Thailandia, giunta militare cancella legge marziale, ma evoluzione non è positiva: introdotto “potere assoluto”

L’annuncio del Primo ministro ed ex generale Prayuth Chan-ocha arriva a 10 mesi dalla proclamazione dello stato di emergenza. Ma un articolo della nuova Costituzione concede di fatto poteri illimitati all’esercito. I soldati potranno arrestare anche senza un mandato, secondo il nuovo articolo 44 della Costituzione provvisoria. Nei giorni scorsi il premier ha minacciato di “giustiziare” i giornalisti non allineati

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Bangkok – La giunta militare al governo in Thailandia ha annunciato la cancellazione della legge marziale, che verrà però sostituita da “nuove leggi” che concederanno ai vertici dell’esercito una sorta di “potere assoluto”. In un discorso televisivo l’ex generale – e attuale Primo Ministro Prayuth Chan-ocha, mente del “golpe bianco” che ha portato ai vertici del governo i militari – ha annunciato la fine della legge marziale. Al suo posto verrà approvato un nuovo pacchetto riguardante la sicurezza, che si annuncia ancor più repressivo e che concederà all’esercito ancora più poteri rispetto al passato. Fonti diplomatiche americane – sotto condizione di anonimato – hanno espresso viva preoccupazione per provvedimenti che non si inseriscono certo nel solco dei diritti umani di base

Da qualche tempo il governo thai era oggetti di crescenti pressioni internazionali da parte di governi stranieri e gruppi attivisti, oltre che di uomini d’affari e imprese, per la rimozione della legge marziale. Norme che, sebbene non visibili nella vita di tutti i giorni – pochi i soldati a pattugliare le strade – hanno impaurito gli investitori stranieri e assestato un duro colpo al turismo locale, che vale il 10% del Prodotto interno lordo (Pil)

Nel suo intervento televisivo, il generale Prayuth ha annunciato che il re Bhumibol ha concesso l’approvazione formale alla rimozione della legge marziale. Tuttavia, essa sarà sostituita dall’art. 44 della nuova Costituzione, già oggetto di forti critiche da parte di movimenti pro diritti umani. Il nuovo articolo concede al Primo Ministro di emettere decreti legge per “bloccare o sopprimere” generiche “minacce alla sicurezza nazionale o alla monarchia”. In questo contesto i soldati potranno “in caso di incidente, arrestare le persone senza il bisogno di un mandato“. 

A conferma del clima di tensione che si vive nel Paese asiatico, nei giorni scorsi il premier Prayuth Chan-ocha si è rivolto ai giornalisti, minacciando di “giustiziare” quanti “non riferiscono la verità” nelle loro cronache, che devono essere invece fonte di “riconciliazione nazionale“. Un messaggio che conferma la politica seguita dal governo contro quanti – giornalisti, attivisti, oppositori politici – non aderiscono alla linea ufficiale. 

Dal 2005 la nazione è teatro di profondi scontri fra “camicie rosse”, vicine agli Shinawatra, popolari nelle campagne e nella fascia debole della popolazione, e “camicie gialle“, rappresentanti dei democratici, sostenuti dal ceto medio e dalle élite della capitale, guidati in Parlamento dall’ex premier Abhisit Vejjajiva. Nella primavera del 2010 gli scontri fra manifestanti e polizia hanno causato un centinaio di vittime, innescando un processo politico che ha portato a nuove elezioni e al provvisorio ritorno al potere della famiglia Shinawatra. 

Nel maggio scorso un nuovo intervento dell’esercito ha messo fine a mesi di stallo politico e proteste di piazza, che hanno causato almeno 27 morti, determinando la cacciata della premier  Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin, vincitrice alle urne con un ampio voto popolare.

Ora il Paese è sotto il controllo dei militari, con il capo delle Forze armate nominato Primo Ministro e il compito di riformare lo Stato, anche se si ignorano i contenuti di tali riforme e vi è il rischio di una deriva autoritaria. È stato proprio l’attuale premier ad aver architettato e guidato la sanguinosa repressione del 2010, ma nessun membro delle Forze armate è stato incriminato. Negli ultimi mesi si sono verificati diversi episodi di censure, repressione violenta del dissenso, censure dei media e condanne per lesa maestà.

(AsiaNews)

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