Metafisica cristiana: Sulla causa prima dell’esistenza del mondo

Il mondo è la creazione di qualcuno o è il mondo in sé ad essere assoluto? La tematica che qui affrontiamo porta con sé una serie di domande e di temi: esistono categorie diverse di “essere” e, dunque, di esseri? In che gerarchia stanno e quali sono i rapporti che intercorrono fra essi? Un passo alla volta. Non c’è che mondo? Non c’è che natura?

In questa nostra tappa del viaggio speculativo sulla metafisica biblica, vogliamo affrontare un tema che non è di per sé centrale nella riflessione, ma, tuttavia, ci introdurrà lestamente in medias res (al centro del discorso, ndr.): il tema dell’esistenza di dio, di quell’essere, cioè, la cui essenza ed esistenza non dipende da altro, ab solutus (“sciolto da”). Il concetto “dio”, dal punto di vista filosofico, prende il nome di “assoluto”.

Ci chiediamo: possiamo pensare il mondo, la realtà contingente che vediamo attorno a noi, che ci circonda come assoluta? Oppure per la nostra mente è necessario che vi sia una realtà diversa dal mondo che sia l’assoluto? Infatti, potrebbe essere un’esigenza della nostra razionalità, della nostra mente quella di avere una causa prima, come spiegazione razionale ed esauriente di tutto il reale che ci circonda. In altre parole, si può andare indietro all’infinito a chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina? O la nostra ragione umana ha bisogno ad un certo punto di trovare la risposta a questa domanda?

La domanda, come qualunque domanda, esige una risposta perché, qualora non la si trovasse, la mente perderebbe d’interesse; ma non può l’uomo perdere interesse per la domanda sul proprio destino, come già abbiamo spiegato in un precedente articolo (http://www.horsemoonpost.com/2017/01/23/la-metafisica-cristiana-risponde-ai-quesiti-delluomo-chi-siamo-e-dove-andiamo/).

Accogliendo il presupposto che l’idea di assoluto sia una mera costruzione della mente umana, creata dalla sua tensione anagogica (L’anagogia è la tensione dell’uomo a sollevarsi conoscitivamente verso ciò che sta di là dal mondo finito e mutevole in cui è immerso. Cfr., Giacomo Biffi, Canto Nuziale, Jaca Book, Milano 2000, pg., 21), dalla delusione che la ragione prova di fronte ad una realtà contingente e deludente, proviamo a scandagliare l’ipotesi che l’assoluto non esista.

Che cosa esiste dunque? La realtà che ci circonda. Le possibilità che emergono sono tre: o il mondo è eterno e non ha mai cominciato ad esistere; o il mondo ha un inizio; o semplicemente il mondo esiste e basta e la sua origine non ha bisogno di nessuna giustificazione.

Ipotizziamo, allora, per un momento, che sia la realtà contingente che ci circonda ad essere assoluta, eterna. L’esperienza ci mette davanti, però, al dato di fatto che la realtà, di per sé, non è in grado di rendere conto di un fenomeno che avviene continuamente al proprio interno: il fenomeno della vita, di ogni vita, della vita di un qualsiasi essere vivente.

Per ogni vivente che nasce c’è qualcosa di nuovo che appare in un determinato momento. A partire dai gameti femminili e maschili, spermatozoi ed ovuli, di una qualsiasi specie vivente, viene alla luce qualcosa di più complesso, di elaborato, dopo un periodo in cui questa sintesi della vita non esisteva. Appare qualcosa di più. Bisogna rendere conto di qualsiasi nascita, di qualsiasi genesi, di qualsiasi creatura vivente che compaia ad un tratto; ogni inizio di essere pone il problema; anche ammettendo una interminabile sequenza di evoluzioni, il punto focale è la sintesi di qualcosa di nuovo, di totalmente diverso e che prima non esisteva: c’è un sorgere di un nuovo e diverso “essere” nel mezzo di una realtà, che non comporta o non comporterebbe ancora questo essere che nasce.

Come si spiega questa sintesi, questa nascita, questa nuova creazione?

Sorge dunque, all’interno di questa ipotesi, il problema di spiegare questo più nell’ipotesi di un mondo eterno; la realtà, da sé stessa, non è in grado di rendere conto, di spiegare questa nuova creazione.

C’è però un modo di sfuggire a tutto questo e sono le metafisiche mistiche dell’India, le Upanishad, o alcune mistiche occidentali quali per esempio l’Orfismo o le formulazioni di Empedocle che cercano di sfuggire a questo problema inevitabile affermando che tutto preesiste, che non c’è inizio d’essere, che la nascita non è che una apparenza, un emergere, sul piano dell’apparenza, di anime che preesistevano nell’uno, nell’assoluto, per cui la nascita non è che è una caduta, una discesa di anime preesistenti nei corpi. Queste metafisiche non negano l’assoluto, ma rifiutano la “creazione”: negano che esista un inizio d’essere, ma negano di fatto l’esperienza affermando una concezione determinata dell’Assoluto.

Noi però avviamo il ragionamento dall’ipotesi che l’assoluto sia una nostra costruzione mentale, una necessità della nostra ragione, una specie di teorema, di ipotesi che soddisfa il nostro bisogno razionale, ma che invero è totalmente inesistente nell’ordine della concretezza, dell’esistente. Non c’è che mondo e il mondo da solo contraddice l’esperienza, perché non spiega la comparsa della vita, di ogni vita.

A questo punto, proviamo a ragionare sulla seconda ipotesi, che il mondo abbia un inizio. Questa ipotesi si basa sull’idea di espansione dell’universo, originata da una grande esplosione chiamata Big Bang. In questo caso dobbiamo spiegare non solo e non tanto l’evoluzione, la genesi in itinere di qualcosa di nuovo non preesistente, cioè il problema dell’ipotesi precedente, ma dobbiamo spiegare il primo inizio: qualcosa appare dopo il nulla. Per la ragione umana questa ipotesi è più irrazionale di quella precedente; è, se vogliamo, particolarmente spettacolare, immaginifica: dal nulla, il nulla eterno, d’improvviso l’essere, la materia.

Ora, come è possibile l’essere dal nulla?

Ciò su cui il pensiero umano ha cominciato a interrogarsi è stata proprio la reale possibilità della genesi dell’essere dal nulla. E si è giunti molto presto a comprendere che dal “niente assoluto” – cioè dalla negazione dell’essere qualunque essere sia – è impossibile concepire la nascita, la genesi, il sorgere, l’inizio di qualcosa che sia. Ex nihilo nihil “dal nulla nulla”, direbbero i padri latini. Questo è il solo punto su cui il pensiero umano è d’accordo con sé stesso, nelle diverse branche e nei diversi rami: dal niente assoluto non può sorgere nessun essere. Tutte le grandi o principali tradizioni metafisiche sono d’accordo nel riconoscere che a partire dal niente assoluto, o dalla negazione di tutti gli esseri, qualunque essi siano, è impossibile concepire l’inizio o il sorgere di qualche essere. Le prime due ipotesi ci portano razionalmente a considerare che un qualche essere è primario. Si tratterà allora di vedere che cosa sia questo essere.

Delle ipotesi considerate rimane l’ultima: il mondo esiste e basta. La sua origine non ha bisogno di giustificazione metafisica. Questa affermazione nasce dal fatto che, per alcuni l’ipotesi di un universo limitato nel tempo non è né un’evidenza né una certezza; si propone allora, da parte di costoro di accontentarci di ciò che è indiscutibile sotto i nostri occhi: l’universo c’è e basta. Ci basta constatare il fatto dell’esistenza dell’universo e della nostra esistenza in esso. Così si afferma che gli esseri sono assurdi e che la loro esistenza non è giustificata da nulla.

Ora, sia che si sospenda il giudizio pensando che la ragione umana sia incapace di questa prospettiva (questa la posizione della critica kantiana); sia che ci si accontenti di ciò che ci è dato nell’esperienza, senza affrontare i problemi metafisici e lasciando questa preoccupazione ad altri, come fanno oggi buona parte degli scienziati; sia infine che si ritenga l’inesistenza della scienza se non positiva e sperimentale, tema su cui si articola il Positivismo cui è legata la posizione critica; in ogni caso è necessario che questo tipo di procedimento sia e rimanga strettamente metodologico.

Al contrario, nell’ipotesi che analizziamo, questa sospensione del giudizio sul problema diviene un dogma, una posizione metafisica definitiva. Si fa della metafisica; si afferma che gli esseri esistono ma senza giustificazione, senza fondamento metafisico, senza radici nell’essere, assurdi. Si afferma che il fenomeno è tutto, che non ci sono che fenomeni e che questi fenomeni non hanno alcun fondamento ontologico.

Prima o poi però è necessario porsi in una precisa ipotesi metafisica.

Abbiamo scoperto – nel nostro viaggio metafisico – che la realtà creata, la natura naturata, come la chiamava Baruch Spinoza, non è in grado di spiegare la creazione, che continuamente vediamo in essa, di esseri nuovi; sia che si tratti dell’unico “primo inizio” del mondo o di inizi nuovi dati da questa eterna sequenza di evoluzioni ed involuzioni dobbiamo ammettere l’esistenza di una ed una sola causa prima.

La novità d’essere, che appare in un dato momento, non si spiega, non si giustifica per mezzo dell’essere che la riceve, poiché vediamo nell’esperienza che l’anteriore non contiene l’ulteriore. Per giustificare il procedere della vita, è necessario un intervento esterno alla serie delle cause, poiché a ogni passaggio si manifesta un più non deducibile dal proprio anteriore. Le prime due ipotesi non sono dunque in grado di dare ragione razionalmente della genesi dell’essere.

Ancora, affermare la preesistenza di tutti gli esseri nell’essere anteriore, come fanno le metafisiche indiane o, in altro modo, il marxismo, significa rifiutare l’esperienza. Infine, l’affermazione: “l’universo esiste e basta” richiede, per la mente dell’uomo razionale, una spiegazione.

Senza l’Assoluto, dunque, il mondo non è spiegabile razionalmente.

Si tratta ora di capire quale.

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