Giovanni Falcone e la retorica del ricordo: l’Italia strumentalizza gli Eroi per la Libertà, ma non tutela la Libertà

Ogni celebrazione è vuota se non lega il sacrificio dei caduti per la legalità e il rispetto, la tutela e la difesa dei servitori italiani in giro per il mondo e i cittadini italiani abbandonati alle voluttà altrui per una inesistente politica estera

Giovanni Falcone (in una foto Ansa del 1988) con la moglie, Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta della Polizia di Stato caduti a Capaci -  Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani - nell'adempimento del loro dovere verso uno Stato che tratta cittadini e servitori come sudditi e schiavi
Giovanni Falcone (in una foto Ansa del 1988) con la moglie, Francesca Morvillo, e i tre agenti di scorta della Polizia di Stato caduti a Capaci – Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani – nell’adempimento del loro dovere verso uno Stato che tratta cittadini e servitori come sudditi e schiavi

Il 23 Maggio 1992 cinque illusi perdevano la vita a Capaci: Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, tre degli agenti della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. Illusi di vivere in un Paese degno di chiamarsi ‘Stato’ e di essere popolato da un popolo di cittadini rappresentato dall’aristocrazia morale.

Invece, facciamocene una ragione, l’Italia è rappresentata da indegni personaggi, perché questo è lo specchio del Paese. E il sacrificio dei Caduti per la Libertà è vilipeso ogni volta viene celebrato con le vuote parole intrise di retorica politica e di circostanza, ma è allo stesso tempo svuotato di ogni significato nella quotidianità, perché lo Stato – o meglio: le personalità che occupano le istituzioni della comunità nazionale – non difende il cittadino perbene, di recente neanche i propri servitori in giro per il mondo e in Patria.

Intendiamoci: Falcone e i Martiri di Capaci, così come tutti i Caduti per la Libertà, sono eroi, perché hanno agito per il bene dell’Italia e delle Istituzioni, nonostante l’Italia e le Istituzioni (indegnamente occupate). Le vuote celebrazioni costituiscono però a nostro avviso la continuazione del vilipendio con altri mezzi.

Al contrario, i vertici della Repubblica utilizzano la memoria di questi eroi – tutti, di ogni ordine e grado – per incamminarsi su una passerella politica per sostenere la propria immagine pubblica, non certo per difendere le Istituzioni colpite dalla criminalità e dal connubio criminalità/politica che rende la seconda foraggiata dalla prima.

La vacuità delle cerimonie pubbliche – quelle private, al contrario, rappresentano l’isolamento di parte della società italiana – e i falsi riferimenti alla legalità, e al patto di lealtà costituzionale che dovrebbe legare ogni cittadino perbene alle istituzioni repubblicane, sono dimostrati da tre recenti circostanze:

(A) due sottufficiali della Marina Militare – Massimiliano Latorre e Salvatore GironeGIRONE – sono di fatto sequestrati da uno Stato estero e con la complice acquiescenza del Governo italiano, che non ha compiuto i passi internazionali previsti dal diritto internazionale per ottenere la giurisdizione assoluta su militari italiani in servizio (immunità funzionale) e coinvolti nell’ipotesi di un reato commesso in acque internazionali (art. 97 della UNCLOS, Diritto Internazionale Marittimo ex Trattato di Montego Bay, 10 Dicembre 1982);

(B) un diplomatico con rango di ambasciatoreDaniele Bosio – è sotto processo a Manila, Filippine, con accuse che mezzo mondo può testimoniare essere incompatibili con la sua persona (ma, soprattutto, con prove inesistenti), anche in questo caso con la complice acquiescenza del Governo italiano, che ha saputo solo sospenderlo dal servizio e abbandonarlo al proprio destino (o quasi), sotto il regno di Federica Mogherini alla Farnesina; perfino non rispondendo alle ripetute richieste di incontro da parte dei familiari del diplomatico pugliese, perfino non riscontrando una lettera pubblica inviata all’attuale ‘Re Leone’ del ministero degli Esteri, Sua Evanescenza Paolo Gentiloni: assurdo!

(C) un marittimo italiano di San Benedetto del TrontoMassimo Liberati – è sequestrato de facto dai militari del Gambia, per motivi che sfuggono perfino alla magistratura di quel Paese. Probabilmente per motivi inconfessabili, che attengono al mancato pagamento di un pizzo per operare impunemente nel mare prospiciente alle acque territoriali del Paese africano.

Tre casi, quattro persone (non le prime, non le ultime temiamo) che mostrano come lo Stato se ne freghi dei propri concittadini e perfino dei propri pubblici ufficiali. Trattati da sudditi da spremere con un livello di tassazione da furto e da schiavi, se al pubblico servizio in settori delicati e strategici.

Questo atteggiamento dimostra quanto false siano le parole dei discorsi di circostanza, i gesti di contrizione, gli appelli alla legalità e alla lealtà costituzionale a favore dello Stato italiano da chi Governa questo Paese, che mediamente se ne fotte della legalità costituzionale e del valore del servizio.

Per questo motivo noi non crediamo più all’1% delle parole di questi politici, se non seguite da fatti immediati.

Forse i barbari in arrivo – i jihadisti del cosiddetto Stato Islamico, sono necessari per fare tabula rasa di questi farabutti che si riempiono la bocca di dichiarazioni altisonanti, ma hanno messo in ginocchio il Paese, con la colpevole partecipazione dei cittadini che vendono il loro voto a delinquenti incapaci.

Falcone – con la moglie e gli agenti di scorta – e Borsellino – con gli agenti di scorta – furono gli ultimi poveri illusi e martiri della Libertà (che è l’unico presupposto possibile per la legalità democratica, non per la legalità usata come randello politico e settario) e la loro morte avrebbe dovuto smuovere tutti noi, il ricordo del loro sacrificio smuove sempre più personaggiucoli assurti ai vertici dello Stato, ma del tutto incapaci a illuminare il Paese e a rendere lustro alla comunità nazionale.

Il loro sacrificio (e quello di tutti i martiri della Libertà) non ce lo meritiamo, non ve lo meritate.

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