La condanna di Berlusconi a Napoli alla fine di un processo nato morto

L’ex presidente del Consiglio: “un processo politico”. Stessa pena per Lavitola. I giudici hanno accolto solo in parte le richieste dell’accusa, ma il processo non arriverà mai alla verità, perché a novembre scatta la prescrizione. Considerazioni sulle storture italiane

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Napoli – Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio dei Ministri, e Valter Lavitola, ex direttore de ‘l’Avanti’, sono stati condannati dalla prima sezione penale del tribunale di Napoli a tre anni di reclusione per concorso in corruzione, con la pena accessoria di cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.

Il collegio giudicante – composto dal presidente Corleto, giudici a latere Nicola Russo e Alessandro Baldassarre – non ha accolto per intero le richieste dei quattro pm titolari dell’indagine, il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Alessandro Milita, Fabrizio Vanorio e Henry John Woodcock, che avevano chiesto la condanna a cinque anni per Berlusconi e a quattro per Lavitola. 

La sentenza dopo oltre 6 ore di camera di consiglio. Non erano presenti gli imputati. “Una sentenza clamorosamente ingiusta e ingiustificata”, ha commentato a caldo uno dei legali di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, parlamentare di Forza Italia.

Non è però passata la tesi della difesa difensiva, secondo cui la vicenda del ‘cambio di casacca’ dell’ex senatore Sergio De Gregorio (che ha patteggiato già una pena di un anno e 8 mesi) e il suo voto contro provvedimenti del governo Prodi rientrassero nel principio di insindacabilità dell’azione del parlamentare tutelata dalla Costituzione (articolo 68). Pur con una riduzione della pena, il collegio giudicante ha accolto le tesi dell’accusa.

Nell’aula 117 del nuovo palazzo di giustizia di Napoli, affollata di cronisti anche stranieri, c’erano i pm titolari dell’indagine e l’intero collegio di difesa di Berlusconi, costituito dall’avvocato Fausto Coppi, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona. Il Senato, ammesso come parte civile nel procedimento, era rappresentato dall’avvocatura dello Stato, mentre Forza Italia era tutelata da Bruno Larosa.

Valter Lavitola in aula questa mattina aveva accusato un malore, forse per effetto di un’aula torrida, non climatizzata, da tribunale rivoluzionario sudamericano. Una vergogna di inciviltà per un Paese che siede nel G7.

Silvio Berlusconi ha commentato – anche su Facebook – la sentenza in modo sintetico, ma evidenziando alcuni aspetti di cui si dovrebbe tenere conto. “Prendo atto – ha scritto l’ex presidente del Consiglio – di una assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell’interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, cosi’ come continuerò a fare. Ho piena fiducia negli italiani e nella loro capacità di comprendere quale persecuzione giudiziaria sia stata scatenata contro di me per cercare di ledere la mia immagine di protagonista della politica”.

Nel commento Berlusconi non fa riferimento all’appello del processo, atto naturale, che però si scontrerà con una realtà incontrovertibile: a novembre interverrà la prescrizione dei reati, così sarà impossibile arrivare alla verità giudiziaria e a capire se la condanna in primo grado abbia o meno una fondatezza. Berlusconi non sarà giudiziariamente colpevole, ma lo sarà sotto il profilo dell’immagine pubblica per effetto di una condanna senza seguito, emessa al termine di un processo nato morto.

Nell’immaginario collettivo rimarrà la condanna e la fandonia del ruolo di De Gregorio come ‘killer politico’ del Governo Prodi, mentre tutti ricordano che quel governo cadde per effetto di un’indagine condotta dal dottor Woodcock su Sandra Lonardo, moglie dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella. Scrive Dario Del Porto su ‘la Repubblica’ del 24 Ottobre 2009: “È esploso mercoledì il secondo filone dell’inchiesta Udeur: sviluppando il materiale raccolto dai magistrati di Santa Maria Capua Vetere con l’indagine sfociata, nel gennaio 2008, nella caduta del governo Prodi, il pm Francesco Curcio ha acceso i riflettori sull’ agenzia regionale per l’ ambiente Arpac mettendo sotto inchiesta fra gli altri il presidente del consiglio regionale Sandra Lonardo e il marito Clemente Mastella, ex ministro della Giustizia, oggi europarlamentare del Pdl”. L’articolo di De Porto aveva un titolo evocativo sulle indagini del magistrato napoletano: “Tante inchieste, nessuna sentenza”. Non sempre.

Silvio Berlusconi però non può essere condannato per l’unica colpa grave incontestabile di cui si è macchiato: aver dato spazio politico e aver intrapreso collaborazioni con personaggi discutibili di cui De Gregorio è solo l’ultimo esponente.

(Credit: AGI) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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