Atmosfere contemporanee per i ritratti di Antonello da Messina in mostra al MART di Rovereto
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, la Regione Siciliana e la casa editrice Electa presentano una mostra dedicata a Antonello da Messina, con varietà di opere esposte, grazie a prestiti internazionali concessi per l’occasione, ma anche per l’inedita ampiezza cronologica dei confronti proposti
C’è tempo fino al 14 gennaio 2014 per scoprire la mostra “Antonello da Messina” al MART di Rovereto, museo legato all’arte contemporanea ma che ha voluto concludere un anno ricco di successi dedicando una esposizione monografica a uno dei pittori più intriganti del ‘400, interprete del fermento creativo mediterraneo e europeo.
A cura di Ferdinando Bologna e Federico De Melis – con la collaborazione di Maria Calì e Simone Facchinetti – il percorso vanta un ventaglio di opere provenienti da numerosi musei della Regione Siciliana, dalla Galleria Borghese di Roma, dai Musei Civici di Venezia, dalla Fundación Colección Thyssen Bornemisza di Madrid, dal Philadelphia Museum of Art e dal Metropolitan Museum di New York. Sono inoltre esposte alcune tele non presenti nella recente retrospettiva dedicata al pittore siciliano come il “Ritratto di uomo” appena restaurato, il “Salvator Mundi” della National Gallery di Londra, la “Madonna Benson” custodita alla National Gallery di Washington.
La volontà del MART di Rovereto è quella di proporre uno studio articolato e una lettura innovativa della figura di Antonello da Messina attraverso l’analisi del contesto storico in cui nasce e vive, dei suoi esordi come pittore dapprima a Napoli e poi a Venezia, non tralasciando il rapporto con la Milano sforzesca e l’arte fiamminga, indagando anche le controversi ancora aperte che però, all’interno del percorso espositivo, sono chiaramente evidenziate come elementi su cui la critica deve ancora ragionare.
Siciliano d’origine, Antonio di Giovanni de Antonio – detto Antonello da Messina – si forma nella bottega di Colantonio nel contesto vivace della corte aragonese di Napoli, all’epoca, una delle più effervescenti d’Europa dove era possibile ammirare capolavori dell’arte provenzale e catalana ma anche nordica da cui il pittore trasse sostanziale ispirazione. Tra il 1475 e il 1476, Antonello si trasferisce a Venezia dove toccherà il culmine della sua carriera artistica grazie all’incontro con l’arte figurativa veneta – molto legata all’uso del colore rispetto alla scuola fiorentina dedita alla meticolosità del disegno – e al pittore Giovanni Bellini che gli consentiranno di coniugare alla spazialità razionale dell’arte italiana, la capacità di far divenire il colore luce e di proiettare lo spettatore all’interno del dipinto e della psicologia del soggetto rappresentato.
È proprio il ritratto il momento in cui Antonello da Messina esprime maggiormente la sua intelligenza creativa, in grado di investigare le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’essere umano; nel ritratto ritroviamo molti riferimenti all’arte fiamminga come la posa di tre quarti, il parapetto usato come divisorio tra il soggetto e lo spettatore, il trompe-l’oeil, il fondo scuro che spinge la figura verso l’osservatore così da creare un dialogo intenso e mai banale.
Ma per una comprensione più approfondita dell’arte del ritratto, delle novità introdotte da Antonello da Messina e per consentire al visitatore di fare un parallelismo tra il passato e il presente, il MART ha scelto di affiancare una seconda mostra “L’altro ritratto” a cura del filosofo Jean Luc Nancy in cui il genio messinese dialoga con l’arte contemporanea. Come dichiarato dalla direttrice del museo roveretano, Cristina Collu, “È una sfida solo apparente, perché in realtà vi è un filo unico: il volto, un’icona misteriosa che rimane sempre irraggiungibile”.
Proprio attraverso queste parole possiamo cogliere la grandezza artistica di un’opera straordinaria come la “Annunciata” – conservata a Palazzo Abatellis a Palermo e oggi in mostra, non senza polemiche, a Rovereto – in cui il volto della Vergine, avvolto nel manto celeste, emerge dal fondo scuro, scrutando lo spettatore al quale con la mano sembra rivolgere una benedizione. Non sappiamo se l’angelo sia appena andato via o se il momento dell’annunciazione si stia compiendo davanti ai nostri occhi, ma il volume piramidale del corpo, in leggera torsione, diviene involucro caldo dei pochi lembi di pelle visibili, in impercettibili passaggi chiaroscurali che determinano un’anticipazione del realismo e un uso della luce, che lieve lambisce il volto, quasi caravaggesco.
La straordinaria poesia di Antonello da Messina è tutta qui, in una delle sue opere più conosciute, capace di catturare lo spettatore; non si può smettere di osservarla, di frugare tra le pieghe del manto, tra le linee delle mani e le sfumature dell’olio, avvertendo una vicinanza, una sinergia, una verità con quella giovane fanciulla pronta a staccarsi dalla tela per poi divenire, improvvisamente, enigmatica, ieratica, lontana, protagonista di un sogno.
Dal Mart di Rovereto vi ringraziamo per l’articolo. Per chi fosse interessato ad approfondire il progetto della mostra segnaliamo le interviste ai curatori sul nostro canale Youtube:
-> Presentazione mostra di Ferdinando Bologna
-> Conversazione con Federico De Melis “Il mio Antonello” (parte I)
-> Conversazione con Federico De Melis “Il mio Antonello” (parte II)
-> Conversazione con Federico De Melis “Il mio Antonello” (parte III)