“Resta di stucco, non è un barbatrucco!”, è la vita. Addio a Talus Taylor, creatore di Barbapapà

Americano, insegnante di matematica e biologia, insieme alla moglie francese Annette Tison, designer ed architetto, creò per caso i personaggi del fortunato cartone animato dopo aver visto un bimbo chiedere al papà di comprargli lo zucchero filato. Ne ha dato notizia ieri ‘Le Figaro’

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Parigi – Talus Taylor era un uomo molto riservato, tanto riservato da mantenere segreto il proprio decesso per oltre 12 giorni. Taylor è infatti morto a Parigi all’età di 82 anni il 19 febbraio scorso. Disegnatore e narratore, nato a San Francisco nel 1933, francese di adozione e di sentimenti, insieme alla moglie creò i personaggi della famiglia ‘Barbapapà’ (titolo originale in francese, Barbapapa) per una circostanza fortuita.

Passeggiando per i giardini di Lussemburgo, a Parigi, vide un bambino piccolissimo chiedere ai genitori di comprargli un “Baa baa baa baa”, fonetizzazione infantile che significava “”barbe-à-papa”: in francese ‘zucchero filato’. 

Così nacque la storia delle avventure della famiglia Barpapapà, composta da Barbapapà, Barbamamma e i loro sette figli, appassionati ecologisti e animalisti, armati di molto buon senso e di una visione del mondo rispettosa delle diversità, ma pienamente normale. 

Poco dopo Talus e Annette si ritrovarono a disegnare sulla tovaglia di un ristorante un personaggio dal colore rosa e rotondo: era nato Barbapapà, capostipite della famiglia impegnata nella difesa dell’ambiente, nella salvaguardia degli spazi verdi e nella protezione degli animali, al punto da costruire un’Arca di Noè per portarli in salvo dall’inquinamento umano.

Una famiglia nata per caso, ma neanche tanto in verità. Annette Tison era un architetto e designer, Talus Taylor insegnava matematica e biologia a San Francisco. Fatti due conti – e con l’aiuto della Mano Imponderabile che ispira sempre – cominciare a parlare di ambientalismo nel 1969, quando la serie debuttò, non era per niente facile, era quasi profetico. 

La serie a fumetti fu pubblicata all’inizio in Francia, a partire dal 1970, in seguito tradotta in oltre trenta lingue e in una serie innumerevole di libri. Il cartone animato Barbapapà – 45 episodi da 5 minuti ciascuno – fu interamente realizzata in Giappone nel 1974 da una produzione franco-nippo-olandese e arrivò nel nostro Paese il 13 gennaio 1976 da Rai2: fu il primo cartone animato giapponese a sbarcare in Italia. 

La famiglia ‘Barbapapà’, oltre al capo famiglia di colore rosa, è costituita da Barbamamma e da sette barbabebé, ognuno con una caratteristica specifica: Barbabella è viola, Barbaforte è rosso, Barbalalla è verde, Barbabarba è nero come la madre, ma peloso; Barbottina è arancione, Barbazoo è giallo e Barbabravo è blu.

La caratteristica principale dei Barbapapà è quella di modellare a proprio piacimento il corpo, assumendo la forma della cosa o dell’animale più indicato per risolvere una situazione. La trasformazione è sempre accompagnata dalla frase che diventerà il vero e proprio tormentone della serie: “Resta di stucco, è un barbatrucco“!

Sui social media si sono moltiplicati i saluti ‘alla Barbapapà’, alcuni anche molto toccanti. Filo conduttore generale – per chi ha passato gli …anta – è stato “se ne va un pezzo della mia fanciullezza e gioventù”, l’ennesima aggiungeremmo. 

Qualcuno però ha pensato (benissimo) di ‘arruolare’ Barbapapà nella lotta contro il sedicente Stato Islamico, trasformando Barbapapà in ‘torturatore’ di jihadisti, con un tempismo e una partecipazione emotiva degna di nota.

In fondo, chi di noi non sogna di colpire questi reietti dell’umanità con effetti speciali che li sorprendano e li rintanino nelle cantine della Storia, al limite degli inferi? E di sorprendere Abu Bakr al-Baghdadi con la più classica delle sorprese e sempre con il solito claim: “Resta di stucco, è un barbatrucco!“…

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