Libia: Matteo, Federica, Roberta, Paolo e Bernardino, cinque moschettieri per una balla sesquipedale

Il loro motto è: “fratelli con i Fratelli” (Musulmani, ça-va-sans-dire). Il Quintetto Cazzaro della politica internazionale mente sapendo di mentire sui due Governi al potere in Libia: c’è solo un governo legittimo, quello di Abdullah al-Thani. L’altro sedicente ‘governo di Tripoli’ è un governo insurrezionale sostenuto dai Fratelli Musulmani egiziani, che nel frattempo in patria sono stati ufficialmente dichiarati un ‘movimento terrorista’. Possibile che da allora – dicembre 2013 – nessuna notizia sia arrivata all’orecchio dei nostri eroi (si fa per dire)? Come scambiare il Governo di Salerno e quello di Salò nel 1943-45

Bernardino León Gross, inviato dell'Onu in Libia. Perora colloqui tra il governo legittimo e quello insurrezionale islamista sostenuto dai Fratelli Musulmani. Un'assurdità
Bernardino León Gross, inviato dell’Onu in Libia. Perora colloqui tra il governo legittimo e quello insurrezionale islamista sostenuto dai Fratelli Musulmani. Un’assurdità

Roma – Matteo Renzi, Federica Mogherini, Roberta Pinotti, Paolo Gentiloni e Bernardino León Gross sono cinque bravi ragazzi della sinistra europea. E sono cinque moschettieri bugiardi, portatori insani di una balla sesquipedale: che in Libia esistano due fazioni che dovrebbero unirsi per dar luogo a un governo di unità nazionale, che a propria volta dovrebbe combattere i jihadisti dell’Isis.

In cosa consiste la balla sesquipedale (vogliano, lor signori, notare la ripetizione: mai come oggi repetita iuvant…)? Proprio nell’esistenza di due governi. In Libia c’è un solo governo legittimo, quello guidato dal Primo Ministro Abdullah al-Thani. Trae la sua legittimità non già dal riconoscimento internazionale – che però giova – quanto dal fatto che sia espressione del Parlamento eletto nelle elezioni di giugno 2014.

20141015-khalifa-haftar-libia-655x436L’antefatto è l’azione militare lealista (ossia non contro il governo della Libia) avviata nel maggio 2014 dal generale Khalifa Belqasim Haftar, ex ufficiale dell’esercito libico di Muhammar Gheddafi, andato in esilio per 20 anni negli Stati Uniti (i maligni dicono grazie all’aiuto della CIA: ci meraviglieremmo del contrario, accidenti…) e tornato in patria per cercare di fermare la deriva islamista in cui sta scivolando il proprio Paese dopo l’improvvido intervento franco-britannico-americano che nel 2011 destituì l’ex dittatore libico.

Questa azione militare – denominata significativamente ‘Dignità della Libia’ – coagulò subito le forze armate regolari, che vegliarono sul processo elettorale del 25 giugno dello scorso anno, quando i partiti di ispirazione islamica – dati per favoriti alla vigilia – raccolsero invece le briciole, mentre le forze democratiche di ispirazione laica ottennero un successo preponderante, evitando nell’immediato la presa del potere da parte dei fautori della sharia.

La conseguenza fu una intensificazione degli scontri, tanto che deputati dei partiti democratici seduti nel Parlamento eletto furono costretti a fuggire precipitosamente dalla capitale Tripoli verso Tobruk – dove si installarono in un prestigioso hotel cittadino, trasformandone di fatto lo status in edificio governativo – sia per salvare la pelle individuale che la legalità dello Stato libico. Quel Parlamento e il governo che esprime sono riconosciuti dalla Comunità Internazionale come organi legittimi dello Stato Libico.

Nel novembre 2014, la Corte Suprema – su istanza di un deputato eletto in un partito islamista, Abderrauf al-Manai – dichiarò sciolto il Parlamento che si riuniva a Tobruk, accogliendo le osservazioni degli islamisti secondo cui non fosse giustificata la fuga dalla capitale. Dal proprio profilo Facebook un altro deputato democratico, Issam al-Jehani, affermò che la decisione della Corte Suprema fosse nulla, perché presa sotto la minaccia delle armi.

Che la situazione a Tripoli fosse difficile per i parlamentari democratici è un fatto acclarato: basta sfogliare la cronaca internazionale di quei giorni. Che le contestazioni islamiste fossero strumentali per disarcionare dal potere il governo legittimo e il Parlamento eletto a giugno fu altrettanto chiaro.

Di tutto questo i nostri Cinque Moschettieri della Balla Sesquipedale sembrano non sapere niente. Omertà.

Lo schieramento sul terreno libico oggi vede questi centri di potere.

Anzitutto il Governo di Abdullah al-Thani (Governo le-git-ti-mo!, nella foto in basso a destra), sostenuto da Egitto e da Emirati LIBYA-POLITICS-UNRESTArabi Uniti: i governi dei Paesi arabi che ci mettono la faccia (e anche altro…) nella lotta contro il jihadismo. Ci piacerebbe poter dire che il Governo libico gode dell’appoggio italiano (e in subordine europeo), ma non è così, contro ogni interesse nazionale italiano. Almeno in modo palese.Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate è stato nominato da poche settimane il generale Haftar, molto considerato tra i militari e tra i deputati eletti.

In secundis, il sedicente ‘governo di Tripoli’ guidato da Omar al-Hasi (nella foto in basso a sinistra), che esprime il ‘Nuovo Congresso Nazionale Generale’, ossia un Parlamento illegittimo che sostiene un governo insurrezionale, che ha l’appoggio politico di Turchia e Qatar, della ‘Fratellanza Musulmana egiziana e quello militare delle milizie islamiche che si sono raggruppate nella coalizione di Alba Libica (Lybia Dawn).

20150217-Omar-al-HasiInfine, la parte estremista è rappresentata dal ‘Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi‘, che è l’organo di governo di Ansar al-Sharia, vicina sotto il profilo religioso ai dettami della Fratellanza Musulmana, ma ancor più avanzata, avendo aderito mesi fa al progetto del sedicente ‘Stato Islamico’ autoproclamato dall’ISIS (Islamic State of Iraq and al-Sham).

Quando l’Italia e l’Unione Europea promuovono colloqui di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite tra Governo legittimo e il governo insurrezionale di al-Hasi, sostenuto direttamente da un movimento dichiarato ‘terrorista’ in Egitto (fin dal dicembre 2013), di fatto sostengono le milizie islamiste, contro tutti gli interessi nazionali italiani e, ripetiamo, europei.

Questo sostegno de facto mette sullo stesso piano le forze politiche che garantiscono la legalità dello Stato e le forze che cercano di abbattere la Libia, ossia legittima gli aggressori.

Il Quintetto Cazzaro promuove dunque colloqui incompatibili con la verità dei fatti, tranne che non si debbano archiviare tutti i principi democratici che reggono l’Occidente: e ammesso e non concesso che l’Italia faccia parte ancora dell’Occidente.

Come se nel 1943-45 gli Australiani avessero chiesto al Governo Badoglio del Regno del Sud (che mise al riparo i sigilli dello Stato e, così, la legalità statuale), riunito a Salerno, di condurre colloqui di pace con i rappresentanti della Repubblica di Salò. L’acqua santa e il diavolo allo stesso tavolo.

Se l’Italia appoggia questa posizione immorale, ci sarà un perché. Forse è una versione del ‘Lodo Moro 2.0‘ con cui l’Italia sta acquistando protezione dalle orde islamiche, perché siano impediti attacchi terroristici nel territorio italiano?

Sarebbe una scelta immorale e politicamente vergognosa.

Pensare male è peccato, però…

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