I Bronzi di Riace tornano in piedi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria

Dopo quattro interminabili anni di restauri e grazie alla ferma volontà del ministro dei  Beni Culturali, Massimo Bray, i due guerrieri di provenienza greca sono di nuovo fruibili al grande pubblico

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Iniziato nel 1972 al largo delle coste reggine di Riace Marina, il viaggio dei “Bronzi” è finalmente terminato lo scorso 6 dicembre quando, con una blindata movimentazione notturna, hanno fatto ritorno al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria – M.A.N.R.C. – alla presenza del ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray.

Rinvenuti dal subacqueo Stefano Mariottini, durante un’immersione alla profondità di 8 metri, i due guerrieri dalla bocca di rame hanno subito destato l’interesse in tutto il mondo, alimentando numerose domande circa la provenienza, la datazione, la realizzazione, la collocazione originaria e la destinazione, subendo, allo stesso tempo, frequenti spostamenti e trattamenti di conservazione che ne hanno limitato l’esposizione al grande pubblico.

Il primo restauro risale al periodo 1975-1980 a Firenze dove, oltre alla pulizia delle superfici esterne, le due statue vennero parzialmente svuotate della terra di fusione originaria che, mescolatasi con i cloruri, stava corrodendo il bronzo. Seguì una prima esposizione al Museo Archeologico di Firenze e poi una seconda, voluta dall’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, al Quirinale, che permisero di puntare i riflettori sulla dirompente bellezza dei due bronzi di matrice greca.

Venti anni dopo, a Reggio Calabria, la totale rimozione della terra fu stata portata a termine tanto che i due corpi dagli iniziali 400 kg hanno raggiunto, dopo lo svuotamento, il peso di 160 kg.

Trasferiti nel dicembre 2009 a Palazzo Campanella – sede del Consiglio Regionale della Calabria – i due guerrieri sono rimasti in attesa per ben quattro anni del completamento dei lavori di restauro del Museo Archeologico reggino, mostrandosi ai visitatori attraverso il filtro di un vetro di protezione e in posizione orizzontale, suscitando polemiche infuocate riguardanti la scorretta valorizzazione, l’incapacità gestionale e il disinteresse dei vertici dei Beni Culturali.

Oggi, invece, il nuovo impulso dato al ministero da Massimo Bray, si è resa l’apertura anticipata del MANRC, ristrutturato su progetto di Paolo Desideri.

Con gabbie antisismiche mimetizzate e camini bioclimatici nascosti dietro le pareti per il controllo rigido di temperatura e umidità, la statua A – nel gergo comune “il giovane” – e la statua B – “il vecchio” – hanno ritrovato tutta la loro maestosa verticalità.  I due corpi nudi si ergono evidenziando la possente muscolatura – più dinamica nel vecchio, più statica nel giovane – le vene di mani e piedi che il bronzista Pitagora Di Reggio per primo rappresentò minuziosamente nel V sec. A.C., periodo a cui risalirebbero entrambe le statue.

Sicuramente dotati di scudo – tenuto con la mano sinistra – e lancia – tenuta con la mano destra – le due opere possedevano anche un elmo, che venne posto successivamente nella statua A, la cui calotta  infatti  è ricoperta da raffinate ciocche di capelli ondulati, assenti invece nel giovane, su cui l’elmo corinzio era stato posto fin dal principio su una testa completamente liscia. La dotazione militare probabilmente venne smontata al momento dell’imbarco, per facilitarne il trasporto, così come è possibile che gli stessi “Bronzi” vennero persi in mare durante il naufragio dell’imbarcazione che li trasportava.

Lo scatto delle braccia conferisce ai due corpi una sensazione di vigore e potenza, accentuata dalla posizione detta a chiasmo – alla gamba destra verticale corrisponde il braccio sinistro piegato a sorreggere il pesante scudo mentre alla gamba sinistra flessa e avanzata corrisponde il braccio destro abbassato a impugnare l’asta – seppur il bronzo A appaia più nervoso rispetto al rilassato bronzo B.

La differenza tra le due statue, soprattutto in termini di materiali e tecniche di fusione, ha fatto supporre che siano state realizzate in epoche e da artisti diversi o ancora da uno stesso artista in luoghi diversi.

Molte domande riguardano anche l’identità dei Bronzi di Riace che, identificati inizialmente come atleti o personaggi storici, dopo l’ultimo restauro del 1995 hanno fatto ipotizzare che si tratti di due figure mitologiche dei Sette contro Tebe; nello specifico l’archeologo Daniele Castrizio ritiene che si possa parlare dell’originale del gruppo di Eteocle e Polinice rappresentati, in questo caso, come due guerrieri eroizzati appartenenti quindi allo stesso gruppo statuario.

Al di là delle disquisizioni tecniche tra gli studiosi, questi due bronzi – realizzati in Grecia ma giunti accidentalmente sulla nostra penisola – sono di nuovo in piedi di fronte agli occhi curiosi di tutto il mondo e rappresentano simbolicamente quella rinnovata opportunità di crescita che i beni culturali italiani meritano, al di là dei naufragi indotti dalla stoltezza e dalla cecità di alcuni connazionali.