Il Parlamento Europeo sgonfia il “dieselgate”

La lobby delle auto ha ottenuto una sorta di sanatoria. Le case tirano un respiro di sollievo, ma la sfida vera è quella per la mobilità a emissioni zero. Ma la Volkswagen prepara il rilancio …elettrico!

Bruxelles – Un passo in avanti e mezzo indietro. Può definirsi la sintesi perfetta della beffa partorita dalla Commissione europea per quanto riguarda i limiti degli NOx, i famigerati ossidi di azoto che nell’ottobre nero del colosso tedesco hanno messo in crisi il quartier generale della Volkswagen a Wolfsburg dopo la manomissione delle centraline che gestiscono le principali funzioni del propulsore. La decisione del 3 febbraio scorso del Parlamento di Bruxelles di raddoppiare la soglia critica di sforamento delle emissioni inquinanti fa discutere, perché in barba e in contrasto a tutti i buoni propositi degli accordi globali in fatto di riduzione drastica dell’inquinamento per salvare il Pianeta.

Una sorta di salvacondotto per i motori Euro 6 della Volkswagen, che adesso escono indenni dalla tagliola dei limiti restrittivi nei quali si erano incagliate le sorti e la reputazione della più grande casa automobilistia europea, nelle secche dell’autority americana dell’Epa (Environmental protection agency), l’ente di protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, a causa dei valori alterati delle emissioni inquinanti nel corso di prove in strada dei modelli due litri turbodiesel di Passat e Jetta.

Dal 2017 le case automobilistiche, e in particolare la Volkswagen, potranno tirare un sospiro di sollievo per quanto riguarda i controlli delle emissioni degli NOx nei test su strada grazie alla «generosa concessione» di una risicata maggioranza del Parlamento europeo (con 323 voti contrari, 317 in favore e 61 astensioni) che di fatto ha bocciato la proposta di risoluzione della commissione Ambiente europea affinchè venissero bloccati e quindi rispettati gli attuali limiti vigenti.

Ma, secondo la Commissione europea, l’aumento temporaneo dei limiti (nella misura di 400 e 500 per cento oltre quelli ufficiali) sarebbe «giustificato» dalla necessità di considerare i dubbi tecnici relativi all’uso dei nuovi dispositivi portatili di misurazione delle emissioni (PEMS), così come i limiti tecnici per il miglioramento – nel breve termine – della performance, in condizioni reali di guida (RDE), del rilevamento delle emissioni per le autovetture a diesel attualmente prodotte.

Di fatto la decisione studiata a tavolino dal Parlamento europeo è una sanatoria nei confronti del «dieselgate», e quindi delle lobby dell’industria automobilistica che vedono in prima linea proprio il gruppo tedesco della Volkswagen e gli interessi economici di un paese come la Germania della Merkel.

Il valzer dei numeri

Nella strategia di contenimento dello scandalo Volkswagen sulle emissioni taroccate dei motori Euro 6 c’è ora anche il valzer dei numeri relativi alle vetture coinvolte nel terremoto mediatico tedesco – che costò la testa all’amministratore delegato della Casa di Wolfsburg  Martin Winterkorn (uscito di scena con una dorata liquidazione di circa 50 milioni di euro) – che in una stima iniziale si attestava su un totale di circa 11 milioni di automobili coinvolte nello scandalo delle centraline finite nell’occhio del ciclone dell’Epa, di cui 8 milioni solo in Europa e 2,4 milioni nella sola Germania.

In un articolo di Alberto Brambilla su «Il Foglio» emerge che i vertici della Volkswagen avrebbero – secondo una indagine interna – ridimensionato drasticamente le stime relative ai veicoli coinvolti nell’utilizzo del software truffaldino, ammettendo una stima non superiore alle 36 mila auto.

I dati non coincidono se pensiamo che a fine ottobre dello scorso anno, il nostro ministro dei Trasporti Graziano Del Rio, in audizione alla Camera, su comunicazione della Casa di Wolfsburg, aveva snocciolato una cifra pari a 709.712 veicoli coinvolti solo in Italia nell’abito delle emissioni truccate di alcune motorizzazioni Euro 5 della Volkswagen.

Se l’Agenzia tedesca dei trasporti dovesse confermare questo dato – e dopo le modalità di respingimento del veto alla Commissione ambiente sulle soglie di emissione nocive dei gas di scarico le possibilità diventano reali – il pagamento dei 2 miliardi di indennizzi relativamente agli incentivi che i consumatori europei hanno ricevuto dai rispettivi stati per acquistare automobili a basso regime di emissioni di gas serra, si ridurrebbero ad una cifra relativamente piccola e irrisoria da parte del colosso industriale tedesco, anche se il danno di immagine e le beghe dell’attuale Ceo di Volkswagen Matthias Müller (successore di Winterkorn sulla tolda di comando) sono destinate a condizionare l’andamento in borsa dei mercati ancora bel molto tempo.

Fiducia tradita e rilancio del nuovo brand

Alcune riviste tedesche come «Focus», settimanale di ispirazione conservatrice, non perde occasione di puntare l’indice sulla dirigenza della Casa di Wolfsburg e di ironizzare sullo slogan «Volkswagen. Das Auto», traduzione di «L’auto è Volkswagen» che per anni, dal 2007, ha rappresentato lo spirito solido e l’identità granitica legata alla filosofia di costruire automobili con il marchio Volkswagen. Lo scandalo che ha coinvolto il primo gruppo industriale europeo avrebbe tradito quell’autostima che incarnava quel simbolo dell’auto in Germania e nel mondo. Il progetto della nuova Volkswagen Concept e-Budd (foto in basso).

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La fiducia che nel corso degli anni il marchio Volkswagen aveva conquistato attraverso i suoi consumatori, anche grazie alla fortunata longevità di modelli di successo come la Golf, è stata gravemente intaccata. Ora il colosso tedesco dovrà abbandonare il vecchio slogan e orientare le proprie strategie commerciali sulla mobilità  – spiega Herbert Diess, responsabile del brand Volkswagen – seguendo come principio generale l’assioma «Volkswagen non è solo l’automobile» al quale si ispireranno tutti i nuovi progetti in via di sviluppo e che comprenderanno ben 20 modelli fra elettrici o ibridi plug-in. Per questo nel Centro ricerca e sviluppo VW di Braunschweig, in Bassa Sassonia, sono al lavoro un gruppo di ingegneri per consentire il lancio del nuovo e rivoluzionario modello – definito «dell’era digitale» – in programma nel corso del 2019.

Il geniale inganno dell’algoritmo truccato

La «soluzione» usata dalla Volkswagen per raggirare il problema della omologazione dei motori quattro cilindri «EA 189» (Euro 5) del 2009, relativamente ai dati delle emissioni inquinanti di ossidi di azoto (NOx), è stato un algoritmo inserito nel codice identificativo del software che gestisce le principali funzioni del propulsore.

La centralina «intelligente» era in grado di riconoscere, attraverso alcuni parametri sensibili, quando la vettura era sottoposta a controllo di laboratorio per mezzo di una piattaforma automatizzata a rulli, riuscendo così a resettare i codici di funzionamento del motore, rimodulando una mappatura ad hoc in grado di ristabilire tutti i parametri necessari per superare il test di omologazione.

Una truffa in piena regola, che ha colpito la buona fede dei consumatori e contravvenuto a quelle che sono le rigide norme sull’inquinamento, già messe a dura prova in passato anche da altri marchi illustri come Toyota e Hyundai.

© RIPRODUZIONE RISERVATA – ARTICOLO PUBBLICATO PER GENTILE CONCESSIONE DI MASMAN COMMUNICATIONS

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Massimo Manfregola

Giornalista con esperienze nel campo della comunicazione, della carta stampata e della televisione. È specializzato nel campo del giornalismo motoristico, con una particolare passione per l'approfondimento di tematiche legate all'arte e alle politiche sociali. È il fondatore della MASMAN COMMUNICATIONS che si occupa di comunicazione nel settore delle produzioni audiovisive (anche aeree con i droni) e dell'editoria con la progettazione grafica e la stampa di libri e giornali.