Le nuove frontiere della bioingegneria. La prima ‘mano bionica’ di nuova generazione è italiana

Bella e tecnologica, leggera, ridona il tatto, sta per essere testata sui pazienti. Secondo gli ideatori sarà leggera anche nel prezzo ed è in grado di trasformare il pensiero in movimento senza la necessità di un intervento chirurgico per essere impiantata. L’identikit della nuova mano bionica, in lega d’alluminio pesa meno di 500 g. Il racconto: “Cresciuto con la protesi proverò presto la nuova mano bionica

20150413-my-hand_primi_disegni-655x450


Pisa – Bella e indossabile senza chirurgia, pesa 500 grammi, è in lega di alluminio e consente 7 movimenti a chi la indossa, senza richiedere un intervento chirurgico per la sua applicazione. A svelare tutti i segreti della rivoluzionaria protesi bionica di mano, che restituisce il senso del tatto – sviluppata con il progetto ‘My-Hand’ – sono i ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Il coordinamento del progetto è stato affidato a Christian Cipriani, docente dell’Istituto di BioRobotica della Scuola.

Una persona amputata perde la capacità di sentire e di esplorare il mondo circostante, di utilizzare i movimenti per sostenere la parola e per esprimere emozioni. Gli scienziati hanno pensato di dotare la mano bionica di un aspetto antropomorfo a 5 dita; la protesi pesa meno di 500 g e ha dimensioni esterne comparabili a quelle della mano di una donna adulta.

È dotata di 3 motori elettrici e di una struttura in lega di alluminio, con un innovativo sistema brevettato di trasmissione per la flessione dell’indice e l’opposizione del pollice, basato su accoppiamento ‘a ruota di Ginevra‘.

L’elettronica di controllo è integrata nel dorso della mano, e la chiusura completa delle dita richiede meno di 1 secondo. Sono sette i movimenti e le prese possibili con la nuova mano bionica:

  1. Cilindrica (per oggetti di grandi dimensioni, come una bottiglia);
  2. Bidigitale (per oggetti piccoli);
  3. Laterale (per afferrare, ad esempio, chiavi o carte di credito);
  4. Indice esteso (per la pressione di pulsanti);
  5. Indice flesso (per scrivere su una tastiera);
  6. Adduzione delle dita (per tenere oggetti tra le dita, come una sigaretta); 
  7. Riposo.

E come le nuove frontiere della bioingegneria possano cambiare la vita delle persone per le quali sono ‘esplorate’ è dimostrato dl racconto di Mirco Menini, 32 anni, che perse nel 1994 una mano a causa di un incidente sul luogo di lavoro.

Azioni che sembrano normali – come afferrare e spostare, con precisione e delicatezza, una pallina, un brick di succo di frutta, un barattolo di vetro  in realtà sono gesti complessi sotto il profilo muscolare e articolare, che coinvolgono l’apparato neurologico e, analizzati, emergono nella loro complessità quando li si considera dal punto di vista bioingegneristico, con la prospettiva di condurre una sperimentazione per mettere a punto una mano bionica.

(Credit immagine: Adnkronos)
(Credit immagine: Adnkronos)

Uno strumento leggero, versatile e soprattutto in grado di trasmettere a chi la ‘indossasse’ il senso del tatto, decisivo per il controllo degli oggetti. “Ho provato una versione precedente della mano messa a punto dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ora stanno preparando l’invaso e poi mi daranno il prototipo da provare per un mese”, Menini ha detto all’agenzia Adnkronos.

“Ho perso la mano in un incidente sotto una pressa – ha ricordato Menini – ma ormai è passato talmente tanto tempo che posso dire di essere cresciuto con la protesi. Quella che ho ora è una protesi mioelettrica che si apre e si chiude, piuttosto robusta, con cui faccio tutto: vado a pesca, gioco a calcio e faccio anche qualche lavoretto. Ma certo la differenza è nei diversi movimenti: con le nuove protesi se ne possono fare parecchi, e mi hanno detto che l’ultima versione ne avrà due più di quelli che ho provato io. Inoltre avrà dei sensori per restituire il senso del tatto“, ha confidato Menini, che ora è custode in una scuola.

Come si diventa ‘protagonisti’ di questo tipo di sperimentazione e perché? “Ho letto su un giornale che cercavano qualcuno disposto a una collaborazione per un progetto”, ha spiegato Menini, il quale ha confidato che, nonostante l’abilità sviluppata in anni di pratica, “la cosa che manca di più è la presa di una mano normale”, anche se poi ha precisato di poter “fare già molte cose”. La sua dedizione alla ricerca è però chiara: “testeremo il nuovo prototipo soprattutto per chi, in futuro, ne avrà bisogno”. 

Secondo Menini, oltre alla bellezza, alle performance e alle “maggiori possibilità di movimento, occorrerà guardare la funzionalità. Perché certo queste protesi possono guastarsi e non sarebbe piacevole dover andare spesso a farle aggiustare“.

(Credit: Adnkronos) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Se hai gradito questo articolo, clicca per favore “Mi piace” sulla pagina Facebook di The Horsemoon Post (raggiungibile qui), dove potrai commentare e suggerirci ulteriori approfondimenti. Puoi seguirci anche su Twitter (qui) Grazie in anticipo!