“Voglio lo status di rifugiata di guerra”. Post su Facebook denunzia il ‘doppio standard’ del Governo pro clandestini

di Pippi Ferraro**

La blogger e organizzatrice di eventi Pippi Ferraro fornisce una testimonianza diretta su come i controllori delle linee ferroviarie esercitano la vigilanza sul pagamento dei biglietti, facendo le pecorelle con i maschioni da un metro e ottanta, ma sentendosi leoni con le donne anziane. Un esempio di doppio standard che colpisce tutti, senza spazio al razzismo: perché non ci appartiene. Il post su Facebook è diventato virale, rilanciato dal ‘Corriere del Mezzogiorno’ e qui pubblicato per gentile concessione dell’autrice


Giovedì viaggiavo su un treno direzione Napoli. Dal Cilento, dove vivo io, è un tragitto di circa due ore. Alla fermata dopo la mia, salgono dei rumorosi ragazzi di colore (nella foto uno di loro). Otto, per la precisione. E affollano il mio vagone. Cappellini da baseball, catene d’oro pesanti, zaini Invicta, cuffie enormi appoggiate al collo e iPhone in mano. Tutti.

Il controllore passa a chiedere i biglietti. A tutti noi. A loro no, non chiede nulla.

Poco dopo, sale un altro controllore. Chiede anche a loro, che ridevano e parlavano una lingua rumorosa e gutturale, il biglietto. Solo uno glielo mostra. Era evidentemente vecchio e usato e strausato. Il controllore gli chiede, visto l’importo minimo sul titolo di viaggio: “Scendete a Salerno?”, loro annuiscono.

Ovviamente a Salerno non scendono. Proseguono dritti verso Napoli.

Risate, pacche sulla spalla, occhiate alla ragazze che passano. Nessuno di loro era più basso del metro e ottanta, ed erano tutti in carne. Poveri profughi che fuggono dalle guerre. Davvero, poverini. Come soffrono, è evidente ai più.

Poco prima di giungere a Napoli, ripassa il controllore. Chiede il biglietto a una signora anziana. La poverina, ancora col fiatone, si affretta a spiegare che ha preso il treno al volo e non ha fatto in tempo ad obliterare. Chiede la cortesia a lui di scrivere a penna la convalida, e lui che fa? Le fa la multa. La multa. Poi ripassa vicino agli otto di colore senza biglietto e fa finta di non vederli, anche se sa benissimo che non sono scesi dove avevano detto e che non erano in regola.

“Due pesi e due misure”, penso. E ne resto tanto colpita da parlarne poi con un mio amico poche ore dopo.

E poi, strano caso, davvero, in serata scopro che due sbandati della pericolosa gang dei Latinos (ovviamente profughi che fuggono dalla guerra pure loro, eh, capiamoli), a Milano, staccano un braccio a colpi di machete a un controllore di soli trent’anni perché aveva “osato” chiedergli il biglietto.

E allora ripenso all’episodio capitato a me. La vecchietta non andava multata, il controllore doveva chiedere i biglietti ai ricchi ragazzotti di colore, e ci doveva essere la polizia ferroviaria sul treno, con le armi ben in vista.

Non hai il biglietto? Scendi e mi dai i documenti.

Non hai i documenti? Vai in caserma fino all’identificazione.

Non è possibile identificarti? Ti fai un bel po’ di galera oppure ti rimpatrio. Punto.

Come accade in tutti gli altri Stati del mondo. Mi hanno detto che io scrivo post dalla deriva razzista e fascista. Beh, sapete che c’è? Me ne fotto. Stiamo subendo un’invasione senza precedenti e io lo vedo. Voi no?

Alfano dice contento: “Sì, però li abbiamo presi quelli col machete, eh”, fingendo di non sapere che già domani saranno fuori, liberi di mozzare altre braccia e teste, se gli va.

Qui in Italia si può. Mica siamo in America, che gli sparano senza manco dirgli “mani in alto”. Qui si può tutto. E loro lo sanno.

Che ci fa la gang dei Latinos a Milano? Perché dei pericolosi teppisti sudamericani stanno da noi? Come sono arrivati? E i controlli? Chi sono?

È bello vedere le stazioni di Roma Tiburtina e quella di Milano ridotte a campi di accoglienza con gente buttata per terra, sporco, piscio, pannolini di bambini e spazzatura ovunque? E cinquecento malati di scabbia arrivati freschi freschi con gli ultimi sbarchi, come li gestiamo? Come li curiamo? E dove? Sì, sono razzista (solo provocazione, ndr).

Sì, voglio più controlli. Sì, sono stanca.

Sì, se quelli di colore e i rom e i clandestini viaggiano gratis, mangiano gratis, alloggiano gratis, non pagano le tasse, non pagano l’occupazione del suolo pubblico, non necessitano di documenti, non vanno in galera, non rispettano le leggi, beh, voglio farlo anche io. Altro che multa alla vecchietta zoppicante.

Altro che accanirsi sempre e solo contro di noi.

Io pure voglio lo status di rifugiata di guerra, in Italia siamo in guerra, ormai. E sarà troppo tardi quando lo capiremo.

Precisazione a margine dovuta. Primo, perché non immaginavo che questo post diventasse virale, secondo, perché la gente – molto poca, per fortuna – non ha capito il senso di quei “poveri profughi” scritto da me due volte con tono ironico.

Ho scritto “profughi” proprio per sottolineare che NON lo sono. Possono mai essere dei sudamericari di una gang violenta “profughi”? O questi, con le catene d’oro al collo e gli iPhone, rifugiati politici? I profughi, le donne e i bambini che fuggono DAVVERO – e lo scrivo maiuscolo così è più chiaro – dalla guerra hanno tutto il diritto di entrare in Italia (come in tutti gli altri paesi europei che, però, se ne fregano e non li vogliono) e ricevere aiuto, ma la gente così NO.

I violenti, i balordi, i ladri, gli assassini. NO. Non possono spadroneggiare da noi e fare il bello e il cattivo tempo senza subire conseguenze, perché di delinquenza autoctona ne abbiamo già a sufficienza. E quando non sono delinquenti e non appartengono a nessuna di queste categorie, e non sono neppure profughi, che pagassero il biglietto (piccola cosa) e incominciassero ad integrarsi seguendo regole e leggi.

A noi tocca solo chiedere a gran voce maggiori controlli e certezza della pena. Tutto qui. Spero che sia chiaro, adesso. E se ancora non lo è, beh, problema vostro.

**Blogger e organizzatrice di eventi

© RIPRODUZIONE RISERVATA – PIPPI FERRARO (PUBBLICATO INTEGRALMENTE PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTRICE)

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