Elezioni in Sicilia: voto e consenso pari non sono

Chi cerca il voto non ha niente da dire e da dare, se non supporto clientelare. Chi cerca il consenso, anche se avversario politico, merita attenzione e rispetto: ha da dire e dare soluzioni. L’astensionismo è il cancro della democrazia. Sicilia al voto: si può invertire il trend della follia PD


Palermo – In Sicilia, la campagna elettorale per la presidenza della Regione e il rinnovo del ‘parlamento’ più antico d’Europa è stata scoppiettante, ma non certo ‘densa’ di contenuti da tutti i fronti. I ‘veri’ candidati al vertice di Palazzo d’Orleans (volutamente tralasciamo i candidati marginali, rispettabili persone ma con speranze velleitarie) hanno dovuto fronteggiare effervescenze interne, critiche, contestazioni e tentativi di delegittimazione che hanno rallentato non poco la definizione dei programmi.

Tra impresentabili (senza che i capi delle coalizioni potessero formulare veti, se non nelle proprie liste personali) e minacce naziste formulate da salvatori della Patria dalla lingua sciolta; tra ininfluenza amministrativa e compostezza istituzionale; tra facce toste senza vergogna e cultori dell’indipendenza (dalla realtà storica) dell’isola, la campagna elettorale è fluita come degno epilogo del più indecente governo amministrativo regionale della storia repubblicana.

Tralasciamo volutamente i candidati a Palazzo d’Orleans (sede della presidenza della Sicilia, ndr), una riflessione dovrebbe impegnare l’elettorato per individuare un canone di interpretazione delle candidature, valutare lo spessore personale e culturale di chi ambisce a diventare uno dei 70 deputati del Parlamento più antico d’Europa.

Va detto, a scanso di equivoci, che una fetta sempre più consistente di elettorato non è più incline a sottoscrivere cambiali in bianco a Tizio o a Caio, ma pretende di valutare la piattaforma programmatica di governo per esprimere una preferenza, formulare un consenso (o, con argumentum a contrario, un dissenso). E non accenneremo a chi dei candidati alla presidenza della regione ha presentato un programma organico per la Sicilia e chi, al contrario, ha formulato auspici spiccioli destinati a colpire l’immaginario collettivo, facendo leva sui sentimenti ‘anticasta’: esula le finalità della nostra riflessione.

Quasi tutti i candidati all’Assemblea Regionale Siciliana hanno espresso valutazioni generiche sui problemi che attanagliano la Sicilia, muovendosi tra l’enunciazione di propositi di buon governo e la sempre verde volontà antimafia (assurta a ‘must’ ineludibile per fare carriera democratica), tra proclami a favore del turismo e un ambientalismo spesso senza costrutto.

Il motivo è presto detto: i candidati non hanno cercato il consenso perché hanno buoni propositi, hanno soluzioni da proporre per i problemi della comunità. Al contrario sono stati semplicemente alla spasmodica caccia del voto. Una differenza non da poco, effetto della incompetenza media del candidato attuale e del sinallagma criminale instaurato con il popolo elettore fino a qualche tempo fa: “mi dai il voto perché ti prometto qualcosa” (magari solo l’esercizio di un semplice diritto o l’accoglimento di una istanza ragionevole e fondata). Il popolo sovrano sottomesso ai ‘nuovi nobili’ di borbonica memoria, i quali trascorrevano il tempo attorno alla Corte della Real Casa a Palermo, tralasciando proprietà e affidandole ai gabelloti, protomafiosi (mentre altrove in Europa, a partire dall’Italia Settentrionale, i nobili si erano trasformati in imprenditori e si avvalevano di competenti amministratori nella gestione delle loro ricchezze).

In Sicilia regna ancora una certa aliquota di Feudalesimo, un sistema di potere verso cui il popolo manifesta ormai insofferenza, espressa con l’astensione, modalità residua per affermare “io ti delegittimo. Astenersi però è un errore madornale, perché fa emergere i più incompetenti, gli arrivisti, coloro che blaterano senza una base minima di competenza, spesso a dispetto di titoli di studio o di professioni esercitate con esuberanza.

L’astensione è il cancro della democrazia e della partecipazione popolare alle scelte della comunità, locale, provinciale, regionale, nazionale o europea che sia. Astenersi equivale a offendere il sacrificio di chi ha donato la propria vita per la libertà, per la democrazia, per la sovranità popolare, ma è anche un atto di autolesionismo, che consente agli incompetenti l’ascesa al potere di decidere della vita di ciascuno di noi.

Votare è dunque un diritto e un dovere, ma non esaurisce la responsabilità del popolo: da martedì, occorrerà sorvegliare deputati e presidente eletto; sarà indispensabile mettere sotto il tiro della critica costruttiva il loro operato; non servirà firmare la delega di rappresentanza democratica e lasciare a costoro – chiunque essi siano – libertà assoluta, ma sarà indispensabile agire con pungolo continuo i rappresentanti del popolo onesti, capaci di affrontare la mole di problemi che paralizzano la Sicilia.

Sappiano costoro guadagnarsi il consenso dagli avversari, più che pensare a estorcere il voto dai compari di cordata clientelare, dagli amici degli amici e da chi cerca protezione para-mafiosa per farsi gli affari propri. La Sicilia – laboratorio politico e sociale per l’Italia – ha la possibilità di ribaltare l’andamento verso il baratro cui ha condotto l’Italia un quinquennio di follia del PD, a Roma con Letta, Renzi e Gentiloni; a Palermo con Crocetta, il peggiore presidente della Sicilia di sempre.

Questa è la posta in gioco, questa la sfida, che i siciliani possono vincere o perdere.

Auguri, Sicilia bedda!

(PHOTO CREDIT: NASA-WIKIPEDIA) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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