Londra, Mattarella prende lucciole per lanterne su immigrazione. Visione dell’Italia sui migranti economici è sbagliata

Il capo dello Stato ricevuto ieri dalla Regina Elisabetta II, poi alla London School of Economics ha illustrato la posizione dell’Italia verso l’Europa, con qualche disattenzione di troppo. “Serve più Europa, ritardi su immigrazione”, ha detto, ma nel concreto sembra che il Governo italiano e la presidenza della Repubblica non comprendano la vera dimensione del problema. Confusione nera sulla Libia: evocato accordo tra le ‘tre fazioni’ che non sta in cielo, né in terra – 2 VIDEO

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Londra – Sarà anche vero che Londra “non è la tana del lupo, ma un Paese amico“, ma la visita di Sergio Mattarella a Londra mostra come in Europa esistano ormai due differenti visioni sul futuro dell’Unione, a cominciare dal tema degli immigrati. Una è quella dell’Italia, rappresentata al massimo livello dal capo dello Stato con una lettura alla London School of Economics e in incontri ufficiali, che chiede una visione “strategica” e “ideale” di maggiore coesione e solidarietà, una è quella inglese, tiepida verso ogni nuova integrazione e occhiuta sul fenomeno dell’immigrazione.

Incontro del Presidente Mattarella con S.M. la Regina Elisabetta II

Ma forse sarebbe meglio dire che esistono due visioni: una legata alla fantasia e una connessa con la realtà. La prima richiamante un umanitarismo inconcludente e non democratico, perché non mette al primo posto i propri concittadini, ma i principi di un terzomondismo pericoloso e cieco (peraltro anche inconcludente); la seconda fondata sulla conoscenza del mondo e della sua complessità, aperta al mondo, ma anche alle prese con una revisione della lettura finora data all’immigrazione e al fallimento del progetto di integrazione all’interno del Paese .

In breve, principi astratti mediterranei da una parte, pragmatismo anglosassone dall’altra. È chiara la linea di divisione?

Il presidente della Repubblica è giunto ieri a Londra per due giorni di incontri. Prima la Regina Elisabetta II, con cui ha avuto un incontro cordiale negli appartamenti privati. Poi il capo del Foreingn Office, Philip Hammond, in rappresentanza del Primo Ministro David Cameron, incontrato all’Ambasciata italiana.

La seconda parte della giornata è stata dedicata alla London School of Economics (LSE), fucina di premi Nobel dell’economia, dove Mattarella ha tenuto una ‘lettura’, un intervento sull’Europa.

Oggi il capo dello Stato si reca all’Abbazia di Westminster, dove sarà accolto dal Reverendo John Hall, Decano dell’Abbazia, e dove deporrà una corona alla Tomba del Milite Ignoto per ricordare il centenario dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale alla presenza dello Speaker della Camera dei Lords, Lady Frances D’Souza, e del Sottosegretario alla Difesa, Julian Brazier. Come ultimo appuntamento Mattarella andrà alla Camera dei Lords, dove incontrerà di nuovo Lady D’Souza.

Intervento del Presidente Mattarella alla London School of Economics

Il momento clou di ieri è stato il discorso alla LSE. Davanti a studiosi e professori, Mattarella ha ribadito la propria visione dell’Europa. “Serve coraggio“, ha esortato, lo stesso che ebbero i Padri Fondatori dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ora le sfide globali sono diverse, ma non meno pressanti, superano le tensioni economiche e si colorano di rischi “epocali” come il fenomeno dell’Isis e l’immigrazione.

Dirlo a Londra, capitale dello Stato che perse l’Impero per salvare l’Europa dal giogo nazifascista è per lo meno originale. I pericoli odierni sono dei “cimenti” per cui sarebbe “puerile rispondere con la fuga, tornando sui propri passi“. Solo “una maggiore integrazione” può far essere i Paesi europei “all’altezza del compito“. Un compito che però fa strame dei processi democratici, per inadeguatezza delle classi dirigenti, incapaci di cogliere il momento storico e di far fare all’integrazione europea passi decisivi per l’abbandono del metodo comunitario e l’avvio del percorso federale, da sempre contestato dalla Gran Bretagna perché non ancorato alla sovranità popolare (oltre che all’illusione di poter ancora svolgere un ruolo ‘mondiale’ da sola, nel quadro della special relation con gli Stati Uniti: un’ex colonia, per intenderci e ricordare lo scenario storico degli ultimi 250 anni).

Sull’immigrazione – di recente diventato il chiodo fisso del presidente della Repubblica – Mattarella non si è tirato indietro e ha apostrofato la timidezza con cui ha risposto l’Unione: “troppi morti, purtroppo, sono stati necessari per risvegliare la nostra coscienza collettiva!“. Poi ha notato come le critiche a ‘Mare Nostrum’ da parte di molti siano state “del tutto infondate“. Anche “Triton, per quanto costituisca una rappresentazione concreta dell’impegno comune europeo è la prova tangibile che le risposte emergenziali non bastano“.

Serve per Mattarella un intervento in due fasi: da un lato l’accoglienza dei profughi, dall’altro l’aiuto più forte ai Paesi di partenza tramite la cooperazione internazionale e la lotta ai trafficanti. Insomma, anche in questo campo l’Europa dovrebbe essere “forte e coesa in grado di parlare – ma soprattutto di agire – con una sola voce“. La sua forza più grande, infatti, è l’esempio di democrazia e libertà e la democrazia non si puòesportare con interventi militari“, servono esempi di solidarietà.

La seconda osservazione originale, visto che l’Italia ha beneficiato dell’esportazione della democrazia condotta dagli Alleati Anglo-Americani che liberarono l’Italia e l’Europa da fascismo e nazismo, oltre a essere decisivi per il contenimento del comunismo e la spinta all’autodissolvimento del regime sovietico. Ma a Londra Mattarella questi piccoli particolari sembra averli dimenticati. E non è amnesia, ma precisa strategia politica difficilmente condivisibile.

Sulla Libia, per esempio, secondo il presidente della Repubblica serve una iniziativa comune, i singoli Paesi non bastano e si deve fare pressione su quelli limitrofi e su quelli che hanno interessi nell’area per convincere le tre fazioni in lotta ad aderire al tentativo di Bernardino Leon per giungere a una pace.

Una follia assoluta, perché le “tre fazioni in lotta” sono costituite: A) dal governo legittimo del Paese, detto ‘governo di Tobruq’ perché là ha dovuto riparare il Parlamento eletto e il governo nominato, guidato da Abdullah al-Thani, per sfuggire alle minacce di B) il cosiddetto ‘governo di Tripoli’, che invece è un gruppo insurrezionale di matrice islamica, sostenuto dai ‘Fratelli Musulmani’ egiziani (nel frattempo, tanto per gradire, messo fuori legge dall’Egitto come gruppo terrorista); infine, C) la ‘terza fazione’ è costituita dai movimenti islamisti – come Ansar al-Sharia e il Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi – aderenti al sedicente Stato Islamico.

Quindi, di che parla Mattarella quando evoca l’accordo tra le tre fazioni? Forse gli Anglo-Americani cercarono durante la Seconda Guerra Mondiale l’accordo tra Mussolini, Hitler e i partigiani dei partiti democratici (tra cui anche quelli comunisti che democratici non erano)? Non risulta. Risulta che gli Alleati combatterono una guerra di liberazione dell’Europa dalla dittatura, sacrificando molte migliaia di vite di giovani donne e uomini per la nostra libertà. Quella libertà che oggi gente come Mattarella mette in pericolo con vergognosa miopia.

L’altro paradigma su cui il capo dello Stato ha posto la propria attenzione è l’integrazione economica. Molto è stato fatto per superare la recente crisi. E ora la lettura elastica che è stata data ai criteri di flessibilità in passato, ad esempio per Germania e Francia, potrebbe essere data per la Grecia, una volta superata l’impasse della trattativa con le Istituzioni. “Sono quindi fiducioso che, sulla base di quanto costruito, anche le difficoltà della Greciache altri Paesi europei hanno attraversato – potranno essere superate“, ha affermato il presidente della Repubblica.

Ma questa visione, di europeismo convinto, fa da contraltare alla visione inglese, a cui si sono aggiunti nuovi paesi come la Polonia, facendo intravedere un crinale cruciale per il futuro dell’Unione.

Anche ieri la regina Elisabetta II nel Queen’s Speech a Westminster, che per tradizione presenta il programma del Governo di Sua Maestà (a prescindere da chi lo guidi), ha ribadito il progetto del Gabinetto Cameron di indire un referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue. Progetto che è stato illustrato da Hammond a Mattarella nel corso dell’incontro all’ambasciata italiana nella capitale britannica. Incontro definito “franco“, proprio nelle stesse ore in cui Cameron era a colloquio con il premier olandese e con il presidente francese per chiedere una modifica dei trattati come condizione per evitare la Brexit (ossia la ‘British exit” dall’UE, ndr).

Anche se lo stesso ministro degli Esteri ha spiegato che “è intenzione del governo continuare a essere un membro impegnato nel futuro della Ue“, l’accento sulla integrazione non è condiviso da Downing Street. Che anzi vorrebbe meno impegni da parte di Bruxelles su molti capitoli. Anche sull’immigrazione, Hammond ha ribadito che la Gran Bretagna si mostra accogliente verso i profughi, pur con molti limiti, ma considera assai diverso il discorso per gli immigrati per motivi economici.

Siamo insieme nella Ue e confidiamo di restare insieme nella Ue” ha spiegato il capo dello Stato dopo l’incontro; la franchezza del colloquio, si spiega, non ha infatti azzerato le speranze, anche perché non tutti nella City sono così favorevoli a una uscita dall’Ue che non porterebbe troppi vantaggi alla capitale finanziaria.

Ma quel che il capo dello Stato non si stanca di ripetere è che bisogna alzare lo sguardo oltre lesterili” contrapposizioni tra una impostazione intergovernativa e una comunitaria. L’Europa, per l’Italia, insomma, non può essere “bloccata” da chi ha scelto e sceglierà una adesione più mitigata, né limitata a una mera area di libero scambio perché è “una scelta strategica irreversibile” e anche molto di più, è un vero “ideale“.

Il tema infatti sarebbe quello dell’avvio della fase federale, che coniughi l’attuale Unione Europea con un primo nucleo di Stati federati in quegli Stati Uniti d’Europa che erano lo scopo finale del progetto di integrazione lanciato 65 anni fa dalla Dichiarazione Schuman. Ma su questo passo fondamentale, le attuali leadership europee sembrano inadatte e incapaci di agire, strette dall’aggressiva protervia tedesca che vuole trasformare l’Unione Europea a propria immagine e somiglianza. Un tentativo che 228 anni fa non riuscì al Massachusetts alla Convenzione di Filadelfia per la lungimirante opposizione delle altre 12 ex colonie britanniche.

È la Germania a paralizzare l’integrazione europea, non la Gran Bretagna, sempre fredda nel trattare le istituzioni democratiche con metodi troppo ‘alternativi’ per chi la democrazia moderna l’ha inventata oltre 300 anni fa.