, perché “già 4 o 5 mesi fa ho ricevuto un sms dal vescovo di Hassaké, in cui diceva che il pericolo di una invasione dei jihadisti era elevato”. Cacciati da Kobane, aggiunge il prelato, “si sono riversati su questi villaggi, per prendere altro terreno”. 

I cristiani vivono una “percezione di abbandono”, ha confermato il nunzio apostolico, ma le sofferenze “riguardano tutti i gruppi, vedo sangue ormai dappertutto: nelle città, nei quartieri, il deserto ormai ha cambiato colore, non è più giallo oro ma rosso sangue“. Il prelato ha auspicato che “prima o poi la ragione possa prevalere” e “la guerra finisca, deve finire”, anche se al momento “siamo ancora in pieno inverno, altro che primavera araba”. 

Il vicario apostolico di Aleppo si è rivolto all’Occidente e alla comunità internazionale affermando con forza che “l’intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta” per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e all’Iraq.

Non ho mai creduto nella guerra – precisa – perché essa crea ancora più odio e divisioni”. L’Occidente, prosegue il prelato, dice di combattere questi gruppi “ma li aiuta dall’altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?”. Monsignor Georges Abou Khazen vede molta “ipocrisia” nella lotta ai terroristi, “che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziarli a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta”. 

Il prelato ha ricordato inoltre che la comunità assira sotto attacco vive “da migliaia di anni nella zona, con le proprie tradizioni e riti antichissimi. Li hanno sradicati senza difesa alcuna. Si fanno campagne per salvare gli animali in via di estinzione, per lasciarli nel loro habitat – accusa – e per noi cosa si sta facendo davvero?”.

Fra i fedeli c’è un sentimento di paura, conferma monsignor Georges, “tanti vogliono scappare ed è un segnale molto pericoloso. Svuotare queste terre del cristianesimo è una disgrazia per tutti quanti. Forse si vuole dar vita a un altro Afghanistan, nelle mani dei nuovi talebani”. Questa è la nostra lettura, conclude il prelato, vogliono “svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali. Noi cristiani siamo gli unici sparsi per tutto il territorio di Siria e Iraq, siamo il solo elemento che difende l’unità del Paese e mantiene vivo il valore del pluralismo… un elemento che vogliono sempre più distruggere”.

(Credit: AsiaNews) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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