Insaziabile Vettel, vince in Brasile ed eguaglia i record di Ascari e Schumacher

Webber a podio nell’ultimo GP della sua carriera, Alonso fine della dieta! Massa, penalità scandalosa, la Mercedes seconda nel costruttori. Button e Perez, che rimonta!

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Sebastian Vettel, vincendo il Gran Premio del Brasile sul circuito di Interlagos, ha eguagliato il record di 13 vittorie stagionali di Michael Schumacher (del 2004, con Ferrari) e di nove vittorie consecutive con Alberto Ascari (sebbene in due stagioni). Avrebbe infilato l’ennesimo en plein, se Mark Webber, secondo al traguardo, non avesse tolto tale soddisfazione al pilota di Heppenheim, staccando il giro più veloce in gara al 51° giro (1’15’’436). La quarta doppietta stagionale della Red Bull segna anche la trentanovesima vittoria di Vettel in Formula 1, coronamento di una stagione trionfale e trionfante, con il quarto titolo iridato consecutivo.

Fernando Alonso, dopo sei gare di forzato digiuno, torna sul podio con la stessa Ferrari di Singapore: in questa Formula 1, partire davanti in griglia significa metà lavoro fatto. Vi pare normale?

Sotto il podio, maestoso Button partito 14° – per lo scivolamento di Perez di cinque posizioni, causa sostituzione non programmata del cambio – scalatore della classifica con una McLaren dotata di intelligenza: la sua. Grande gara anche per il messicano, che dal 19° posto si è portato fino al 6°, preceduto solo da Rosberg, detto “o spione” (ora vi spieghiamo perché), quinto malgrado una Mercedes scortese con le gomme posteriori.

Massa, settimo al traguardo nell’ultima gara con la Ferrari in Formula 1, ha da recriminare, ma non con il team: con una direzione di gara che dovrebbe essere rinnovata con la brutalità di una pensione che tarda a venire: Charlie Whiting avrebbe già dato, signori, è ora di godersi un meritato “Pass Vip”, con champagne e smancerie da public relations annesse, ma basta castronerie.

Hülkenberg, Hamilton e Ricciardo chiudono la zona punti: del primo non si sa se rimarrà alla Sauber (dove forse la Ferrari vuole 201311124-f1-ev19-race-story-300x204tenerlo in caldo) e del terzo si sa che è l’ultimo punto con la cugina senza zucchero della Bibita Master: da domani è in quota Red Bull in servizio permanente effettivo.

L’acqua si è vista nell’ultimo terzo di gara, ma con il contagocce. Sarebbe cambiato qualcosa? Secondo noi no in pista, ma il trambusto avrebbe potuto provocare qualche cavolata ai box e qualche confusione con la Safety Car. La superiorità della Red Bull di Sebastian Vettel è disarmante in ogni condizione meteo: forse anche con una scossa di terremoto il tedesco darebbe 10 secondi al primo degli inseguitori. Tutto merito suo? In assenza di una seria verifica sulla corrispondenza della monoposto di Adrian Newey ai regolamenti, la risposta non può essere che “sì”. Tuttavia la differenza con la monoposto di Webber nel corso della stagione a volte “è stata poco comprensibile”, ha detto Alberto Antonini in diretta su Sky, nell’analisi post gara con Sarah Winkhaus. Di più non si può aggiungere.

Qualcosa da aggiungere ci sarebbe sulle decisioni del direttore di gara e dei commissari sportivi, che hanno comminato a Felipe Massa un Drive Through giusto: ma giusto solo a patto che lo avessero comminato anche a Sebastian Vettel, Mark Webber e Nico Rosberg, “o spione” perché è stato lui a segnalare al direttore di gara la “scorrettezza” del brasiliano. Naturalmente, se scherziamo appellando “o spione” il pilota della Mercedes, non scherziamo quando rivendichiamo che i regolamenti siano applicati in modo eguale verso tutti. A Felipe è stato negato un risultato migliore del settimo posto: Alonso nel dopogara ha dichiarato che gli avrebbe ceduto il podio, un gesto di cui non potremo mai verificare la veridicità. Ci dobbiamo attenere a quanto detto dal pilota spagnolo, che avrebbe fatto un gesto pacificatore definitivo con Massa.

Ma non è questo il punto. La questione aperta è che una certa “morbidezza” con Vettel (non un fatto raro, tutt’altro…) è l’effetto di una forza politica della Red Bull, che spende in Formula 1 una parte sostanziosa del budget stanziato per il marketing. E di converso, questa forza mostra il declino di quello della Ferrari, che però rimane un brand più forte della F1 stessa. Sarebbe il caso di ricordarlo a Bernardino Ecclestone e a Giovannino Todt, dei quali ameremmo vedere il colore del viso se la Ferrari annunciasse di prendersi una pausa di riflessione, vista la continua mortificazione subita in merito a ogni proposta di innovazione in F1.

Non si può discutere il successo ottenuto in pista, se le regole valgono solo per qualcuno, non per altri. Oggi è stato eclatante il doppiopesismo dei commissari sportivi, tra cui Mark Blundell, che pilota è stato e che la curva prima del traguardo di Interlagos l’avrà percorsa allo stesso modo sempre. Ma non contestiamo la penalità che ha impedito a Massa un risultato brillante, recriminiamo sul fatto che le regole non siano state fatte rispettare a Vettel, Webber e Rosberg. Punto.

La Mercedes – anche rilevando la “scorrettezza” di Massa (ma nessuno ha fatto lo stesso con Rosberg) – ha mantenuto il secondo posto in classifica costruttori per soli sei punti dalla Ferrari. Il team di Maranello in Brasile era in forma migliore, soprattutto con le gomme, ma il ritardo da recuperare era troppo ampio, per superare la Stella a Tre Punte.  

Assente dalla lotta la Lotus: la gara di Romain Grosjean è andata in fumo (letteralmente) al secondo giro, insieme al motore (ripetuta la rottura di Singapore). Kovalainen, partito 11°, ha perso perfino tre posizioni, dopo essere piombato al 20° posto dopo i primi pit stop. Al riguardo, occorre fare una riflessione che coinvolge Davide Valsecchi, terzo pilota di Enstone. Se al posto del finlandese ci fosse stato il pilota comasco, non ne avrebbe tratto benefici in termini di carriera e avrebbe dovuto fronteggiare critiche feroci. Oggi Valsecchi può ancora avere qualche chance in futuro di guidare una F1, anche se noi gli consiglieremmo di andarsene in America, ma il “figurone” di Heikki Kovalainen dimostra che nell’attuale F1 le “missioni impossibili” sono davvero impossibili. Senza provare una monoposto non si può andare forte e non si può andare forte se, in qualche modo, non si riprende in mano la pratica dello stress di girare per 70 giri in una simulazione di GP. L’impossibilità di provare è una sciocchezza pazzesca, che impedirà sempre l’emergere dei veri talenti, se non di quelli presi “caldi-caldi” dalle formule minori e proiettati nella massima formula senza soluzione di continuità.

Insomma, questa Formula 1 sta snaturando se stessa, tra business prevalente, insensatezze regolamentari, eccessi di zelo giudiziari e conflitti di interesse. Urgerebbe un cambio di passo etico, per ridare alle corse un valore sportivo che non hanno più da tempo. Forse Mark Webber ne troverà di più nel Mondiale Endurance, dove correrà con un grande marchio – la Porsche – e in un ambiente in cui la professionalità non è minore che in F1, ma è sicuramente maggiore la gioia di correre, l’ambiente, una certa genuinità sportiva originaria: quella che attrae alla 24 Ore di Le Mans migliaia di persone per tre giorni, h24!

Webber lascia la F1 senza rimpianti. Ci mancherà la tua allegra serietà, la giusta misura, quel non-sappiamo-che di sereno della sua carriera in F1. In fondo, mentre si beve champagne sul podio, c’è gente nel mondo che lotta per mettere qualcosa tra i denti. Non dimentichiamolo mai di essere, ciascuno nel proprio ambito, un po’ privilegiati, se abbiamo il tempo, la voglia e l’interesse di seguire le corse (e di scriverne).

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2013 FORMULA 1 GRANDE PRÊMIO DO BRASIL 2013 – Gara

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L’analisi tecnica della pista dal punto di vista della Pirelli, a cura di Mario Isola

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.