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Padova, un altro poliziotto uccide e si suicida. Nessuno monitora la vita degli operatori della sicurezza nazionale

Motivi sentimentali alla base del gesto di Gabriele Ghersina, 38 anni, che ha ucciso la moglie, Silvana Casson, 50 anni, poi si è tolto la vita

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Un altro poliziotto che, sconfortato da chissà cosa, si è trasformato in omicida e poi si è eliminato dalla scena del delitto. A Cadoneghe, in provincia di Padova, Gabriele Ghersina, 38enne assistente capo del Secondo Reparto Mobile, esperto di armi, ha ucciso la moglie, Silvana Cassol, 50 anni, ex vigile urbano e fino a oggi dipendente del comune a Palazzo Moroni. Sposati dal 2011, la donna aveva due figli, un giovane di 23 anni e una figlia di 20, avuti da un precedente matrimonio, ma non abitanti con la madre.

L’allarme è stato lanciato dai colleghi di Ghersina che, non avendolo visto arrivare sul lavoro, hanno temuto fosse accaduto un incidente, quindi hanno telefonato a un vicino di casa che aveva le chiavi dell’appartamento, per chiedere di andare a controllare. Il vicino, entrato nell’abitazione, ha poi lanciato l’allarme dopo la macabra scoperta.

Sembrerebbe chiara la dinamica dei fatti: la donna sarebbe stata uccisa con un colpo di pistola alla nuca mentre dormiva, poi l’uomo si sarebbe (si è) sparato. Il corpo è stato trovato nella stessa stanza. Non altrettanto evidente lo scenario che ha portato a questo episodio di ulteriore violenza domestica, ma sembra che alla base ci fossero motivi sentimentali.

In pochi giorni, Ghersina è il secondo poliziotto ad essersi trasformato in assassino/suicida; il secondo che lascia esterrefatti i colleghi; il secondo che lascia una scia inconfondibile di disagio, di difficoltà psicologiche, di evidenti lacerazioni. Ma nessuna struttura operativa ha monitorato questi due poliziotti – Ghersina a Padova, Irrera a Palermo – una lacuna stupefacente nell’era dell’informazione.

Nei telefilm americani, a volte entrano in scena i poliziotti dei poliziotti, gli investigatori del servizio interno. Da noi non esiste qualcosa di analogo. La Polizia di Stato – ci conferma una fonte che intende mantenere l’anonimato – non pubblica perfino le percentuali dei suicidi, sostenendo che sotto il 3% non sia un dato rilevante dal punto di vista statistico.

Insomma, nella riorganizzazione di uno Stato che non funziona andrebbe considerata la indispensabile riforma dell’organizzazione generale della Polizia e degli altri corpi armati dello Stato, perché un poliziotto che muta la propria essenza e diventa assassino è un danno inferto alla società nel suo complesso, alimenta la sfiducia della cittadinanza.

Il disagio di chi indossa una divisa dovrebbe essere recepito, con largo anticipo, da apposite “antenne”, sensori delle difficoltà crescenti per lavoratori particolari del comparto pubblico. In termini di efficacia ed efficienza, Ivan Irrera e Gabriele Ghersina sono gli ultimi tragici certificatori di una disorganizzazione dello Stato che è l’effetto di una politica non in grado di adempiere al minimo sindacale del proprio dovere: organizzare e gestire l’azienda “Stato”. Le vittime di questi due tutori dell’ordine trasfiguratisi in angeli della morte sono anche vittime di una disorganizzazione sempre più intollerabile per il cittadino medio, che si sente “rapinato” da tasse altissime, utilizzate per finanziare un sistema medievale e inefficace. Non c’è tempo da perdere, altro che “accordi minimi” per le riforme istituzionali. Qualcuno lo dica a Renato Brunetta.

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