Il Governo affronterà il ‘pacchetto scuola’ con un ddl e non con un decreto. Assunzioni a settembre? Scordatele…

Il premier ai suoi collaboratori: “vedremo se Brunetta si oppone all’assunzione di 160mila insegnanti”, un metodo per buttarla in caciara. Saranno chiesti tempi certi al lavoro parlamentare. Il fulcro del provvedimento dovrebbe essere il maxipiano assunzioni annunciato nel settembre scorso dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Il nodo paritarie: la migliore gioventù statalista (e vagamente comunista) all’opera…

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Roma – Il ‘pacchetto scuola’ approda oggi in Consiglio dei ministri, dove sarà varato un disegno di legge, non un decreto come annunciato in precedenza dal Governo. “E vedremo le opposizioni“, avrebbe sottolineato Renzi ai suoi collaboratori secondo una versione benevola, mentre – stante a quanto riferisce ‘la Repubblica’ – l’ex sindaco di Firenze avrebbe detto una frase più grave: “e che Brunetta si assuma l’onere di non far assumere 160 mila precari della scuola“.

Un modo per girare attorno al problema, visto che ondeggia sulla testa dell’Italia la sentenza della Corte di Giustizia del Lussemburgo che obbliga lo Stato italiano ad assumere gli insegnanti precari che abbiano prestato la propria opera oltre i 36 mesi con un contratto a tempo determinato.

La spada di Damocle sulle casse dell’erario si chiama “valanga di azioni giudiziarie, con diversi miliardi di euro di richieste di risarcimento”. Tanto per chiamare le cose con il loro nome.

Sulla scuola, ha spiegato sempre il presidente del Consiglio al suo entourage, voglio dare un messaggio al Parlamento, riprendendo lo spirito delle dichiarazioni delle opposizioni e del presidente della Repubblica. Non un decreto legge, ma un disegno di legge che richiede però tempi più lunghi, malgrado il Governo chiederà “tempi certi al lavoro parlamentare”.

Ossia, il Governo non si prende la responsabilità di un decreto, ma scarica sul Parlamento la responsabilità di attuare norme decise dall’esecutivo con la minaccia di ribaltare sulle opposizioni la ‘colpa’ dei ritardi e dell’eventuale impossibilità di assumere a settembre 180 mila precari. Infatti, dall’entourage del cosiddetto premier (cosiddetto perché l’istituto del ‘primo ministro’ o ‘premier’ in Italia non esiste, quanto meno ancora) trapelano i presupposti per la speditezza dei lavori parlamentari: occorre che tutti siano rispettosi e attenti, che non vi sia ostruzionismo, che le ragioni di urgenza siano di fatto rispettate dal normale dibattito parlamentare reso monco dalle minacce dell’esecutivo

Il fulcro del provvedimento dovrebbe essere il maxipiano di assunzioni annunciato nel settembre scorso dal ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ma che è nebuloso sulle reali cifre. Il piano per stabilizzare i ‘precari storici’ – circa 140mila precari delle Gae (graduatorie ad esaurimento) avrebbe subìto, infatti, importanti modifiche. Dovrebbero – ma il condizionale è d’obbligo come mai, visto il continuo aggiornamento delle cifre – restare dentro le graduatorie ad esaurimento circa 30mila persone, quelle che “non insegnano più da anni” cui sarà data la possibilità di accedere al nuovo concorso, circa 60mila posti, nel triennio 2016-2018.

Per le assunzioni di settembre andrebbe però chiarito lo scenario: inesistente. Scordatevele. Al momento evaporate nei fumi dei tatticismi parlamentari del PD e del Capo del PD. Lo sconcerto di Stefania Giannini, ministro della Pubblica Istruzione, è stato comunicato da fonti a lei vicina: “sono basita, avevamo messo a posto tutto, con un lavoro di cesello, faticosissimo”, riporta ‘la Repubblica‘. Che si aspettava Giannini, che Renzi avesse un tocco più delicato come segno di ringraziamento per la sua ‘resa’ senza condizioni da ‘Scelta Civica (pardon: adesione a un progetto più ampio, perché Scelta Civica era arrivata al capolinea)?

Altro nodo da sciogliere la questione delle scuole paritarie. Nel decreto dovrebbe essere inserita la possibilità di una detrazione fiscale per le famiglie che affidano la formazione dei propri figli alle scuole paritarie. Questione molto delicata, che pone su due fronti contrapposti coloro che richiedono l’applicazione, senza se e senza ma, del dettato costituzionale – che all’articolo 33 assegna ai privati il diritto “di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato” – e coloro che, considerando la scuola paritaria facente parte del sistema di istruzione pubblico, rivendicano finanziamenti ad hoc per consentire la libera scelta educativa delle famiglie.

Gli studenti sono sul piede di guerra definendola “una vergogna indicibile“: sulla base di studi storici e giuridici di cui però non c’è traccia nei programmi scolastici reali, affrontati nelle scuole? “I fondi alle scuole paritarie private – dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti – oltre a essere un vero e proprio spreco, sono uno schiaffo alla dignità alla scuola pubblica e alle migliaia di studenti, insegnanti e famiglie che le frequentano. La scuola pubblica vive una situazione drammatica, massacrata dai tagli degli ultimi sei anni e pensare di equiparare sulla scala delle priorità il finanziamento delle private – tagliano corto gli studenti, che promettono battaglia nelle piazze – è offensivo“.

Questa la premessa che vale per chiedere una legge sul diritto allo studio e il sostegno alle famiglie in difficoltà, misure che non sono incompatibili con un’eventuale detrazione fiscale per le famiglie che scegliessero scuole paritarie.

La scelta di una scuola paritaria spesso – soprattutto al Nord, ma non solo – è obbligata per quei genitori che hanno orari lavorativi (e luoghi di lavoro) difficili da coniugare con gli orari fissi e non flessibili della scuola pubblica. Una valutazione che – nel mondo reale, non nel mondo fantastico di quest’accozzaglia di statalisti ciechi, degni della migliore tradizione fascio-comunista – precede di gran lunga la motivazione successiva, attinente alla libertà di insegnamento e la qualità della formazione, che a dire il vero non sempre e non tutte le scuole paritarie offrono (e su cui, invece, lo Stato dovrebbe vigilare di più con adeguati strumenti ispettivi che non pregiudichino l’autonomia).

Ma sulle scuole paritarie lo stesso Pd sul punto si è diviso. Una trentina di parlamentari ha infatti firmato insieme ad altri colleghi – quali Rocco Buttiglione e Paola Binetti – una lettera a favore. E nel Governo l’Ncd su questo punto dovrebbe far valere il proprio peso, pena l’ininfluenza. 

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