Giappone, Shinzo Abe vince anche al Senato, spinto da coraggio in economia e un moderato nazionalismo

La coalizione conservatrice ha ottenuto la maggioranza alle elezioni per il rinnovo della Senato giapponese. Dopo 6 anni i due rami del Parlamento tornano sotto il controllo del Primo Ministro in carica, che ha ottenuto il risultato grazie alle politiche di rilancio economico e alle posizioni conservatrici in politica estera

20130722-shinzo-abe_780x520

Tokyo – La coalizione conservatrice guidata dal Primo Ministro Shinzo Abe ha vinto le elezioni per il rinnovo della Camera Alta (senato) giapponese. Dopo sei anni, il premier al governo torna nel pieno controllo del processo legislativo. I risultati definitivi saranno chiari domani, ma sembra che il partito liberal-democratico di Abe e il New Komeito, alleato di governo, abbiano conquistato 76 dei 121 seggi senatoriali a disposizione.

«Abbiamo ricevuto un enorme sostegno dall’elettorato per la nostra politica, improntata sulla ripresa dell’economia e sulla stabilità» ha dichiarato il primo ministro nipponico, commentando in prima battuta il risultato elettorale, che dà alla coalizione di governo in totale 135 seggi della Camera Altra (sui 242 totali). Il Partito Democratico giapponese avrebbe ottenuto solo 17 seggi, il peggior risultato degli ultimi tre lustri.

Il risultato elettorale di Shinzo Abe premia la politica economica ed energetica del governo, tese a rilanciare l’economia e a rafforzare la fiducia nella società giapponese, anche in un quadro di moderato nazionalismo, soprattutto di fronte all’instabile condotta del regime della Nord Corea.

Il Primo Ministro ha spinto anzitutto il rilancio dell’economia, attraverso una politica monetaria volta a iniettare fiducia nel sistema economica. La Bank of Japan ha stampato moneta con cui ha “ricomprato” parte del debito pubblico, il cui rapporto con il PIL è del 236%, un dato di fatto attenuato grazie alla possibilità di agire sulla massa monetaria in circolazione anche a dispetto di un leggero innalzamento dell’inflazione. La politica monetaria ha fruttato al Giappone un incremento del 4% dell’economia e una crescita del mercato azionario del 40% nell’ultimo anno, segno della giustezza della manovra in tempi di crisi economica.

Sul fronte energetico, Abe ha avuto il coraggio politico di uno “stop&go” in campo nucleare. Dopo lo tsunami che danneggiò in modo grave la centrale atomica di Fukushima, il Primo Ministro ebbe il coraggio di fermare le centrali nucleari, anche a fronte di un aumento dei costi energetici e di un rallentamento della produzione. Salvo poi, sfidando l’ira dei conservatori, fare un poderoso dietro front e riaprire alla produzione di energia dall’atomo.

Anche la politica estera in qualche modo aggressiva ha avuto un ruolo nel successo di Shinzo Abe. Il Giappone ha tre dossier aperti con i propri – spesso imbarazzanti – vicini, tutti di ordine territoriale. Con la Cina ha aperta la questione delle isole Diayou (o Senkaku); con la Corea del Sud per gli isolotti Dokdo (o Takeshima) e con la Federazione Russa per le Curili meridionali.

La contesa con la Cina ha avuto più copertura di stampa a livello internazionale, perché sulle isole Diayou (che dal Giappone sono denominate Senkaku) ruotano ingenti interessi politico-strategici e anche economici, grazie alla presenza di ricchi giacimenti di petrolio e gas naturale.

Con la Corea del Nord i problemi derivano dall’aggressività del regime di Pyongyang, mentre con la Corea del Sud i problemi sono solo in apparenza di ordine territoriale sulle isolette Dokdo (chiamate Takeshima nel Paese del Sol Levante). In realtà, la questione è più complessa e connessa ad ambiti economici. La debolezza indotta allo Yen con le manovre monetarie hanno resto più competitivi i prodotti giapponesi e le prime a soffrire di questo effetto sono state le aziende sudcoreane, soprattutto del settore automobilistico, dove Hyundai ha visto rallentare la corsa all’esportazione.

Tuttavia, le contese territoriali hanno funzionato da catalizzatore per riproporre la questione riguardante l’articolo 9 della Costituzione giapponese, che non permette al Paese di avere forze armate, ma solo “forze di auto-difesa”, come retaggio della fine della II Guerra Mondiale e della Carta Fondamentale disegnata sotto la pressione degli Stati Uniti. Un “pacifismo” mal digerito, soprattutto dalle fasce più anziane della popolazione, che ha determinato un certo sostegno elettorale alla linea del partito conservatore.

Il sistema istituzionale giapponese è bicamerale imperfetto. Camera bassa e alta non hanno gli stessi poteri, ma il Senato ha la possibilità di bloccare una legge in discussione. Negli ultimi anni, la differente composizione dei due rami del parlamento aveva creato la cosiddetta “porta girevole”, un altro modo di descrivere i cambi al vertice succedutisi, ben sei negli ultimi sei anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

@johnhorsemoon