Iran-USA: Rouhani favorevole a ripresa voli diretti. Prosegue la “glasnost” del presidente iraniano, contestato in patria

La rotta aerea Teheran-Washington chiusa dal 1979: il presidente è favorevole al ripristino. In centinaia ad accoglierlo in Iran al suo ritorno da New York. Isolate le proteste degli islamisti radicali, ma i pasdaran mettono in guardia: “L’ostilità statunitense non può essere dimenticata dopo una telefonata”

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Teheran – Se le telefonate tra Barack Obama e Hassan Rouhani dovessero mantenersi sui toni di venerdì 27 settembre, gli iraniani residenti in America potranno presto volare a Teheran senza dover effettuare scali intermedi. «Il presidente Rouhani ha chiesto di sondare la possibilità di un volo diretto tra Iran e Stati Uniti – ha riferito ieri Akbar Torkan, responsabile del Supremo consiglio per gli iraniani espatriati – la decisione è volta a rendere più agevole il ritorno in patria dei nostri connazionali che vivono in America».

Sull’onda dell’incoraggiante dialogo avviato al Palazzo di Vetro nei giorni scorsi e della storica telefonata con il presidente statunitense Barack Obama, il presidente Hassan Rouhani (rientrato in Iran il 28 settembre) ha chiesto ai propri collaboratori di studiare il ripristino della tratta aerea Teheran-Washington, rimasta chiusa negli ultimi 34 anni. Il provvedimento, la cui notizia è stata diffusa dalle agenzie iraniane nel pomeriggio di ieri, si propone di facilitare i contatti con la madrepatria agli oltre 400mila iraniani che risiedono negli Stati Uniti.

Di ritorno dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Hassan Rouhani è stato accolto con entusiasmo all’aeroporto Mehrbad di Teheran, dove centinaia di sostenitori si sono radunati per manifestare contentezza e approvazione di fronte alla ripresa del dialogo diplomatico con Washington. Nella folla accalcatasi all’uscita del terminal erano presenti tuttavia anche alcune decine di giovani oppositori, soprattutto dalle fila dei gruppi islamisti radicali; molti dei quali hanno tentato di esprimere il proprio disappunto scandendo slogan come “morte all’America!”. Un classico.

Anche le dichiarazioni giunte dai vertici delle Guardie della Rivoluzione cercano di frenare l’ondata di entusiasmo che ha investito la stampa internazionale e la parte più moderata della popolazione: «L’ostilità statunitense non può essere dimenticata con una telefonata o un sorriso», ha dichiarato il generale Amir-Ali Hadjizadeh, comandante in capo dei pasdaran.

Oltre al dibattito all’interno della comunità internazionale, la volontà di dialogo manifestata dal neopresidente sta suscitando reazioni contrastanti all’interno dello stesso Iran. Se una buona parte della popolazione, vessata dalle sanzioni che incombono sul Paese dal 2006, spera che la ripresa dei rapporti con l’Occidente possa comportare notevoli vantaggi economici, il fronte islamico più coriaceo, costituito dai Guardiani della Rivoluzione, continua a manifestare scetticismo e disapprovazione.

Nei giorni precedenti alla partenza di Rouhani per New York, la Guida Suprema – ayatollah Ali Khamenei – aveva intimato agli stessi pasdaran di non interferire con la politica estera del presidente neoeletto, suggerendo a quest’ultimo una linea di “eroica flessibilità” in vista dei colloqui all’Onu. Alla Guida Suprema aveva fatto eco lo stesso Rouhani, chiedendo ai Guardiani della Rivoluzione di «stare fuori dalla politica e rappresentare un forza di pace».

(AsiaNews)