Poltergeist, l’ennesimo remake di un capolavoro del cinema horror

Gil Kenan realizza un remake sbiadito e superficiale del classico di Tobe Hooper

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Eric e Amy Bowen si trasferiscono in una nuova casa insieme ai loro tre figli: Kendra, Griffin e la piccola Madison. La loro situazione finanziaria non procede a gonfie vele, dato il recente licenziamento di Eric; intanto, cominciano a palesarsi nell’abitazione strani fenomeni paranormali, che raggiungono il loro apice quando la piccola Madison viene inghiottita dal televisore.

Quando si tratta di remake, fare paragoni con l’originale potrà sembrare facile e scontato, ma è essenziale; specialmente nel momento in cui il remake non attinge a nessuna fonte letteraria o extra-cinematografica. Poltergeist è il remake del classico “haunted house movie” diretto da Tobe Hooper e co-scritto da quest’ultimo insieme a Steven Spielberg. Ancora oggi la disputa su chi effettivamente possegga la paternità di quel film è accesa e molto appassionante, sebbene inutile (la storia, l’unica cosa che conta, riporterà – giustamente – il nome di Hooper come regista della pellicola, e tanto basta).

Mettiamo subito in chiaro cosa emerge alla fine della visione del riadattamento di Gil Kenan: purtroppo, segue la scia di molti remake del suo genere (Non aprite quella porta, The Fog, Omen, Halloween, Venerdì 13, Nightmare, La casa, Carrie) mostrando enormi carenze, specchio solamente di un’operazione commerciale priva di qualsiasi intenzione critica o, perlomeno, di riflessione su quanto sia cambiata la società americana negli ultimi 33 anni.

JoBeth Williams e Craig T. Nelson nell'originale del 1982
JoBeth Williams e Craig T. Nelson nell’originale del 1982

Nell’originale del 1982 c’era un che di profondamente politico nella descrizione della normale famiglia americana dei sobborghi, un tentativo “sotterraneo” di denuncia del colonialismo con il conseguente sterminio dei nativi d’America, così come l’aperta condanna a un sistema consumistico sempre più incontrollabile e illogico. Tutti questi input, che sono abilmente inseriti nella sceneggiatura di Spielberg e rappresentano a fine visione un potente sotto-testo, vengono banalizzati e ridotti a elemento di contorno nel remake di Kenan. “Contestualizzare” non significa sparpagliare sul set vari cellulari, Pad, televisori al plasma o, peggio, millantare una critica scagliandosi contro l’attuale crisi economica globale (sebbene lo spettatore che si trova al di fuori dei confini americani farà fatica a digerire la logica dei mutui bancari, figlia di un consumismo che ha già oltrepassato il limite dell’assurdo) e poi riempire la nuova casa di tutti i comfort disponibili in quest’epoca (!)

Ciò che rimane è, dunque, un mediocre haunted house movie ridotto all’osso, del tutto sconclusionato (dato che alcuni dettagli fondamentali per alimentare la suspense della storia vengono rivelati prima della seconda metà della pellicola, azzerando di fatto il climax), carente sia tecnicamente che artisticamente: gli effetti speciali sicuramente migliorati sono mal gestiti, così come le interpretazioni del cast (in cui perfino il sempre impeccabile Sam Rockwell appare inespressivo e svogliato).

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Il trailer ufficiale italiano del film:


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