La cultura della morte e alcuni cervelli italiani in fuga. Poi c’è anche chi resiste…

Due giovani bioetici italiani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, hanno scritto nel 2011 un testo di bioetica dal titolo “L’aborto post natale: perché il bambino deve vivere?” Due giovani cineasti milanesi, Gabriele Lodi Pasini e Antonio Losa, invitano a riflettere con un cortometraggio, “Le Prepersone”

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L’aborto è per taluni un reato, equiparato all’omicidio per mille ragioni: la più importante è che si ritenga la vita un valore non negoziabile, non valutabile in termini di peso, non appartenente a se stessi ma a Dio. Chi la pensa in questo modo crede in una norma morale, assoluta e valida solo per chi ne ritiene fondato il vigore. Non è purtroppo una norma positiva, visto l’esistenza di una legge dello Stato che consente, con molte limitazioni, il ricorso all’interruzione della gravidanza, legge valida per tutti coloro si trovino all’interno del territorio dell’ordinamento giuridico italiano. Salvo l’obiezione di coscienza, perché nessuno mai può imporre ad un altro di essere un assassino.

Discutere però di soppressione della vita – anche se si ricorre al gioco di parole di “aborto post-natale” – è ragionare di altro. È affrontare una ipotesi delittuosa, quella di omicidio e di istigazione alla commissione di omicidio, una ipotesi che il codice penale italiano individua all’articolo 414: istigazione a delinquere.

Questo è venuto in mente a Giuliano Ferrara, su “Il Giornale” del 12 maggio scorso (ripubblicato su “Il Foglio” online del giorno successivo). Denunziare pubblicamente Alberto Giubilini e Francesca Minerva (nella foto in alto), due bioeticisti italiani, due cervelli italiani fuggiti all’estero, autori di un aberrante articolo scientifico pubblicato nel 2012 su una rivista scientifica australiana – Journal of Medical Ethics – che sostiene la seguente tesi: così come in particolari condizioni – mediche e sociali – è ammesso l’aborto pre-natale, non ci sono ragioni etiche contro l’aborto post-natale, considerato che ogni neonato ha uno status morale di persona a livello potenziale, non effettivo. Sarebbe una “non persona”, eliminabile senza alcuna esitazione etica (articolo originale qui).

Il dibattito si è riacceso, perché la rivista ha pubblicato una monografia sul tema proprio nel numero di giugno 2013.

Quando abbiamo letto di queste teorie, in un primo momento abbiamo pensato a un articolo provocatorio, poi abbiamo approfondito. Sul blog di questa rivista scientifica si sono moltiplicati i commenti negativi e le proteste dei lettori, cui i due autori hanno risposto, confermando di aver parlato sul serio. Giubilini e Minerva si sono scusati, nel caso avessero offeso qualcuno, sostenendo che l’articolo fosse rivolto a un pubblico accademico, un esercizio di logica volto a mostrare che non esistono ragioni morali sotto il profilo bioetico per non consentire un “aborto post-natale”, per gli stessi motivi per cui si ammette quello “pre-natale”, per esempio perché la famiglia non può sostentare il neonato. A giustificazione della natura speculativa dell’articolo, i due cervelli italiani in fuga hanno affermato: «Nell’articolo non abbiamo raccomandato, né suggerito alcunché su ciò che la gente deve fare». Farisaico, diremmo.

A fronte delle critiche verso queste farneticazioni, c’è stato anche chi sul blog ha preso le difese dei due bioetici, altri scienziati che hanno definito “isteriche” certe reazioni dei lettori.

Per delineare il coté culturale in cui incastonare questa storia, i due scienziati (sic) italiani hanno discusso in passato all’Università San Raffaele di “status morale del feto”, sono protagonisti del dibattito scientifico italiano negli atenei di Bologna e Milano. Giubiini ha scritto sull’Unità, soprattutto contro l’obiezione di coscienza dei medici verso l’aborto; ha pubblicato articoli critici del Pontefice e contro l’obiezione di coscienza dei farmacisti, su “Critica liberale”, un mensile vivacizzato tra gli altri da Claudio Pavone, Alessandro Pizzorusso, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Il fior fiore dell’intelligenza di sinistra. Entrambi hanno partecipato alla promozione del libro di Beppino Englaro, “La vita senza limiti”, e sono legati a “Politeia” e alla “Consulta di bioetica”, due dei più importanti centri di bioetica laica in Italia.

I teorici dell’infanticidio con basi scientifiche sono dunque attorniati da uno straordinario parterre di colleghi e di compagni di merende orripilanti.

Di fronte a queste idee farneticanti, l’orrore da cui ciascuna persona normale è colta è già un buon segno di reazione, verso questa teoria eugenetica criminale, che andrebbe definita con un aggettivo adeguato: nazista. Ragione che dovrebbe spingere tutti noi all’azione, denunciando in sede penale Alberto Giubilini e Francesca Minerva, autori di una vera e propria istigazione a delinquere contro i bambini, esseri indifesi che affidano agli adulti la propria vita, non potendo comprendere di avere di fronte potenziali assassini seriali. Da cittadini italiani proviamo orrore nel pensare che questi due soggetti possano ricevere un centesimo di fondi pubblici, alimentati con nostre tasse, per sviluppare tesi tanto vergognose e per essere protagonisti di qualsiasi tipo di vita accademica.

Eppure, in tempi di Villaggio Globale, l’orrore declamato per iscritto non basta; la richiesta di denunziare per istigazione a delinquere Giubilini e Minerva, come ha fatto Giuliano Ferrara, non è forse sufficiente; fare terreno bruciato e informare su queste aberrazioni non coglie del tutto l’obiettivo di smuovere le coscienze contro il relativismo etico che ci spinge a considerare ammissibile l’inammissibile.

20130520-antonio-losa-gabriele-lodi-pasiniOccorre svegliare le coscienze con immagini che evochino l’orrore e producano una reazione positiva. In questo quadro di azione attraverso l’azione sinergica delle parole, dei suoni e delle immagini è interessante segnalare l’iniziativa di due giovani cineasti milanesi, Gabriele Lodi Pasini e Antonio Losa (nella foto a sinistra), autori di un cortometraggio no-profit, “Le Prepersone”, ispirato da un racconto di Phil K. Dick, con una sceneggiatura curata da Mattia Conti.

La storia: secondo recenti studi medici, il bambino fino ai tre anni non ha coscienza di sé come individuo e come essere umano; per questo motivo, il feto e il bambino fino ai tre anni di vita non hanno lo stesso “status morale” di persone e quindi sono considerabili solo “persone potenziali”. Si tratta, a tutti gli effetti, di pre-persone. Dal momento che l’aborto è accettato e legalizzato in molti Paesi e lo status del neonato è uguale a quello del feto, la soppressione di un bambino dovrebbe essere permessa in tutti i casi, come per l’aborto. Vista la problematicità del tema, in via provvisoria lo Stato ha deciso di permettere la pratica del prelievo dei bambini, ma non della loro soppressione; considerata la situazione, ai genitori è però permesso di rinunciare al proprio figlio fino ai sei anni. Per questo scopo è nata un’associazione non governativa, la Country Facilities, che si fa carico del prelievo dei bambini e del loro trasferimento nelle strutture dell’associazione stessa. In un piccolo paese, vivono due bambini, Andrea e Matteo, di sei e cinque anni; i due trascorrono insieme le calde giornate estive fino a quando la madre di uno dei due non decide di consegnare il figlio alla Country Facilities

Un cortometraggio che non è una deliberata risposta all’aberrazione di Giubilini e Minerva, ma che in modo indiretto mostra l’erroneità di certe affermazioni, secondo le quali i giovani italiani non mostrano sensibilità verso i temi etici e i valori a favore della vita. «Noi facciamo cinema, non medicina o morale, e pertanto raccontiamo quello che vediamo e sentiamo dentro» ci hanno dichiarato all’unisono Lodi Pasini e Losa – «abbiamo le nostre idee personali, riflessioni che condividiamo volentieri con altri, senza avere la pretesa di imporle a nessuno. Raccontiamo per chi ci vuole ascoltare e vuole riflettere con noi» chiarisconoi due giovani autori.

Le Prepersone” meriterà molto spazio sui media e noi lo pubblicheremo, appena il montaggio sarà concluso. Lo dobbiamo ai nostri valori, ai bambini oggetto di violenze indicibili e alla verità. Noi siamo per la vita, sempre e comunque; perché riteniamo che la difesa della vita sia non solo difesa delle libertà individuali, ma anche difesa della società libera. Rifiutiamo che ci possa essere qualcuno a decidere della legittimità di vivere di qualcun altro, per questo aborriamo la pena di morte.

Non ci sono giustificazioni filosofiche ai non-ragionamenti di Giubilini e Minerva, autori di una concezione che si esprime come autentica anticamera dell’eugenetica su larga scala e a un nazismo imperante prossimo venturo. Noi ci opporremo sempre a tutto questo.

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