La Fiat acquista il controllo totale della Chrysler, in ballo anche il futuro dell’auto in Italia
Annunciato l’accordo con Veba per il 41,4616 per cento del pacchetto azionario della terza più grande azienda automobilistica americana. Dal 20 gennaio Chrysler sarà tutta del Lingotto. Si attendono le reazioni dei mercati. Osmosi di processi e tecnologie, in cui gli italiani non giocheranno un ruolo di rimessa. Alleggerire il peso fiscale sull’auto in Italia, per rianimare un settore in stato comatoso
Fiat ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il Veba Trust, il fondo controllato da UAW (United Automobile Workers, definizione sintetica di The International Union, United Automobile, Aerospace and Agricultural Implement Workers of America), il sindacato americano dei lavoratori dell’automobile.
In base all’accordo, il Lingotto acquisirà il 41,4616% del pacchetto azionario di Chrysler nel portafoglio del Veba. Il l’operazione sarà chiusa entro il prossimo 20 gennaio, per un valore concordato di 3,65 miliardi di dollari in due tranche: 1,9 miliardi sotto forma di dividendo straordinario e 1,75 miliardi in contanti. La parte in contanti sarà versata attingendo a liquidità disponibile e non comporterà un aumento di capitale di Fiat Spa. Anche il dividendo straordinario di Chrysler Group sarà distribuito attingendo a risorse proprie.
Il ricorso a risorse disponibili è un punto su cui il comunicato di Fiat Spa è esplicito, soprattutto per tranquillizzare i mercati sul fatto che l’operazione avviene in un quadro di sostenibilità finanziaria. L’acquisto del controllo della restante parte delle azioni di Chrysler Group sarà effettuato tramite Fiat North America LLC, controllata per intero dalla Fiat.
L’accordo però ha una portata più vasta, perché si inquadra in una prospettiva di rafforzamento della collaborazione tra Fiat North America, tramite Chrysler, e UAW, perché prevede la sottoscrizione di un MoU (Memorandum of Understanding), un Memoranudm di intesa volto all’integrazione del contratto collettivo della casa automobilistica americana per un importo complessivo di 700 milioni di dollari, in quattro quote pagabili su base annua, con la prima pagata entro la chiusura dell’operazione e gli altri tre nei successivi tre anni.
Di contro, UAW contribuirà a sostenere le attività industriali di Chrysler Group e sviluppare ancora l’alleanza Fiat-Chrysler, tra cui l’impegno allo sviluppo di programmi di World Class Manufacturing per lo sviluppo di piattaforme modulari, in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi di medio e lungo periodo del gruppo. Altro aspetto, sarà lo sviluppo delle attività di confronto operativo e delle prassi delle due sponde del gruppo Fiat-Chrysler, per trarre il massimo operativo attraverso l’adozione di uno standard comune che colga gli aspetti migliori ed elimini le criticità di sistema e di prodotto.
Vi è un’ulteriore conseguenza dell’accordo, la chiusura dell’azione giudiziaria tra Fiat North America e UAW di fronte al “Court of Chancery del Delaware relativa all’interpretazione del contratto di call option in base al quale Fiat, attraverso FNA, ha esercitato tre tranche di una call option per l’acquisto della partecipazione detenuta dal VEBA Trust in Chrysler Group. L’intera partecipazione detenuta dal VEBA Trust sarà infatti acquisita da FNA nel contesto delle operazioni sopra descritte” è precisato nel comunicato emesso ieri sera da Fiat Spa.
«Aspetto questo giorno sin dal primo momento, sin da quando nel 2009 siamo stati scelti per contribuire alla ricostruzione di Chrysler», ha commentato John Elkann, Presidente di Fiat. «Il lavoro, l’impegno e i risultati raggiunti da Chrysler negli ultimi quattro anni e mezzo sono qualcosa di eccezionale e colgo questa opportunità per dare formalmente il benvenuto a tutte le persone di Chrysler nella nuova realtà frutto dell’integrazione di Fiat e Chrysler».
Altrettanto evocative le parole di, Sergio Marchionne, Amministratore Delegato di Fiat e Presidente e Amministratore Delegato di Chrysler. «Nella vita di ogni grande organizzazione e delle sue persone ci sono momenti importanti, che finiscono nei libri di storia» ha detto il manager italo-canadese, il quale ha sottolineato come «l’accordo appena raggiunto con Veba è senza dubbio uno di questi momenti per Fiat e per Chrysler».
«Sarò per sempre grato al team di leadership per il sostegno e per il loro incessante impegno nel realizzare il progetto di integrazione che oggi assume la sua forma definitiva. Questa struttura unitaria ci permetterà – ha precisato Marchionne – di realizzare pienamente la nostra visione di creare un costruttore di auto globale con un bagaglio di esperienze, punti di vista e competenze unico al mondo, un gruppo solido e aperto che garantirà alle sue persone un ambiente di lavoro stimolante e gratificante».
Il giudizio che il mercato darà dell’operazione, fin dall’inizio obiettivo del Lingotto, sarà un dato interessante. È un’azione dal sapore di rivincita internazionale del Gruppo Fiat, a fronte di un settore vessato e messo in ginocchio in Italia dai governi succedutisi negli ultimi 30 anni.
Così come sarà interessante verificare le ripercussioni sulla politica industriale nazionale e sulla leva fiscale che pesa sull’automotive nazionale in modo soffocante. È un punto su cui Filippo Pavan Bernacchi – presidente di Federauto, la federazione dei concessionari italiani di automobili – è tornato anche nel recente incontro con il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. Sull’automobile il colpo di grazia l’ha inferto il governo Monti, con decisioni contrarie perfino alle raccomandazioni della Commissione Europea in tema di detrazioni di costi automobilistici aziendali (oggi ridotte a un incredibile 20 per cento), di tetto di spesa (oggi limitato a 18 mila euro), solo per fare un esempio.
Serve anche un deciso mutamento di indirizzo del sistema bancario, che deve ritornare a prestare i soldi alla gente, ma di certo è che se non riprende l’economia non si potrà assistere a una rianimazione di un sistema, come quello che ruota attorno all’automotive italiana, in uno stato comatoso, con terribili conseguenze sul piano occupazionale. Expertise difficilmente collocabili in altri settori, proprio per le peculiarità del tipo di prodotto. Una perdita che non è solo economica, industriale e professionale, ma anche culturale per quel che ha rappresentato l’automobile nel processo di sviluppo post-bellico del Paese.
Servono però decisioni veloci e in controtendenza, ma purtroppo il Governo di Enrico Letta non sembra in grado di affrontare problemi di siffatta complessità.
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