India/Marò, la farsa continua. La Session Court rinvia l’udienza a gennaio 2014
Il tribunale di Patiala House è stato adito dalla NIA per trasferire la giurisdizione sul caso dei fucilieri del Battaglione San Marco, Latorre e Girone. Il rinvio è considerato un fatto positivo dai legali che assistono i due militari italiani, perché la corte ha accolto le obiezioni a favore degli italiani. Il Governo continua a usare un basso profilo, è giunta l’ora di atti forti interni e internazionali
Il giudice indiano Dharmesh Sharma, incaricato di esaminare a New Delhi il caso che vede coinvolti i due fucilieri del Battaglione San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ha rinviato l’udienza al prossimo 8 gennaio, accogliendo le obiezioni della difesa dei militari italiani, i quali avevano contestato l’assenza del rapporto di polizia con cui si definiscono con chiarezza i capi di imputazione.
La NIA (National Investigation Agency) aveva adito la corte della capitale indiana perché venisse concesso il trasferimento di giurisdizione a un tribunale competente per casi di terrorismo, sostenendo che i fatti debbano essere regolati dalla Sua Act, la legge federale indiana del 2002 che statuisce sui casi di pirateria.
Gli avvocati del team che assiste i militari italiani – e dunque lo Stato italiano – hanno peraltro sottoposto all’attenzione del giudice il fatto che la sentenza della Corte Suprema affidante l’indagine alla NIA esclude espressamente il vigore della Sua Act, legge che prevede anche la pena di morte.
Di fronte alla potenza di queste obiezioni, il giudice ha chiesto all’accusa di dimostrare il rispetto della notifica dei capi di imputazione, ricevendo assicurazioni che questo «avverrà al massimo in 15 giorni». Circostanza che ha determinato il presidente della Corte al rinvio a gennaio.
A questo punto, il Governo italiano non può più continuare la linea morbida e di basso profilo tenuto finora. Appaiono sotto una luce corretta le moderate dichiarazioni della ministro degli Esteri, Emma Bonino, in merito al paventato ricorso alla condanna a morte, diffusesi qualche giorno fa, dopo un articolo comparso sul quotidiano indiano Hindustan Times.
Bonino aveva rassicurato le notizie provenienti dall’India, peraltro diffuse da una testata che è nota per i toni sensazionalistici, ma spesso infondati e smentiti dai fatti. «Mi sento di non avere questo tipo di preoccupazione», aveva dichiarato, precisando che il ricorso alla pena di morte era stato «escluso dal governo» indiano.
L’impegno del Governo e della Farnesina, aveva assicurato la ministro degli Esteri, è «a tempo pieno», grazie anche al ricorso dei «migliori penalisti» indiani e a continui contatti a livello «politico e diplomatico, oltre che giudiziario», ragione che le farebbe esprimere fiducia nel potere riportare a casa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Tuttavia, Emma Bonino aveva anche affermato nei giorni scorsi una preoccupazione sulla «possibile politicizzazione del caso», un pericolo non eventuale ma attuale (clear and present, direbbero a Washington). È chiaro che la posizione indiana sul caso soffra di una strumentalizzazione a fini interni, cui non è estranea il ruolo di Sonia Gandhi nella politica di quel grande ed eterogeneo Paese.
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non ci rispetta proprio piu’ nessuno
nemmeno fuori dall’europa
da dominatori di un impero a questo
mah!