Hassan Rouhani continua nelle aperture verso l’Occidente: “Uniamo gli sforzi per il dialogo in Siria”

I presidente iraniano scrive al Washington Post e si offre come mediatore tra Damasco e i ribelli. “Il mondo è cambiato, non è più il tempo degli spargimenti di sangue, i capi di Stato mondiali devono trasformare le minacce in opportunità”. Anche la Confederazione mondiale delle Chiese orientali annuncia un incontro con i leader religiosi musulmani per aiutare il processo di pace

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Teheran – Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha inviato una lettera al Washington post mostrando un’evidente volontà di chiudere una fase storica dei rapporti tra un grande Paese come l’Iran e l’Occidente. Nella lettera, pubblicata ieri sera, Rouhani passa dalle mere intenzioni alle proposte concrete per risolvere problemi comuni, anzitutto quello della sicurezza internazionale. «Siamo pronti a incoraggiare le trattative tra il governo siriano e l’opposizione. È necessario unire gli sforzi e lavorare in modo costruttivo per un dialogo nazionale», parole che fino a qualche settimana fa sarebbe stato impossibile sentire da Teheran. «In Siria e nella regione – scrive il presidente Rouhani – bisogna ricreare un’atmosfera in cui la gente possa decidere del proprio destino».

L’Iran è storico alleato del regime degli Assad, non solo per motivi geostrategici – perché in mezzo alla linea con il Libano, dove le milizie sciite di Hezbollah dello sceicco Nasrallah sono la longa manus iraniana nel Mediterraneo – ma anche per motivi religiosi, appartenendo a una confessione sciita, gli alawiti, che da minoranza ha finora governato il paese.

Tuttavia, il gesto di Rouhani si inserisce probabilmente nel quadro di un rafforzamento della fazione realista in Iran, quella che a ragion veduta considera lo scontro frontale con l’Occidente un errore, anche nella complessa materia nucleare, che ha posto in grave fibrillazione le petromonarchie del Golfo Arabico. In Qatar, Bahrain, Arabia Saudita la forte presenza di popolazione sciita potrebbe costituire un elemento di disarticolazione dell’apparente equilibrio, foraggiato da un benessere elitario, che dona solo le briciole agli immigrati e alle minoranze. Una rassicurazione realista dell’establishment iraniano servirebbe a raffreddare tutta la regione, con effetti benefici perfino sul processo di pace israelo-palestinese.

«Il mondo è cambiato – scrive il neo presidente – la politica internazionale non è più un gioco a costo zero ma un’arena nella quale cooperazione e competizione devono spesso avanzare assieme. Non è più tempo di spargimenti di sangue, i leader mondiali devono trasformare le minacce in opportunità».

Hassan Rouhani ha condannato in modo inequivocabile l’uso di armi chimiche, a prescindere da chi le abbia utilizzate, e questo sarà di certo un argomento dello storico incontro con Barack Obama al Palazzo di vetro il prossimo 24 settembre, nel corso dell’annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite. «Più che pensare a come evitare che le cose peggiorino – afferma Rouhani – occorre parlare affinché i problemi siano migliorati», una svolta altrettanto storica.

Evidentemente, sull’orlo del precipizio la mente delle persone razionali cerca le soluzioni. Infatti, nel frattempo anche la Conferenza Mondiale delle Chiese orientali (Wcc) ha annunciato l’avvio di un nuovo tentativo di dialogo interreligioso con alcune personalità rappresentative del mondo musulmano. Olav Fyske Tveit, a capo della conferenza, ha spiegato che «l’obiettivo dell’iniziativa è tenere un meeting parallelo a Ginevra II, nel quale riunire i maggiori vescovi della regione e i leader islamici disposti ad aderire». Potrebbe essere una svolta.

Le varie comunità religiose della Siria hanno convissuto per secoli in modo pacifico e i cristiani – meno del 10% della popolazione – hanno sempre goduto di rispetto e tutela da parte delle autorità. L’ingresso di migliaia di jihadisti tra le fila dell’opposizione ha innescato la miccia dello scontro settario interno alla comunità musulmana tra sciiti e sunniti, ma ha trascinato tutto il Paese in un nuovo vortice di odio confessionale. «Non solo i cristiani, ma tutte le comunità religiose della Siria hanno paura – ha spiegato Michel Nasir, responsabile per la Wcc del programma per il Medio oriente – tutti sono vittime di questa guerra».

Se chi si appella a Dio cominciasse a ritenere incompatibile la religione e l’odio, la professione di fede e l’esercizio della violenza, la carità verso gli altri e l’odio bellico, allora il mondo potrebbe guardare al futuro con fiducia crescente. In fondo, un pensatore siciliano cristiano – don Luigi Sturzo – è il profeta della superabilità della guerra nelle relazioni umane, in quanto atto irrazionale di autodistruzione. La fiducia di Sturzo illumini le menti degli uomini che hanno in mano il presente e il futuro del mondo.

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